Rimanere i medesimi, rimanere se stessi. A Madesimo e in Napa Valley, a Milano e New York. La storia di chef Stefano Masanti è nota a molti. Con il suo ristorante “Il Cantinone” a Madesimo, ha trasformato un piccolo ristorante dell’albergo di famiglia, in un vero e proprio rifugio gourmet a 1.600 metri di quota in provincia di Sondrio.
Una stella Michelin che arriva ininterrottamente a Madesimo dal 2009, piccolo record per un ristorante aperto solo cinque mesi l’anno durante la stagione invernale. Perché nell’altro periodo dell’anno il ristorante chiude, Stefano insieme alla moglie Raffaella Mazzina si trasferisce in Napa Valley, alla V.Sattui Winery dove è executive chef di una cantina che produce circa 3 milioni di bottiglie di vino di altissima qualità, tutte o quasi vendute in loco, abbinando una proposta culinaria di assoluto livello in cantina.
Abbiamo incontrato Stefano nell’ultima delle quattro serate organizzate dal 21 al 25 gennaio nell’hub gastronomico di Idenità Golose nel centro della città di Milano. “Sono soddisfatto, i numeri di queste quattro serate, le opinioni di addetti ai lavori e degli ospiti, mi hanno confermato che c’è interesse per la cucina di montagna. Interessante la formula di proporre delle serate nel centro di Milano che consentono anche a chi non riesce a raggiungere Madesimo di provare la mia cucina, anche se ho dato appuntamento a tutti al Cantinone per provare la vera atmosfera sul luogo. Mi sono divertito, è la prima volta che organizzo qualche cosa con Identità Golose, dei professionisti, parte della mia brigata si è mischiata a quella resident, creando una bella contaminazione”.
La mission di chef Masanti è sempre quella di valorizzare i prodotti del territorio, in provincia di Sondrio ci sono delle tipicità uniche. “Abbiamo una diversità da un paese all’altro, vengono mantenute e riscoperte delle tradizioni culinarie che caratterizzano la nostra proposta, questa è la nostra vera Identità Gastronomica della Valtellina e Valchiavenna”. Dopo questo poker di serate chef Masanti volerà a New York per parlare del ruolo e del futuro della cucina italiana negli Usa, ospite dell’Associazione dei ristoranti italiani a New York. “Vista la mia esperienza da qualche anno a cavallo tra Italia e Stati Uniti, mi hanno chiamato per portare la mia testimonianza. Gli Usa sono grandi, io posso parlare della zona che conosco meglio come la California, vedo una cucina italiana che mantiene il rispetto della tradizione ma tende a innovare, c’è voglia di cibo italiano nel mondo e dobbiamo essere in grado di intercettarla”.
L’entrée dello chef è un tris di brisaola, con la i, della sua MA! Officina Gastronomica. Da mangiare con le mani, un progetto di valorizzazione degli insaccati come si facevano una volta, portato avanti insieme al suo braccio destro e socio Stefano Ciabarri, rispettando però le regole imposte dai controlli. “E’ un progetto che inizia a dare risultati economici dopo dieci anni, il fatto che la nostra dimensione di laboratorio artigianale non ci sottrae alle regole e ai controlli dell’industria alimentare, anche se il prodotto finito è sicuramente diverso. Stiamo portando il prodotto in giro per l’Europa e per il mondo, in Belgio ad esempio abbiamo avuto un successo straordinario con il passaparola tra gli chef più importanti che ne apprezzano le caratteristiche”.
Carote e gamberi di fiume – Si parte con tanto colore e freschezza nel piatto, abbinate a gamberi di fiume, che vengono pescati nei piccoli canali affluenti del Mera, il fiume che attraversa la Valchiavenna. Azzeccato il binomio, il gambero è perfettamente una cosa sola con le carote, preparate a diversa temperatura. Ortaggio in famiglia, perché vengono dall’orto del suocero di Stefano, croccantezza e pulizia in bocca, il piatto giusto per iniziare la serata.
