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Cresce l’attenzione alla massima convenienza possibile e aumenta la disponibilità a cambiare canale di approvvigionamento ogni volta che se ne riscontra l’opportunità. Un mercato molto fluido dove però crescono i cash&carry, affiancando alla convenienza servizi innovativi.

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Fedeltà addio? Negli ultimi anni, le politiche d’acquisto dei gestori dei bar hanno imboccato con decisione la strada dell’intercanalità: si muovono all’interno di un mercato ricco di opportunità, di fornitori di diversi tipi e con diverse strategie, cercando di ottenere il meglio. La conferma ci viene da Formind, società di consulenza strategica con base a Formello (Rm), con un occhio attento al marketing e al trade marketing, che ha appena aggiornato la propria indagine periodica sui comportamenti di acquisto dei gestori di pubblici esercizi, andando a indagare l’utilizzo dei vari possibili canali d’acquisto per l’approvvigionamento delle merci utilizzate per la propria attività e le motivazioni che spingono un gestore a scegliere un fornitore anziché un altro. Formind sfrutta una piattaforma tecnologica che le consente di monitorare un campione di 15mila esercizi suddivisi per tipologia: bar diurni, bar notturni, ristoranti, pizzerie, disco pub e discoteche distribuiti su tutto il territorio italiano. Lo studio sull’intercanalità del 2014 è alla sua seconda edizione: «Ripeterlo su base periodica – spiega Antonio Faralla, amministratore unico di Formind – ci permette di determinare le tendenze dei comportamenti d’acquisto dei gestori e la loro evoluzione nel tempo».

 Attenzione al prezzo

La spesa in cibi e bevande dei gestori di locali si ripartisce su quattro canali: il distributore horeca, l’acquisto diretto dalle aziende produttrici, il cash&carry e la grande distribuzione organizzata. «Quello che emerge è uno scenario in cui il ricorso all’intercanalità è in crescita e riguarda il 40% degli scambi commerciali effettuati nel circuito horeca» afferma Faralla. In altre parole, i gestori si dimostrano sempre più attenti agli acquisti, mettendo a confronto e in competizione tra loro i fornitori allo scopo di scegliere quelli che, in quel preciso momento e per determinati prodotti, garantiscono loro le condizioni più favorevoli. Colpisce, per esempio, il peso notevole del cash&carry, che drena quasi il 40% degli acquisti delle imprese del fuori casa. «Parliamo – dice Faralla – sia del cash&carry nazionale che di protagonisti locali che stanno acquisendo sempre più peso nel loro territorio. Notiamo che alcuni insegne storiche stanno puntando sempre di più sul mercato horeca e cominciano a essere più elastiche nella gestione di alcuni aspetti, come il credito, le modalità di pagamento e anche il delivery. C’è infatti chi comincia a proporre un servizio di consegna, di fatto superando l’impostazione nativa del cash&carry (letteralmente paga e porta via)». E anche il retail comincia a diventare concorrenziale nei confronti della distribuzione tradizionale, con un peso che arriva al 9% degli acquisti fatti da bar e ristoranti. «Questo perché – dice Faralla – le promozioni sempre più frequenti e massicce pensate per il pubblico domestico portano, in periodi limitati, alcune tipologie di prodotto a prezzi più convenienti rispetto a quelli praticati dal distributore». Il gestore quindi è attento, monitora le situazioni e i vantaggi di tutti i canali di vendita che può sfruttare e sceglie in base al maggior risparmio che può ottenere.

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Scelte più attente

«Che si tratti di una strategia consapevole e non casuale – spiega Faralla – lo vediamo anche dalle tipologie di merci per cui si fa maggior ricorso all’intercanalità. Per esempio, per l’acqua minerale, che ha un costo mediamente basso, il gestore non cerca molte alternative

al distributore, che effettua la consegna e visita il punto vendita tre volte a settimana: molto più scomodo è invece rivolgersi al cash&carry per questo acquisto, perché l’esercente riesce ad andarci una volta a settimana, deve effettuare carico e scarico, con una gestione decisamente più scomoda. Per energy drink, aperitivi e spirit si nota invece un sempre maggior ricorso all’intercanalità, spinta dal costo maggiore di questi prodotti e, quindi, da una più insistita ricerca del prezzo più conveniente. Circa il 70% degli esercenti italiani del fuori casa dichiara di praticare l’intercanalità, anche se alcune categorie, come ristoranti e pizzerie, la impiegano maggiormente rispetto al bar, evidentemente per una maggiore necessità di rifornirsi di prodotti freschi e food. Il barista non ha di norma a che fare con uno o due fornitori in grado di risolvergli tutti i problemi, ma si orienta mediamente su 5 o 6 referenti, tra cui sceglie di volta in volta, affidando ai meccanismi dell’intercanalità, in media, ben 7-8.000 euro della propria spesa annua. «Moltiplicando questo valore – osserva Faralla – per il numero degli esercizi in Italia possiamo farci un’idea dell’estrema rilevanza che ha assunto questo fenomeno, soprattutto negli ultimi anni».

 Convenienza e assortimento

Come spiegano i gestori queste loro abitudini? «Per esempio il ricorso al retail e al cash&carry – osserva Faralla – è motivato con una maggiore convenienza e un assortimento più vasto di questi canali rispetto ai distributori classici. Ma se dovesse scegliere, il titolare di un bar comprerebbe direttamente alla fonte, dall’industria e dal produttore, che garantisce una qualità migliore, un assortimento più qualificato e anche un’assistenza più attenta». Il fatto è che pochi produttori in Italia sono organizzati con una propria rete vendita.

Dalla ricerca Formind emergono quindi anche indicazioni ai fornitori su come offrire un servizio sempre più interessante ai gestori. Per le catene di cash&carry o del retail una strategia più mirata sul canale horeca potrebbe, per esempio, rivelarsi vincente. Mentre per il distributore classico di food & beverage si pongono non pochi temi di riflessione su come contrastare con successo una concorrenza che si dimostra sempre più accesa.

+info: FORMIND Via degli Olmetti, 40/C–Formello (RM) Tel 06.90.40.52.09 www.formind.it

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