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L’evoluzione del bartending passa (anche) dalle sapienti mani di Lucas Kelm. Argentino di nascita, veneziano per adozione, l’attuale Bar Manager del Gruppo Alajmo è diventato in pochi anni non solo un’icona della miscelazione italiana, quanto un alfiere internazionale del food and pastry pairing, oltre a lanciare un suo personale Gin gastronomico, collaborare con numerosi brand e guidare negli ultimi anni l’ascesa dei cocktail bar della Serenissima insieme a tanti altri professionisti di livello.

Beverfood.com ha avuto il piacere di raggiungerlo così proprio nella sua Venezia per farsi raccontare, step by step, il percorso che oggi vede il nome di Lucas Kelm tra i più riconosciuti e apprezzati dell’intero settore: “Sono arrivato in Italia nel 2002 a causa della grande crisi economica che aveva colpito la mia Argentina: le banche fallivano e la gente perdeva tutto, ai miei genitori non restava che iniziare una nuova vita con tre figli piccoli e valigie piene di speranze. Nel 2004, da studente a soli 15 anni, ho iniziato quindi a lavorare come cameriere in diversi ristoranti, soprattutto nelle vacanze e nei fine-settimana, proprio per non pesare sul bilancio di famiglia e potermi togliermi qualche sfizietto da ragazzino. Poi, nel 2009, il grande sogno dei miei si è realizzato: abbiamo aperto, in provincia di Treviso, ‘Trattoria Argentina’, il nostro ristorante a conduzione familiare ispirato ovviamente ai piatti della nostra terra”, esordisce Lucas Kelm.

Quand’è che ti sei avvicinato invece al mondo dei cocktail? Da quali maestri ti sei sentito più ispirato?
“Ho capito che il mio posto era stare dietro a un bancone quando mi sono accorto che quella del barman è una professione completa a 360°. Devi voler stare sempre a contatto con la gente e creare empatia come fanno i colleghi della sala, ma al contempo anche essere creativo ed estroso come uno chef. Il primo libro che ho comprato è stato ‘Mix & Drink’ di Dario Comini e sperimentare la miscelazione classica con il molecolare mi ha subito conquistato. Nella quotidianità i colleghi a cui mi ispiro sono Simone Caporale, Ago Perrone e Tato Giovannoni, non solo per la loro fantasia dietro al bancone, ma anche per la loro dialettica e il loro spirito imprenditoriale”. 

La tua attualità ti vede protagonista in alcuni tra i migliori locali di Venezia (e non solo): come si svolge il tuo lavoro quotidiano?
“Nel 2017, dopo un paio di anni all’estero, sono rientro in Italia e sono stato scelto da un gruppo che rappresenta indubbiamente l’eccellenza gastronomica italiana, la famiglia Alajmo. Il mio percorso è partito come Bar Manager di ‘Amo’, posto a me caro, situato nell’atrio del Palazzo Fondaco dei Tedeschi ai piedi del ponte di Rialto. Oggi sono Bar Manager dell’intero gruppo, ma il mio focus è su Venezia, tra appunto ‘Amo’, ‘Grancaffè Quadri’ e ‘Hosteria in Certosa’, il nostro locale informale per un’estate in laguna”.

Quanto è cresciuta in questo ultimo periodo la mixology veneziana dal tuo punto di vista?
“In questi anni il mondo del bar veneziano si sta evolvendo e sta trovando piano piano la sua strada. Senza dubbio il livello si è alzato con dei professionisti internazionali quali Facundo Gallegos del ‘St. Regis’ o Davide Manzi del ristorante ‘La Porta d’Acqua’. La nostra comunità di bartender oggi più che mai è molto unita, stiamo tutti apportando qualcosa di nuovo per essere riconosciuti anche noi come città del buon bere. Se venite a Venezia, vi invito a godervi un aperitivo in uno dei nostri locali Alajmo. Se volete vivere un’esperienza indimenticabile, andate a conoscere Antonio Ferrara, Bar Manager dell’’Aman’. Se invece vi piacciono i cocktail sofisticati e creativi, andate ‘Al Mercante’ di Alessandro Zampieri oppure al ‘Time Social Club’ di Ale Beggio. Direi che le proposte non mancano, no? “.

Non solo barman e brand ambassador di successo, recentemente hai anche lanciato un tuo prodotto sul mercato.
“Proprio così. Sono molto curioso e intraprendente nel mio lavoro quotidiano e l’anno scorso, tra le tante cose che ho fatto, ho creato Kaper Gin, il mio Gin gastronomico. Adoro collaborare con i brand che credono nel mio lavoro e che si muovono molto a livello di eventi e coinvolgimento delle persone”.

Hai parlato di Gin gastronomico… Nei nostri piani la domanda sul food pairing era d’altronde proprio la prossima.
“Il food pairing è una tendenza tutta da scoprire in Italia e il mio obiettivo è far capire alle persone che si può degustare un cocktail non solo prima e dopo cena ma anche durante, creando un’esperienza gastronomica nuova a base di più sapori che si incrociano fra loro. La chiave di tutto, almeno secondo me, sta nella sinergia tra la cucina e il bar: il bartender può lavorare a stretto contatto con gli chef e queste due figure, insieme, possono ampliare la loro conoscenza di ingredienti e tecniche, stimolando al contempo la reciproca creatività”.

Come possiamo definire dunque la tua filosofia di miscelazione?
“La mia filosofia si basa sulla semplicità, rispettando sempre gli ingredienti e la loro stagionalità. Il focus principale e la mia massima attenzione vanno sempre però ai miei ospiti, perché bisogna creare fin da subito empatia e regalare un’esperienza e un buon momento alle persone che entrano nel nostro locale. Non basta solo trovare l’equilibrio tra gli ingredienti, così come non bastano le conoscenze di merceologia. È l’esperienza ciò che conta di più, per lasciare vivo un ricordo nella testa e nel cuore di chi è venuto da noi”.

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