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Ti diranno di rimanere tra le righe, ma tu esci. Partiamo dalla coda, dal finale di una serata storica ed entusiasmante. I presupposti c’erano tutti, il 6 giugno nella sede dell’Associazione Italiana Sommelier di Milano in una delle sale lussuose del Westin Palace è stata scritta una pagina di storia per il vino valtellinese. In cattedra Sara Missaglia, enciclopedica, tra citazioni e immagini ci ha portato alla scoperta della nostra amata Valtellina. Non è una cattiva maestra come la televisione, parafrasando Karl Popper al contrario si potrebbe dire che radio Missaglia è una buona maestra. In onda un nuovo modo di comunicare e di raccontare la Valtellina, una donna sommelier che diffonde sapere e che non si spegne mai, capace anche di ascoltare, sganciata dai soliti prototipi di viticoltura eroica. Stare in vigna oggi è una scelta più che una necessità in Valtellina, ma per molti vivere e lavorare in un territorio così può anche essere un fattore C che nella vita non guasta mai, come ricordato dal Presidente del Consorzio Aldo Rainoldi che ha traghettato a Milano nove produttori. “Siamo fortunati a lavorare in un territorio del genere e con un vititigno straordinario come il nebbiolo, oggi dobbiamo continuare in questo percorso di valorizzazione territoriale, fatto anche di comunicazione e di racconto per attirare non solo giovani in vigna ma enoturisti da tutto il mondo”.

Sara Missaglia con Hosam Eldin Abou Eleyoun

ANDATE IN VALTELLINA Si viaggia nel tempo. Da Leonardo Da Vinci, che nel suo Codice Atlantico citava i vini potenti della Valtolina già nel ‘500, al ruolo di crocevia  negli anni della Serenissima, al contingente svizzero, arrivando sino ai giorni nostri passando per Mario Soldati. Chi non è mai stato in Valtellina ci vada e anche in fretta scriveva nelle pagine del celebre Vino al Vino. “Se anche solo uno dopo questa serata ha preso la via della statale 36 o ci ha pensato abbiamo raggiunto il nostro obiettivo”. Non sbaglia una virgola Sara Missaglia, regala una serata ricca di emozioni con un format inedito nel racconto del territorio. Storia, geografia, letteratura, scienze naturali, biologia, numeri, emozioni. 2.500 km di vigneti terrazzati, una distanza che arriva sino a Helsinki, il dark side della sponda orobica riprende lo spazio che si merita tra le vigne di Albosaggia, sulla torre di Teglio dove ha sede il suo buen retiro sventola la bandiera della Valtellina del vino. Dieci anni fa una serata del genere non avrebbe avuto ragione di esistere, erano ancora troppo forti le frizioni e gelosie tra i produttori. Oggi invece il panorama è collaborativo, competitivo sì, ma inclusivo, si rema nella stessa direzione. Il risultato è che nel bicchiere ognuno può trovare l’espressione del vino di Valtellina che meglio lo rappresenta.

I nove produttori valtellinesi

LA PROVA DEL NOVE Nove i produttori scelti che sono stati coinvolti da Sara Missaglia per rendere il format della serata particolare, tutti seduti ai tavoli insieme ai wine lovers e sommelier milanesi. Arpepe, Dirupi, Sandro Fay, Giorgio Gianatti, Mamete Previstini, Walter Menegola, Nino Negri, Marco Triacca La Perla, Tenuta Scerscè. Li ingaggia di volta in volta ad uno a uno Sara Missaglia, chiedendo un contributo sui temi della serata. Una modifica nel disciplinare della comunicazione e nel modo di interpretare il ruolo del Consorzio, a cominciare da Aldo Rainoldi, non porta i suoi vini in degustazione ma è il primo ad arrivare a scaricare i cartoni di bottiglie dei suoi amici e colleghi. Vince la squadra, un gruppo di produttori uniti e compatti, una nouvelle vague in salsa valtellinese. Così magari quando si inizia a fare un discorso sulle quote altimetriche in viticoltura, è un concetto che molti in Valtellina identificano con Marco Fay, ma sono tante le cantine che hanno intrapreso questa strada. Anche aziende giovani, il rappresentante di questa new generation che sta tornando in vigna è Davide Fasolini, che insieme al suo socio ha creato il fenomeno Dirupi partendo nel 2004 senza un fazzoletto di terra, senza cantina e senza tradizione famigliare, un fenomeno che ha rivoluzionato la Valtellina non solo a suon di baccano ma con vini finissimi e grande attenzione in vigna.

