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C’è una Valle d’Aosta del vino che emoziona, scalda cuore e trasuda passione dalle mani. Ci ispiriamo a uno dei vini più famosi della Maison Anselmet, il Mains et Coeur, per raccontare un pezzo della loro storia. Un lunedì di fine luglio dell’estate 2020 decidiamo di fare visita a una delle cantine più note tra i confini locali e non. La giornata è fortunata, non solo per il sole caldo e il cielo terso, ma soprattutto perché ad accoglierci come cicerone d’eccezione troviamo Renato Anselmet, il capostipite di una famiglia oggi dedicata alla vigna che ha dato avvio all’attività nel 1978.
Siamo in località Vereytaz, una struttura che nella zona di accoglienza ha mantenuto i valori e le caratteristiche delle costruzioni storiche della valle. Legno vecchio recuperato, pietra antica solo spazzolata, ferri battuti recenti ma nel rispetto del lavoro manuale degli artigiani locali. Nel piazzale antistante alla Maison Anselmet, si pensa già alla prossima vendemmia. “Qui in fase di vendemmia facciamo un punto di raccolta con le uve che a caduta scendono verso la zona di vinificazione al piano interrato”– spiega Renato Anselmet. Ci dirigiamo verso la zona di vinificazione, tanta tecnologia con fusti in acciaio ideali per controllare tutta la temperatura nella fase di fermentazione. Qualche metro più in là invece un vero e proprio tesoro, con le botti dove vengono fatti affinare i vini rossi e in qualche caso anche i bianchi. “Tecnologia e tradizione- spiega Renato Anselmet- nel 2007 abbiamo costruito tutto questo cercando di avere il massimo della tecnologia e un approccio scientifico per la parte di fermentazione, lasciando invece lavorare le botti con l’affinamento in legno secondo un metodo tradizionale che per la nostra cantina ha sempre visto l’utilizzo della barrique”. Uno spettacolo pensare all’affinamento dei grandi vini della Maison in queste barriques, sono i proprietari stessi della Maison Anselmet che si recano ogni anno in Francia per acquistare barrique nuove e poi dosarle con uso sapiente nell’affinamento. “Di solito facciamo fare 1/3 primo passaggio, 1/3 secondo passaggio e 1/3 terzo passaggio, in questa maniera non abbiamo troppo l’invasività del legno ma riusciamo ad avere un tocco in più nel vino”.
Renato Anselmet è uno dei grandi personaggi della viticoltura valdostana, orgogliosissimo della sua famiglia oggi tutta impegnata in vigna, a partire dal figlio Giorgio che ha in mano le redini della tenuta. Un passato tra dighe e cantieri dell’Enel dove nel racconto di Renato scopriamo anche collegamenti inaspettati a conferma di quanto sia piccolo il mondo. Gli Anselmet sono originiari della Savoia, nel 1500 passano da queste parti delle Alpi e arrivano in Valle d’Aosta, la prima traccia di un Anselmet vignaiolo si ha nel 1585 attraverso un contratto di acquisto di una vigna in località Villeneuve. La svolta recente nel vino nel 1978, alla morte improvvisa del padre Renato decide di non lasciare la terra e le vigne lavorate, impiegando con la complicità della moglie sabati e domeniche, oltre che le ferie e qualsiasi spazio di tempo in quella che diventerà la sua passione e il suo mondo, trasmessa a figli e nipoti che stanno sperimentando alla ricerca della loro strada. “Nel 2001 nasce la cantina vera e propria ma eravamo attivi anche da prima, oggi siamo qui e sono davvero molto orgoglioso del percorso che ha fatto la nostra Maison Anselmet con i suoi vini, l’impulso chiaramente è stato dato da mio figlio Giorgio che dopo aver studiato all’Institut Agricole Régional, a 18 anni invece di una macchina mi chiese come regalo di compleanno una vigna, deciso a continuare in maniera seria e professionale nel settore del vino”.
