È la cultura l’unico veicolo per conquistare nuovi mercati internazionali: è attorno a questo cardine che si è mosso il convegno inaugurale di Olio Capitale, il salone degli extra vergini tipici e di qualità organizzato da Aries alla Stazione Marittima di Trieste. Il convegno organizzato in collaborazione con l’Associazione Città dell’Olio ha messo in evidenza come l’olio d’oliva, proprio in quanto elemento culturale e principe della dieta mediterranea, sia strumento di penetrazione dei mercati stranieri.
“L’olio possiede un valore culturale molto forte, basti pensare a tutti i significati simbolici che possiede nelle diverse letterature e tradizioni culturali, non da ultimo nella Bibbia – nota Tommaso Amico di Meane, esperto politiche UNESCO, Mipaaf -. Il settore agroalimentare continua a mostrare segni positivi, soprattutto grazie all’export, cresciuto dell’8% nel 2012 e si prevede del 6% nel 2013. A trainarlo, i prodotti associati alla dieta mediterranea. Ma per raggiungere i mercati esteri è necessario veicolare un messaggio forte composito sia della parte materiale, ovvero la qualità dei prodotti, che immateriale, cioè il suo valore culturale”.
La piattaforma ideale attraverso cui veicolare questo messaggio? Secondo Giovanni Antonio Cocco, direttore generale Isnart. “Il prodotto italiano si racconta e si fa assaggiare. Ma sono i ristoranti italiani nel mondo la nuova rete distributiva ideale per i prodotti made in Italy: consentono ordini anche di piccoli quantitativi e quindi permettono anche ai piccoli produttori di qualità di affrontare nuovi mercati esteri”. Uno spaccato su un enorme mercato in cui il consumo d’olio è in crescita e con grandi potenzialità l’ha tratteggiato Sergey Khanov, direttore vendite Aie-premium, Federazione Russa “L’extra vergine continua a ricoprire un ruolo secondario rispetto ad altri prodotti italiani. Eppure il consumo d’olio d’oliva sta crescendo del 10% – 15% su base annua, soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Ci sono, tuttavia, sostanziali ostacoli alla crescita consolidata, in primis il fatto che i consumatori non sono consapevoli e in grado di distinguere i benefici e le qualità dell’olio d’oliva, rispetto per esempio all’olio di girasole, molto popolare”.
Sulla necessità di puntare su una maggiore divulgazione delle caratteristiche e proprietà dell’olio d’oliva ha posto l’attenzione anche Jacek Szklarek, presidente Slow Food Polonia e consulente Olio e Vino per Likus Group: “In Polonia si pensa che l’olio d’oliva possa essere usato solo per condire le insalate. Ciò fa capire quanto grandi siano le potenzialità se si scegliesse di investire in comunicazione. Non solo per promuovere la dieta mediterranea, ma anche spiegando come l’olio possa esaltare la cucina locale. Stiamo parlando di un mercato che dieci anni fa è partito quasi da zero e la cui quota negli ultimi cinque è quasi raddoppiata”. “Per vendere il prodotto è necessario farlo conoscere, organizzare degustazioni, assaggi… Magari cercando di coinvolgere gli chef locali” concorda Giuseppe Scaricamazza, titolare Grand’Italia e importatore di prodotti enogastronomici italiani in Ungheria. “Se non si fa cultura e informazione non si può vendere un prodotto come l’olio d’oliva, ancor meno l’extra vergine – conclude Enrico Lupi, presidente Associazione Città dell’Olio -. È la cultura l’unico veicolo per conquistare nuovi mercati internazionali, per aumentare la capacità di penetrazione all’estero, per vendere di più. Sono necessarie azioni mirate su opinion leader, come medici, nutrizionisti spiegando come l’olio sia fondamentale per la salute. Ma è necessario farlo tutti uniti, come sistema, e non dimenticarsi che l’Italia, non avendo alta capacità produttiva, deve puntare sulla qualità”.
+info: Aries – Ufficio Stampa e Comunicazione –