TERROIR E MURETTI Un territorio unico quello valtellinese, come ricordato più volte nel corso della serata. Dal novembre 2018 i muretti e i terrazzamenti sono stati iscritti nel Patrimonio Immateriale Unesco, ora la sfida portata avanti dalla Fondazione ProVinea guidata dalla Presidente Cristina Scarpellini è quella del paesaggio rurale per una candidatura sempre Unesco, anche se l’obiettivo potrebbe essere quello della FAO, più competente parlando di agricoltura. Un territorio sempre più sostenibile, come dimostrano le esperienze in vigna dove la lotta è integrata portata avanti da Giorgio Gianatti è una missione ma soprattutto una scelta di vita. Gli appezzamenti di terra come se fossero dei piccoli appartamenti perché in vigna si passa molto tempo, ma è tornata la biodiversità. Vigna centenarie, come raccontato da Walter Menegola, che ha ringraziato la sua famiglia per gli insegnamenti e per poter lavorare piante centenarie che trovano la linfa nella terra rocciosa. Ma una vigna valtellinese dove non la meccanizzazione del vigneto non può che essere parziale, come spiegato da Marco Triacca grazie all’intuizione del padre Domenico, innovazioni del vigneto a giropoggio che oggi portano avanti con l’azienda La Perla dove non mancano altre esperienze interessanti come la lavorazione di vitigni autoctoni come la pignola. Una sostenibilità anche in cantina Mamete Prevostini, certificata Casa Clima Wine, che come gli piace ricordare ci vuole un fiammifero per scaldarla e un cubetto di ghiaccio per raffreddarla.

Davide Fasolini, Dirupi

MONDO VALTELLINA Uno stato di salute della Valtellina in termini di ricettività che sta sicuramente crescendo. A dirlo chi viene da fuori che rimane a bocca aperta, come Danilo Drocco, Direttore della Nino Negri che dopo una vita passata in Piemonte si è davvero ambientato da queste parti chiamando casa la Valtellina, andando alla ricerca delle origine del Nebbiolo che come confermato da un piemontese vero nasce in Valtellina e poi arriva in Langa. I paragoni si sprecano, un big del vino come Drocco afferma senza esitazioni che la Valtellina è una piccola Borgogna. Ne deriva quindi un successo dei vini valtellinesi nel mondo, ormai sulle tavole dei migliori ristoranti del globo come confermato da Isabella Pellizzati Perego, anima e cuore di Arpepe reduce da un tour di cinque settimane negli Usa. In America ormai si parla di chiavennasca, non solo a New York e San Francisco, ma anche nel Texas, Maryland e negli altri stati che sono l’ossatura degli States.

DEGUSTAZIONE Nove vini in degustazione, una panoramica della Valtellina in mescita. Nel bicchiere due Rosso di Valtellina, la Doc che è l’entrée de gamme di casa. A seguire cinque espressioni di Valtellina Superiore, la Docg riconosciuta nel 1998 che rappresenta il meglio delle cinque sottozone, cru direbbero i francesi, Valgella, Inferno, Grumello e Sassella, a cui si deve aggiungere Maroggia. Chiusura con due Sforzato di Valtellina, il vino bandiera che ha ottenuto la Docg nel 2003, dando alla denominazione un piccolo primato alpino essendo l’unica zona di montagna con due Docg. Si parte con un Rosso di Valtellina Teì 201 dell’azienda Fay e con un Rosso di Valtellina 2016 Arpepe. Espressioni di un nebbiolo dalla bella beva, bicchiere luminoso, riflessi violacei. Naso di frutto giovane e di fiori, in bocca bella persistenza ed equilibrio, un vino da tutto pasto. Si apre la carrellata di Valtellina Superiore con Essenza 2016 della Tenuta Scersè.

Un vino elegante come la sua produttrice, la bergamasca Cristina Scarpellini che si è innamorata della Valtellina e produce questo vino nella zona di Castelvetro vicino a Teglio. L’Inferno Valtellina Superiore Carlo Negri 2016 esprime tutta la classe del nebbiolo e degli oltre duecento conferitori che grazie alla Nino Negri vivono di agricoltura, note agrumate e speziate. E’ il turno del Valtellina Superiore Riserva Dirupi 2015, in sala si alza un mormorio quando il degustatore Francesco Albertini, uno dei nasi più pungenti dell’Ais Milano, scova delle infiorescenze con sentori illegali di canapa, via di risate ma ci fanno capire lo spirito etereo e sottile di questi vini. Il Sassella Riserva della cantina di Menegola accarezza il palato come è stata accarezzata la vigna in questi 108 anni, note di humus e di spezie, miele di castagno. Il Grumello Valtellina Superiore San Martino di Giorgio Gianatti 2011 è una vendemmia tardiva, raccolta in cassette, vino dall’eleganza e sottile anche questo, corrispondenza biunivoca tra naso e bocca, sentori di lavanda e chiodi di garofano. Lo Sforzato Albareda 2015 di Mamete Prevostini apre il gran finale. Potenza e struttura, naso balsamico ma anche di caramello, note tostate. Lunga persistenza come tutta la valle, bevibilità per un vino prodotto da uve che nell’appassimento nei fruttai perdono circa il 40% e aumentano la loro concentrazione e residuo zuccherino. Il Quattro Soli 2013 della Perla di Marco Triacca ideato peer sugellare una famiglia con quattro nipoti, è un vino alpino con influenze mediterranee. Vini di livello che hanno sbancato Milano, ora ai giganti della Valtellina non resta che continuare a scalare per arrivare in cima alla Madonnina per guardare ancora più lontano.

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