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Il linguaggio del vino di Cristina Mercuri, per una Milano Wine Week sempre più internazionale


Cristina Mercuri

Cristina Mercuri è un nome che si sta facendo notare nella formazione legata al vino, recentemente è stata nominata Head of Education di Milano Wine Week. Mancano sei mesi alla quarta sessione della grande kermesse milanese dedicata al mondo del vino, ma si iniziano a scaldare i motori con innesti importanti in una squadra coordinata dal patron Federico Gordini di sicuro livello. Le abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio il suo ruolo, come sarà la didattica della Milano Wine Week 2021, oltre a una view su un settore in piena evoluzione.



 

Che tipo di incarico sarà quello che ti vedrà impegnata alla Milano Week Week?

La figura di Head of Education è un ruolo essenzialmente diviso in due, portare una parte più scientifica all’interno della didattica della rassegna e fornire un supporto costante ai produttori per la formazione nelle varie masterclass in calendario.

State già lavorando al programma delle masterclass?

Mancano ancora mesi all’appuntamento di ottobre, ma alcuni macro-progetti sono già definiti nelle linee guida. Vorrei che la Milano Wine Week diventasse un appuntamento come una sorta di symposium, dove si fa punto sull’industria vinicola portando esempi virtuosi dal mondo, trend e best practices. Ci sarà un coordinamento delle masterclass per dare un fil rouge fra le varie aziende, enti e consorzi non solo con un focus dal punto di vista commerciale ma con una mission più educativa.

Parlerete anche di internazionalizzazione?

Sicuramente all’interno dei forum tematici ci sarà più spazio all’aspetto dell’export con la creazione di tools completi per comunicare all’estero. Coinvolgeremo degli esperti a livello internazionale, per raccontare con loro il vino fuori dai confini dell’Italia con un linguaggio diverso a quello a cui siamo abituati nel nostro paese.

Che linguaggio si parlerà alla Milano Wine Week?

Un linguaggio del vino sicuramente più internazionale, in grado di comunicare su scala globale. In Italia siamo ancorati a forme di comunicazione che spesso sono superate e molto distanti dall’attualità, è essenziale per la wine education del futuro formare le persone e interrogarsi sui grandi temi che stanno interessando il settore vitivinicolo, con un approccio professionale e non generalista. Argomenti come supply chain, direct to consumer, private label, grande distribuzione saranno al centro del dibattito alla Milano Wine Week.

Altri temi che saranno centrali nel vino post pandemia?

Ci sono alcuni argomenti aperti che affronteremo con un approccio scientifico per addetti ai lavori, dall’impatto del cambiamento climatico, al confronto nelle fermentazioni interventiste, all’intelligenza artificiale e dell’innovazione applicata in vigna e in cantina, il tutto sviluppato ai massimi livelli confrontandoci con esperti da tutto il mondo per capire che cosa sta succedendo e cosa succederà.

Come sta cambiando la formazione legata al mondo del vino?

E ’un settore in evoluzione, un segmento che prima era limitato alla parte commerciale che si sta evolvendo ampliando il ventaglio di conoscenze con la contaminazione di competenze che provengono da altri campi per formare nuovi professionisti.

Il ruolo delle associazioni legate al mondo del vino?

I corsi da sommelier sono delle ottime basi e dei punti di partenza per chi vuole lavorare nella ristorazione o svolgere servizio, ma manca a mio avviso un approccio per chi vuole effettivamente comunicare il vino. Cosa che invece avviene con il WSET – Wine & Spirit Education Trust, un percorso con una valenza internazionale, uno degli istituti di formazione sul vino più autorevoli al mondo. In Italia si fa fatica a capire che non sei un esperto perché hai una conoscenza completa sul vino, nel saper comunicare fa la differenza un utilizzo di termini molto più efficaci per chi ti ascolta.

Tu sei in corsa per diventare Master of Wine?

Sono in possesso del Diploma WSET e sono diventata Wine Educator. Sono allo Stage due e quest’anno sarà la prima volta che sosterrò l’esame, non è molto probabile passarlo al primo colpo meramente per una questione statistica, ma sto studiando molto e mi tengo allenata conducendo varie masterclass e lezioni per professionisti e per coloro che si accostano al mondo del vino.

La tua è una formazione giuridica, prima di dedicarti al mondo del vino facevi l’Avvocato?

Sono originaria della Toscana, ho studiato Giurisprudenza a Pisa poi mi sono trasferita a Milano per lavoro dove fino al 2015 facevo l’Avvocato, ho lavorato sia in azienda e ho praticato la libera professione in vari studi, ma sentivo un richiamo per il mondo del vino molto forte. Ho deciso di cambiare e sono contenta di questa scelta, in un settore in continua evoluzione come quello del vino.

Oltre alla Milano Wine Week hai altri progetti in cantiere?

La preparazione di un evento così importante mi sta assorbendo molte energie unite allo studio per diventare Master of Wine, ho comunque in mente di puntare su una formazione diversa con un taglio più internazionale, rivolta alle aziende e coloro che lavorano già nel mondo del vino, facendo un progetto tutto mio con il lancio di una nuova Wine Academy che porterà il mio nome.

Come sta cambiando il mondo del vino?

Il mondo del vino sta cambiando sotto vari aspetti, il business non si ferma ma si evolve. Non pensiamo che quando si ritornerà alla normalità spariranno di colpo gli eventi virtuali o altre forme di acquisto che in molti hanno imparato a conoscere. L’importanza del canale online sta aumentando e non diminuirà, ci sarà una differenziazione di chi saprà comunicare meglio con il suo utente finale. Enoteche, wine bar e supermercati si troveranno di fronte sempre più consumatori formati assetati di sapere e voglia di conoscere, online si trovano sempre più informazioni su un vino che un professionista deve essere in grado di sintetizzare per dare un vero valore aggiunto. Stesso discorso per le reti di agenti, non conterà più avere il contatto commerciale con il cliente, ma sempre servirà un esperto capace di raccontare al meglio le aziende per posizionare il suo prodotto.

L’enoturismo può essere un traino per la ripartenza?

Credo che questo sia un punto molto importante, quest’anno ci saranno ancora limitazioni agli spostamenti, ma l’Italia è piena di posti da visitare con dei vini da scoprire. L’enoturista è un consumatore che ha voglia di fare esperienze, per farle vivere al meglio bisogna avere figure formate capaci di raccontare un territorio. Il professionista dell’enoturismo deve essere in grado di rappresentare una cantina e una denominazione e avere la capacità di fidelizzazione, dal momento dell’hospitality ma anche a distanza, quindi dovrà saper utilizzare strumenti di marketing, i social e non sapere tanto solamente di vino.

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