Ravioli di pernice bianca, crema di zucca speziata, semi di zucca ed erbe alpine – Per un appassionato di pasta fresca in generale e di ravioli in particolare, questo è un piatto da urlo. Un cult nel menù del Cantinone, uno di quei piatti che stanno scrivendo la storia, i ravioli, dei culurgiones, omaggio a un ragazzo sardo della brigata di chef Masanti, sono a base di pernice, uno dei pochi volatili ancora cacciati in montagna. Ripieno di polpa e interiora della pernice, saltati poi nel fono della carcassa stessa. Crema di zucca con una leggera nota speziata, erbe alpine e lamelle di tartufo nero della Valchiavenna a dare profumo alla portata. Il raviolo si scioglie in bocca, texture e cremosità, le erbe alpine rendono la bocca balasamica.
Lombo di capriolo, purè di castagne, ciliegie al balsamico di ciliegie, fondo al whisky – Giù il cappello. Una selvaggina così morbida non l’avevo mai assaggiata. Ma come fa ad essere così morbido? Il segreto lo chiediamo a chef Masanti, che ha voglia di scherzare. Il discorso si fa serio quando spiega una cottura a bassa temperatura, la selvaggina che arriva da papà Franco, viene fuori tutta la tecnica per esaltare la materia prima. Un capriolo esaltato da un sottobosco fatto di crema di castagne e ciliegie, e poi il fondo al Whisky, di cui Stefano è un grande appassionato, dando quei sentori torbati, morbidezza e persistenza al piatto. Abbinamento un Inferno della Valtellina della cantina Nobili, il vigneron Nicola è un produttore amico di Masanti, lo scorso anno sono andati insieme in trasferta ad Hong Kong per aprire il mercato dei vini valtellinesi anche nel sud-est asiatico.
Semifreddo al miele di rododendro e biscottini di Prosto, gelatina di genziana e cioccolato al latte – Dolce anticipato da un pre-dessert dello chef, per pulire il palato, gemme di abete, fiori d’alpeggio in conserva, sciroppo di sambuco. Gusti mentolati, bella l’idea di questi sciroppo da bere, da mangiare anche le bacche. Per chi è natio di quelle zone sa benissimo come il biscutin di Prosto sia un grande classico, che vale il viaggio. La re-interpretazione di chef Masanti è ancora una volta tutta sull’amalgama perfetta, la dolcezza del miele di Rododendro si abbina perfettamente con i biscotti artigianali che arrivano da una famiglia di Prosto. La friabilità e la tendenza burrosa danno anche qui una bella cremosità in bocca, mai stucchevole, a bilanciare, la gelatina di genziana e cioccolato al latte.
E’ tempo di salutare e di andare a casa. In sala c’è anche il patron di Identità Golose, il giornalista Paolo Marchi. Lontani i tempi dei Mondiali di Sci Alpino di Bormio del 2005 in cui aveva bacchettato la ristorazione valtellinese, con Stefano Masanti che all’epoca era a capo dell’associazione dei ristoratori della provincia di Sondrio. “Ricordo che non conoscevo personalmente Paolo Marchi, ma come presidente dei ristoratori volevo capire il motivo del perchè avesse massacrato su un articolo del Giornale la cucina valtellinese, per non aver trovato nelle due settimane mondiali una cucina all’altezza. Lo contattai e gli chiesi di venircelo a spiegare. Organizzammo l’incontro, i colleghi ristoratori ascoltarono e capirono di dover cambiare marcia”. Da lì inizia un percorso di valorizzazione della cucina valtellinese con il punto più alto forse nel 2013, con 6 sei stelle Michelin in zona. “Ricordo ancora quando presi la stella, lo raccontai e mia nonna che mi disse: quindi? Devi continuare a cucinare come sai fare, esaltando i territorio e le sue materie prime, io aggiungerei senza mai dimenticare che siamo cuochi, non salviamo vite”. La vision di Masanti per il futuro valtellinese, in chiave olimpica, ristorazione e accoglienza. “Mi piacerebbe lanciare una rete di Hotel Wine & Restaurant in provincia di Sondrio, i requisiti per aderire avere delle camere, un ristorante, una cantina di livello con un sommelier. Il comparto del vino in Valtellina sta tirando, dovremmo ricreare quella collaborazione che qualche anno fa vedeva gli chef valtellinesi protagonisti a manifestazioni importanti, vetrine come Vinitaly, concentrarci su eventi mirati per fare una promozione del territorio anche in ottica delle Olimpadi del 2026”.
INFO: www.stefanomasanti.com www.identitagolosemilano.it
Foto Sonia Santagostino – OnStage Studio