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Esiste un detto che è per sua natura sempre tristemente vero: “Fatta la legge, trovato l’inganno”. Pare infatti che la nostra  volontà di stabilire regole che migliorino il vivere comune, sia paragonabile solo alla nostra capacità di trovare il sistema per eluderle.

Eppure esiste un’altra interpretazione, più poetica, che si può dare allo stesso detto; Non si vedono le debolezze di un progetto finché non ci si comincia a lavorare sopra, e una volta individuato “l’inganno”, finalmente si può migliorare la cosa. Difficile? Forse! Eppure c’è chi sta lavorando proprio in questa direzione, per creare una gamma di distillati grondanti passione per la terra e per la tradizione, con un disciplinare autoimposto più severo della legge stessa. Ma partiamo dall’inizio!

È il 23 luglio, il caldo fiorentino è asfissiante alle due del pomeriggio. Eppure né l’afa cittadina né la voglia di vacanze sono riusciti a fermare il pubblico di professionisti e la loro passione per la scoperta. Son venuti da tutta la città fino al Black Lodge, (locale di nuovissima apertura che festeggia la sua prima Masterclass con un bel tutto esaurito) per assistere a quella che ha tutte le caratteristiche per essere la Masterclass più importante dell’Estate, organizzata da Massimiliano Prili e Julian Biondi.

Direttamente dalla scuderia della Velier infatti, è sceso Angelo Canessa, portavoce delle novità della casa Ligure, a presentare prodotti e novità in anteprima, bottiglie in grado di far alzare la temperatura anche in questi giorni roventi.

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Il motivo per cui il lavoro svolto dalla Velier è così sorprendente e degno di essere raccontato, e che non si tratta del semplice lancio di un nuovo brand, ma di un progetto organico e strutturale, con l’obbiettivo finale dichiarato di collocare il Mezcal nell’olimpo dei prodotti da degustazione più raffinati, al fianco di Whisky, Cognac e di pochi altri eletti. Ma questo non è tutto, l’ambizione è ancora maggiore, perchè dietro c’è la voglia di rivalza di un intero territorio.

 

Negli ultimi anni i distillati dell’Agave stanno vivendo una seconda vita, e abbandonata l’adolescenza gustativa (figlia anche di alcune pessime abitudini di consumo della Tequila importate dagli USA) finalmente vengono riscoperti per il loro incredibile potenziale in miscelazione e per la loro complessità aromatica in degustazione. Questo percorso di crescita è cosa buona e giusta, se si pensa che il lavoro che sta dietro alla distillazione degli spirits messicani è più simile a quello di un viticoltore che a quello di un produttore di vodka. A complicare ulteriormente questo lavoro di coltivazione e passione per la terra (con tutte le difficoltà climatiche e di materia prima che qualsiasi prodotto dei campi porta con se) bisogna aggiurgere che il percorso per far giungere a maturazione le piante non è questione di mesi, ma di anni, rendendo le Agavi per le famiglie di agricoltori che si dedicano a questo tipo di coltivazione  un vero e proprio investimento in borsa più che una cassaforte, un mondo in cui il  destino si fa attendere per anni e si realizza in pochi giorni.

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Nonostante questo, il Messico si è reso perfettamente conto di avere tra le mani un gioiello inestimabile, e ha deciso di fare tutto quello che è in suo potere per preservare inalterata la qualità e la purezza dela propria arte distillatoria. Negli ultimi anni, ai già nobili sforzi del Consejo Regulador del Mezcal, si è aggiunto un percorso virtuoso che ha fatto seriamente evolvere l’offerta, grazie alla scelta di alcuni produttori di indicare il villaggio d’origine del distillato. Ed eccoci al punto dove si doveva arrivare per pareggiare la posta sul tavolo con gli altri grandi distillati. Il Mezcal ora ha la sua identità, la sua origine, le sue tecniche e la propria tracciabilità.

Ma è proprio su quest’ultima parola che il progetto di Velier mette l’accento. Anche se non se ne parla, in molti casi (anche di nobilissimi brand internazionali), l’indicazione d’origine è riferita alla distilleria, ma non alla materia prima, che può provenire da ogni ancolo del globo. Per fare un esempio pratico,  la richiesta mondiale di Whisky e la produzione Scozzese di cereali non sarebbero in grado di soddisfarsi a vicenda. Nel caso del Mezcal la situazione è ancora più complessa, in quanto la materia prima c’è in abbondanza in loco, ma i distillatori locali spesso non hanno ne le strumentazioni ne i mezzi per renderla fruttifera distillando in proprio. Soluzione? Vendere il liquido a imbottigliatori, che sotto un marchio ombrello riescano a esportare il prodotto e a commercializzarlo a livello locale e soprattutto all’estero.

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È qui che Velier è voluta intervenire, coinvolgendo sette produttori locali in un progetto chiamato Single Palenque. Gli agricoltori in questione infatti si sono impegnati a produrre Mezcal solo con le Agavi da loro reperibili in un determinato territorio, ovvero i loro campi. Anche in fase di produzione gli è richiesto di seguire delle regole molto precise (come già accennato, una rigidità che va oltre a quella richiesta dal Consejo Regulador del Mezcal), come ad esempio impegnandosi in una produzione con raccolta manuale delle agavi, cottura in forni all’antica, e processi di fermentazione spontanea in recipienti di pino o sacche di pelle. Un processo ancestrale, per una produzione limitata a sole 1200 bottiglie per produttore.

In cambio della creazione di quello che potremmo definire il primo Mezcal mono origine, i produttori non solo vengono giustamente retribuiti, ma prendono anche una percentuale sulla commercializzazione del prodotto finito. Eppure la più grande vittoria per loro non è questa. La grande vittoria è vedere il proprio nome e la propria faccia sulle etichette del prodotto finito, un privilegio impagabile per questi lavoratori che per anni si sono limitati a essere donatori anonimi, come in un’immensa trasfusione di sangue che dalla loro terra sgorgava nei bicchieri del mondo.

E la rivalsa degli umili, e non si tratta solo dei contadini contro le multinazionali, si tratta anche delle materie prime meno valorizzate che finalmente ritrovano la loro anima. Agavi come l’Espadin , spesso ingiustamente reputate buone solo a fare prodotti d’ingresso, ritrovano un’anima splendente. Gli stessi “ensamble” diventano un viaggio all’origine della distillazione, riportandoci ai tempi in cui si sceglievano le Agavi per momento di maturazione e non per varietà, e facendoci rivivere la sfida di cuocere insieme prodotti diversi.

Nel caldo pomeriggio fiorentino, degustare Mezcal liscio sembra una boccata d’acqua fresca, perchè la sete di novità e le aspettative di qualità non sempre riescono a miscelarsi come si deve, ma i questo caso il cocktail è decisamente ben riuscito, e il risultato è una vittoria per tutti.

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