La Maison Anselmet oggi produce una grande variante di vini con praticamente tutti gli autoctoni locali e un focus sui vitigni internazionali, sfruttando le caratteristiche pedoclimatiche uniche del territorio. “Siamo fortunati, abbiamo una viticoltura coltivata su una fascia media di altitudine ai 700 mt, il riscaldamento globale come in altre zone di viticoltura di montagna ha aiutato nella maturazione dei vini sempre più pronti, mantenendo però anche caratteristiche di freschezza vista l’escursione termica tra il giorno e la notte”. Una produzione che si attesta mediamente intorno alle 100.000 bottiglie, circa il 70% rimane per il mercato regionale della Valle d’Aosta, il resto viene distribuito in maniera capillare dalla rete di Sagna. “La ristorazione sta crescendo e ci sono zone dalla forte vocazione turistica dove i nostri vini sono molto richiesti e capita spesso di accogliere appassionati ed enoturisti che hanno assaggiato un vino al ristorante. Siamo molto soddisfatti dell’accordo di distribuzione con la società Sagna che risale a circa due anni fa, casualmente ci siamo incontrati durante una degustazione a Courmayeur e dopo esserci conosciuti abbiamo deciso di affidare a dei professionisti del settore i nostri vini che sono valorizzati nelle migliori enoteche e in ristoranti importanti, andando anche fuori dai confini locali e iniziando a fare conoscere meglio questi prodotti”. Un terroir diversificato, con l’altitudine e la pendenza a farla da padrone. Si va da Morgex a Chambave, con vigne in quota ideale da 600 a 950 metri slm, terreno diverso, morenico, sabbioso limoso o terra madre, un quadro frammentato che dona grande diversità al tempo stesso gioia nei risultati e fatica nelle lavorazioni.
Il racconto della nostra degustazione non potrà mai rendere l’idea del piacere e della semplicità con cui abbiamo assaggiato una batteria di undici vini. Un fil rouge a scansire i momenti del tasting è la grande pulizia e i profumi che abbiamo trovato in tutti gli assaggi. Una gamma importante con una suddivisione tra internazionali e autoctoni. Tra i primi rientrano i Pinot Gris, il Mueller Thurgau, lo Chardonnay con barbatelle provenienti da selezioni di alta gamma della Borgogna. In particolare i cloni Chardonnay sono selezionati in funzione della successiva vinificazione spumantizzata o ferma, la scelta di puntare su vitigni internazionali la capiamo dai risultati nel bicchiere con nasi complessi e intensi, mentre in bocca rimane una acidità che richiama a sorsi continui. Strepitosi i profumi di Stephanie, Gewürztraminer in purezza con un affinamento in acciaio con bâtonnage. Altro deciso cambio di marcia con il Moscato di Chambave ma soprattutto con lo Chardonnay élevé en fût de chêne. Ci sono però alcuni campioni della batteria che meritano di essere descritti meglio come il Mains e Coeur, uno dei cavalli di razza dell’azienda. Un processo di produzione complesso dove viene vinificato solo il cuore dell’uva, un succo divino con un’estrazione importante. Per la produzione dopo la raccolta, la pressatura delle uve avviene direttamente in barrique francesi di medio passaggio, senza chiarifica dei mosti e bâtonnage a cui segue un affinamento di 18 mesi.
Anche la batteria dei rossi più ristretta regala grandi soddisfazioni. Una suddivisione anche questa di Maison Anselmet si dividono in due grandi categorie, internazionali e autoctoni. Da Pinot Noir, Merlot e Syrah con ceppi selezionati in Francia, passiamo agli autoctoni dove ritroviamo il Cornalin, il Mayolet, il Petit Rouge e il Fumin quasi sempre vinificati in purezza. Orfani del Prisonnier perché assaggiato la sera prima al ristorante, sui grandi rossi ci concentriamo sul Semel Pater, il vino che Giorgio ha dedicato al padre Renato, grande amante del Pinot Noir vinificato in purezza al 100%. Siamo in Cru a Saint Pierre, 800 metri slm con rese per ettaro a 60 quintali, terreno morenico sabbioso. Un grande vino, l’emblema di una tradizione che si tramanda e del rispetto della terra, a Renato Anselmet brillano gli occhi di gioia vera quando ci racconta la trama che sta dietro questo vino, una brillantezza come il colore di questo grande Pinot Nero con lunghe macerazioni prima dell’affinamento in barrique nuove al 50% per 18 mesi. Naso che sa di piccoli frutti rossi di sottobosco valdostano con qualche incursione di sentori di pietra focaia, in bocca è polposo esprimendo tutta la sua classe ed eleganza con grandissima beva e lunghezza. Interessante anche il Torrette Superieur, una delle denominazioni più in voga in valle con un assemblaggio dove è netta per disciplinare la prevalenza di Petit Rouge 70% Fumin 25% Cornalin 5% che arrivano da quattro parcelle nei comuni di Villeneuve, St. Pierre, Sarre, Charvensod a. quattro parcelle nei comuni di Villeneuve, St. Pierre, Sarre, Charvensod a una altitudine di 750-900 m slm. Da tenere d’occhio anche il Balos, un vino che nasce con una tecnica di appassimento in pianta su cui la Maison sembra voler puntare forte nei prossimi anni.
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