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“Liberi di bere”, finalmente tradotto il libro che ha fatto la storia del vino


“Non date retta a chiunque cerchi di spiegarvi quale vino vi dovrebbe piacere e quale no. L’intenditore è chi si lascia guidare dal proprio gusto”. È questo uno dei messaggi fondamentali che Leon D. Adams, il decano dell’enologia americana, custodiva nelle pagine del suo “Liberi di bere” (“Commonsense book of wine), pubblicato per la prima volta nel 1958. Una sorta di vademecum per amare davvero il vino e le emozioni che da esso derivano, rispolverato da Mondadori che ha edito la versione italiana con l’aiuto di Jacopo Cossater. La presentazione si è tenuta al Double Decker di Tannico, presso il BASE di Milano.



Il pensiero del “crociato del vino”, come lo stesso Adams, scomparso nel 1995, amava definirsi. È la prima traduzione ufficiale, per il volume che seppur ormai adulto con i suoi sessant’anni esatti (ristampe nel 1964, 1975, 1986 e 1991) rimane un classico di grande freschezza e attualità. E proprio su questo fa leva Jacopo Cossater, giornalista e collaboratore, tra gli altri, de “I vini d’Italia” de l’Espresso, che ha curato l’introduzione: “Il mondo del vino è in continua evoluzione. Rispetto all’epoca in cui questo libro fu pubblicato per la prima volta abbiamo avuto un boom dell’informazione e della cultura sull’argomento, che ci ha permesso di avere le idee più chiare su quali scelte fare. È di fatto una guida per potersi informare, senza doversi affidare per forza a figure che negli ultimi tempi stanno andando molto di moda”.

Negli USA degli anni ’50 non c’erano le conoscenze necessarie per poter distinguere un determinato tipo di champagne, o la comunicazione che permette adesso di avere nozioni sui vini regionali e uve specifiche. L’obiettivo di Adams era quello di rendere il vino fruibile, un rito quotidiano di estrema semplicità, sull’impronta degli usi europei: di fatto, il table wine, il vino da pasto. “Liberi di bere” ha la funzione di un’enciclopedia e al contempo di una cartina geografica, che permette di individuare, immaginare ed eventualmente acquistare un prodotto, avendone però prima disegnato contorni e caratteristiche. Il tutto per dare la possibilità al lettore di seguire il proprio istinto, una volta appreso il substrato, ed evitare l’intermediazione degli esperti. In nome della spontaneità. Su questa lunghezza d’onda le parole di Juliette E. Bellavita, Brand Manager di Tannico, che ha curato la presentazione: “Vogliamo rivoluzionare la percezione del vino e l’esperienza di consumo di chiunque voglia spingersi oltre gettando via le inutili e ingombranti etichette. Addio étiquette da sommelier, benvenuta spontaneità”.

Sarebbe stata quindi un’ulteriore soddisfazione per Leon D. Adams, nato a Boston nel 1905 e co-fondatore della Wine Institute, l’associazione dei produttori di vino californiani. Una vita dedicata al vino, a partire dagli studi a Berkeley che lo portarono a rivedere alcune leggi sulla produzione enologica per aiutare i coltivatori, fino alla creazione di realtà dedicate, come la Society of Medical Friends of Wine, un circolo di medici attivi con riunioni e degustazioni. Il New York Times lo definì “il capostipite degli storici del vino in America nel 20esimo secolo”, stanti le sue pubblicazioni: oltre al “Commonsense book of wine”, si segnalano “Commonsense book of drinking” e il capolavoro “The wines of America”, una guida enciclopedica del 1973 che riassume la storia della viticoltura statunitense.

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