Qual è futuro che ci aspetta? Sarà un futuro dove benessere e sostenibilità saranno i nuovi capisaldi dell’economia, dove la creazione di nuovi valori ci aiuterà a reggere le asperità più dure, fino ad arrivare a “tenere accese le stelle”, perché non si è mai smesso di sperare, anche nei momenti più bui. Questi, in sintesi, i temi dibattuti nella seconda giornata de Linkontro, la tre giorni di convegni sull’economia organizzata da Nielsen in Sardegna, all’interno della lunga sessione intitolata “Scenari italiani”. Coordinata dalla giornalista Benedetta Corbi caporedattore TGCOM 24, la mattinata ha visto come protagonisti Gregorio De Felice, di Banca Intesa Sanpaolo, Leonardo Becchetti dell’Università Tor Vergata, Rafaella Mazzoli e Riccardo Rossini di Egon Zehnder e, per terminare, il Direttore de La Stampa, Mario Calabresi (cfr foto accanto) a cui la platea degli oltre 400 top manager ha tributato la prima standing ovation nella storia de Linkontro.
Ad aprire la mattinata è stato Gregorio De Felice, Head of Research and Chief Economist di Intesa San Paolo, che nel suo intervento ha identificato luci e ombre del nostro sistema economico e le potenzialità che le imprese possono cogliere nel prossimo futuro. “Non sono pessimista sul futuro dell’Italia e sulla sua capacità di farcela, ma ci sono dei must da cui non possiamo più prescindere”. E ha proseguito: “Diversamente da quella del 2009 la crisi attuale non è globale, ma riguarda l’Europa, visto che il Pil di Stati Uniti e Giappone sta crescendo (rispettivamente del 2,3% e del 2,2%), gli ulteriori sforzi su cui gli imprenditori devono concentrarsi riguardano la necessità di dedicare maggiori investimenti alla formazione del capitale umano presente in azienda e all’innovazione”. Quali azioni intraprendere, dunque? “Le imprese italiane – ha sottolineato De Felice – sul piano individuale continuano a proporre nuovi prodotti a fronte, però, di bassi investimenti in R&S e di uno scarso numero di brevetti rispetto agli altri Paesi. Allo stesso tempo, va rafforzata sia la dimensione media delle aziende sia la loro struttura patrimoniale, incentivando gli aumenti di capitale”.
Il testimone è quindi passato a Leonardo Becchetti, ordinario di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, che ha auspicato che l’economia mondiale torni a una visione meno egoistica, autoreferenziale e distruttiva verso l’ambiente e la felicità del genere umano: “Siamo di fronte a quattro crisi correlate – ha affermato Becchetti -: una economica, una ambientale, una finanziaria e una “di senso o di felicità”, che riguardano in misura più o meno evidente tutto il pianeta, alle quali gli esperti non riescono a dare risposte complessive, ma singole misure inefficaci ad aggredire la complessità”. Becchetti ha puntato quindi il dito contro una visione “Pil-centrica” dell’economia che comprime la vita degli uomini in una continua rincorsa all’incremento del reddito dove i rapporti sociali sono misurati unicamente con il metro dell’homo economicus che punta alla sua unica soddisfazione materiale. “Non basta alzare il Pil – conclude – per assicurare la felicità agli uomini. Occorre aggiornare l’economia con un nuovo patto tra produzione e consumo in virtù di un autointeresse lungimirante che metta ambiente, responsabilità sociale e lotta alla speculazione finanziaria spregiudicata ai primi posti. Senza pensare solo a una produzione di profitti che corrode l’ambiente, distrugge le relazioni sociali e deprime la felicità degli uomini, costretti a lavorare sempre più per avere sempre meno reddito e, di conseguenza, a indebitarsi sempre più. Un dato è illuminante: negli Usa l’1% della popolazione detiene il 24% della ricchezza complessiva, oggi come nel 1929”.
A chiudere la sessione dei tecnici è stata quindi la tavola rotonda che ha messo a confronto in maniera fruttuosa e con esiti di inaspettato ottimismo, le esperienze di un manager, Gianmario Tondato Da Ruos di Autogrill, e di una persona molto speciale per carriera ed esperienze di vita, Marina Catena, membro del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. A coordinare, sono stati i consulenti Egon Zehnder Rafaella Mazzoli e Riccardo Rossini. Tema: la resilienza, dal latino “rimbalzare”, ovvero resistere agli urti senza spezzarsi. Proprio ciò che serve nei momenti di crisi e nei contesti più vari: dalle avversità economiche vissute a livello aziendale, ai conflitti asimmetrici, dalle fosse comuni alla rinascita di un Paese a seguito di una guerra. Dalla leadership diffusa, che responsabilizza, alla “scienza esatta” della gerarchia, nell’esercito. Eppure i punti di contatto tra le due esperienze sono molti, a cominciare dalla definizione e coerente comunicazione di una serie di valori, che definiscono l’azienda o una nazione. I valori concretizzano la resilienza quando ci si trova in situazioni inaspettate di fronte alle quali non si sa come reagire. Marina Catena mette al primo posto l’ascolto, l’umiltà di rispettare i valori dell’altro e ha imparato a non imporre il proprio modo di vedere. È stato così anche per Autogrill quando si è trattato di acquisire aziende all’estero senza colonizzarle. Poi sia Marina Catena che Tondato Da Ruos mettono l’accento sulla capacità di lavorare molto, sull’“attaccamento al pezzo”, in gergo militare, le esperienze all’estero, la flessibilità linguistica e la voglia di imparare.
L’incontro si è concluso con l’intervento di Mario Calabresi, direttore de La Stampa. Il giornalista ha affermato che non può esserci una percezione del futuro se continuiamo a vivere nella convinzione che “un momento come questo non si era mai visto; il nostro problema è che ci siamo messi a sognare con il freno a mano tirato”. E’ vero quanto ci raccontiamo? Gli esempi portati da Calabresi, a testimoniare l’esatto contrario, sono stati numerosi e documentati. “E allora vale la pena tornare a ragionare su questo malessere diffuso. Possibile che sia generato dal semplice declino che stiamo vivendo?” No: è la mancanza del senso del futuro che sta diventando non più tollerabile. Una situazione venutasi a creare per dinamiche di informazione e comunicazione più che di economia e finanza. Non esiste il futuro rubato, il futuro è ancora da scrivere. “Il presente perenne è per sua natura drammatico. Il meccanismo prevede che la notizia vada spalmata in tutte le case, senza alcuna contestualizzazione.” Come uscirne? Calabresi ritiene che il recupero del senso del tempo sia “di chi abbia fame di fare”: fame per esempio di giocare la partita – che si può anche perdere – ma non in maniera insensata, ritenendo che ce l’abbiano rubata prima ancora di giocarla.” E per chiudere: “Senza memoria è impossibile immaginare il futuro. Avere il senso del futuro è l’unico motore dell’umanità”.
The Nielsen Company
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+info: Katia Cilia