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Questa volta a dire no alle accise è, unita, l’intera filiera della birra. AssoBirra, Confimprese, Confagricoltura e Fipe si incontrano a Milano per presentare i risultati di uno studio di Format Research, che ha fotografato l’impatto – importante – che le accise, in crescita del +30% tra ottobre 2013 e gennaio 2015, stanno avendo sul business di tutti: agricoltori, produttori (aziende di grandi dimensioni e micro birrifici), esercenti di bar e ristoranti, imprese della distribuzione e dei servizi.

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L’indagine ha coinvolto, in Italia, un campione rappresentativo di produttori birrari di ogni dimensione (grandi aziende, piccole e medie, microbirrifici), localizzati su tutto il territorio nazionale con un focus su un campione di 400 pubblici esercizi, rappresentativo dei circa 100.000 bar, ristoranti e pub italiani. Si parte da un punto: quella italiana e’ una vera e propria “anomalia” rispetto al resto d’Europa visto che, nel nostro Paese (uno di quelli col più basso potere d’acquisto in UE), le tasse sulla birra sono tra le piu’ alte. Qui il vino non e’ tassato, la birra e’ tassata sopra la media UE mentre i superalcolici pagano meno della media delle altre nazioni.

Andando nel dettaglio scopriamo che in Italia l’accisa ammonta a circa 37 centesimi su 1 litro di birra, mentre i Paesi UE che non applicano le accise sul vino (come avviene anche da noi) hanno pero’ un’accisa sulla birra molto piu’ bassa. La Francia, ad esempio, applica un’accisa sulla birra analoga alla nostra (35 centesimi), ma la fa pagare anche al vino (4 centesimi al litro per quelli fermi e 9 per i frizzanti). “Abbiamo deciso di riunire tutta la filiera – spiega Alberto Frausin, Presidente di Assobirra – perché l’aumento delle accise ha generato una situazione difficile da sostenere.

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Scarica gratis il pdf della Guidaonline Birre & Birre 2024 Beverfood.com con schede di tutte oltre 1600 marche di birraSu una birra da 66cl gli italiani pagano 46 centesimi di tasse (tra accisa e IVA), gli spagnoli 21,3 e i tedeschi 19,5. In pratica 1 sorso su 2 lo beve il fisco. Il settore viene da 10 anni di mancata crescita del mercato e i dati dei primi 10 mesi del 2014 parlano di una lieve flessione (-0,6%). In questo contesto, lo studio Format Research ci dice che quasi metà delle imprese birrarie non e’ riuscita ad assorbire gli aumenti delle accise scattati tra ottobre 2013 e gennaio 2014, mentre il 43% non riuscirà a farlo neppure con l’ultimo aumento intervenuto a gennaio 2015. Questo vuol dire possibili aumenti dei prezzi e ripercussioni sulle vendite, con conseguenze inevitabili su una filiera già provata dalla crisi e da consumi fermi da troppo tempo.

Il 50,6% dei produttori, rileva lo studio, dichiara un fatturato fermo o in diminuzione, a seguito dell’aumento delle accise, e di questi il 42,9% attribuisce la responsabilitá agli aumenti proprio delle accise. Il 46,9% delle imprese birrarie non è riuscita ad assorbire gli aumenti di ottobre 2013 e gennaio 2014, mentre il 43,2% dichiara che non riuscirá ad assorbire l’ultimo aumento intervenuto a gennaio 2015. Gli aumenti solo in parte sono ricaduti sui prezzi (50%), mentre un terzo delle aziende ha ridotto i margini di profitto (31,6) o nel 18,5% dei casi ha ridotto investimenti e occupazione. La ricerca Format mostra, però, anche ampi margini di positivitá: il 44% delle imprese birrarie si dice pronta ad assumere nuovo personale se le accise tornassero al livello pre-aumenti del 2013 (addirittura il 31% aumenterebbe fino al 10% la forza lavoro della propria azienda). E ancora, con accise al livello di Germania e Spagna (circa il 70% in meno rispetto a quelle italiane) il numero delle imprese birrarie che sarebbe pronta ad assumere nuovo personale sale addirittura al 60% (e il 40% aumenterebbe fino al 20% la forza lavoro della propria azienda).

www.agi.it/economia/notizie/cala_il_consumo_di_birra_colpa_dell_aumento_delle_accise-201506241842-eco-rt10189www.assobirra.it

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1 Commento

  1. Ormai in Italia non si può più lavorare. Se vuoi produrre birra ti conviene trasferirti in Belgio e importare in Italia. Tante aziende stanno facendo così anche per altri settori e i giovani se ne vanno. Perché restare in un paese che è sommerso di debiti e i giovani devono lavorare per dare i soldi a chi ha fatto i debiti?!

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