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Siamo alle porte del terzo mese di pandemia, con il COVID-19 che solo apparentemente inizia a rallentare, almeno in Italia. E in questo periodo destinato a fare epoca, cambiano abitudini e idee, con la conseguente necessità dei player di mercato di adattarsi e sopravvivere. La scorsa settimana sono stati pubblicati tre report di ricerche di mercato autorevoli (IRI, Datassential e Blue Chip), che hanno evidenziato l’evoluzione dei consumi a partire da marzo negli Stati Uniti, e sottolineato quale direzione dovranno prendere le aziende.

NUOVE ABITUDINI – Secondo le ricerche, sono bastate sei settimane di pandemia perché i consumatori adottassero nuove abitudini di acquisto, più mirate e meno inclini alla sperimentazione, rendendo difficile quindi la vita di brand e categorie emergenti. La domanda cala in varietà ma aumenta in volume, l’e-commerce è definitivamente esploso e dovrebbe continuare a fare ottimi numeri dopo i vari lockdown, e il futuro dei ristoranti (soprattutto USA) resta in bilico: molti statunitensi, ad esempio, preferiranno rimanere in casa ed evitare spazi chiusi.

Lo scorso mese i negozi di alimentari e i marchi di beverage hanno registrato un’impennata di richieste, a fronte della corsa ai rifornimenti che i consumatori hanno messo in atto dopo aver appreso delle misure di distanziamento sociale e quarantena. Secondo IRI, le vendite dei beni di largo consumo sono ancora doppie rispetto allo scorso anno (trend che si ripropone da almeno un lustro), ma l’aumento di metà marzo potrebbe stare iniziando la sua discesa, in quanto gli acquirenti approfittano delle scorte e frequentano meno i supermercati.

Il picco della frenesia di acquisti da Coronavirus si è raggiunto nel periodo 9-22 marzo, secondo IRI: nell’ordine, le richieste sono arrivate al massimo per bevande e cibo in generale, poi surgelati e alcolici. Nel corso dello scorso mese si è assistito a un rallentamento e a una rivisitazione della abitudini di acquisto: le vendite di dolcetti pasquali classici sono diminuite del 17% rispetto al 2019, mentre la carne fresca e gli insaccati hanno visto un incremento del 25% e 85%. L’obiettivo dei consumatori, ovviamente, è quello di minimizzare l’esposizione al contagio riducendo le uscite, per questo aumentando il volume di acquisti (+12% bevande, +25% cibo). Il contributo maggiore a queste variazioni arriva da famiglie con bambini.

NUOVE TIPOLOGIE – Blue Chip, agenzia di marketing con base a Chicago, ha intervistato 500 soggetti a inizio aprile, riscontrando il 90% di preferenze circa il continuare a recarsi fisicamente in negozio per la spesa. Ciononostante, l”esperienza di sta ormai definitivamente evolvendo: proprio per ridurre all’osso il tempo fuori di casa, le liste di beni da acquistare sono ben più corte e specifiche, si trascorre meno tempo tra le corsie in cerca di ispirazione e ben poca “lealtà” nei confronti di un brand: è importante trovare il necessario, non il meglio. Le misure di distanziamento sociale hanno inoltre eliminato tutte le possibilità aggiuntive che prima erano reperibili nei supermercati: angoli con cucina espressa, panetteria, bevande calde, tutto chiuso.

Secondo il report, “una nuova tipologia di acquirente si sta formando. Incline all’adattamento, più informato e più esigente. I nuovi brand o quelli vecchi che cercano di confermare la clientela dovranno trovare il modo di invitare l’acquirente alla ricerca, e non lasciarlo incollato alle sue necessità senza aspirare alla qualità”. Gli acquisti di persona restano la normalità, ma i canali e-commerce sono in rampa di lancio e continueranno ad avere successo anche dopo la pandemia. +32% per gli acquisiti online, con l’89% degli acquirenti che motivano le loro scelte con la riduzione del rischio di contagio e l’84% con la riduzione dello stress. Tra gli intervistati che ancora non hanno acquistato spesa online, il 50% promette di farlo in futuro. Tuttavia, solo il 40% si è detto soddisfatto dell’esperienza, spesso a causa di lunghi tempi di consegna e prezzi inflazionati.

RISTORANTI IN DUBBIO – Dataessential ha invece preso in considerazione un campione di 1000 americani nel periodo 17-20 aprile, interrogandoli sulla volontà di andare a mangiare al ristorante, alla luce di misure meno restrittive in alcuni stati, che permettono alle attività ricettive di riaprire. Apparentemente, la spinta della Casa Bianca e dei governatori di aprire prima non è poi così popolare: il 44% dei partecipanti al sondaggio sostiene sia “decisamente troppo presto”. IRI segnala inoltre che per quanto la paura del virus sia alta, si è passati a una fase di stabilizzazione, con una sorta di convivenza con il COVID-19 che porta a un minor terrore. Stanti così le cose, comunque, i consumatori rimarranno più inclini a mangiare in casa: il 39% degli intervistati ha infatti risposto che alla riapertura “dovrà riflettere se uscire o meno”. 

fonte: BevNet.com

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