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Mauro Uva mette il Veneto in un cocktail.Con grappa e erbe perdute reinventa la miscelazione italiana


Nella ricerca spasmodica della novità, si rischia di perdere i tesori che abbiamo sotto gli occhi. È questa la filosofia che contraddistingue Mauro Uva e il suo progetto Graspology, un percorso di riscoperta dei sapori nostrani nel mondo del bartending.

L’idea del “Dandy” della miscelazione è quella di mettere nel bicchiere il suo territorio, ovvero il Nord Est, tramite gli ingredienti che gli appartengono, rendendo nobile e al centro del progetto, il distillato italiano per eccellenza: la grappa.



Mauro, l’idea della ricerca della materia prima di prossimità, e della qualità degli ingredienti sono diventati da alcuni anni il mantra della cucina stellata di tutto il mondo. Pensi che anche il mondo dei cocktail si stia muovendo in questa direzione, o continuano a comandare ricette e ingredienti tradizionali?

Sono fermamente convinto che il mondo della cucina stellata e quello della miscelazione si stiano muovendo nella stessa direzione.

Al momento siamo solo una piccola nicchia di barman a fare ricorso a materie prime territoriali, ma questa linea di pensiero miscelativo e culturale è in rapida espansione e spero si allarghi a macchia d’olio. Sediamo sopra un patrimonio culturale, artistico, liquoristico e distillativo tra i più grandi al mondo, se non il più grande, ma è ancora poco sfruttato dai bartender, che in maggioranza usano prodotti esterofili magari più in voga e di moda.

 

Spesso utilizzi ingredienti insoliti per la preparazione delle tue creazioni , e sei tu stesso ad adattarli alla preparazione per la miscelazione… ti va di farci qualche esempio?

Più che insoliti io li chiamerei dimenticati, tanti dei miei home made sono rielaborazioni di ricette tradizionali, di rimedi casalinghi di vario uso, prodotti officinali volti a curare i più svariati malesseri, dagli stati influenzali al miglioramento della circolazione, per arrivare a ricette tradizionali di liquori o aromatizzazione della grappa.

Un esempio di questo è dall’uso di erbe di montagna, in primis i licheni…

Non c’è nulla di insolito nell’uso dei licheni. In primis perché il lichene è indice di ambiente pulito perché cresce solo lontano dall’inquinamento, in secondo luogo è dall’alba dei tempi che l’uomo li usa per completare la sua alimentazione , prevalentemente nei popoli nordici. Hanno aiutato a superare gli inverni più rigidi a migliaia di persone nell’antichità. Pochi sanno che la maggior parte dei licheni hanno un apporto proteico del 14% in più rispetto una patata, e su 20.000 specie esistenti solo 2 non possono essere mangiate perchè velenose. In più hanno proprietà antibiotiche ed antisettiche e hanno largo uso in campo medico.

Hanno però bisogno di essere lavorati per essere commestibili, perché altrimenti risulterebbero molto acidi ed amari al palato. Dopo essere stati resi edibili, ci faccio un pò di tutto, da una garnish per un drink, ad uno sciroppo liquido ad un selz aromatizzato e altro…

Una curiosità, esiste un distillato di licheni chiamato Akvavit che già nel 1800 veniva esportato dalla Svezia.

 

Il tuo tratto distintivo e la scoperta della grappa come ingrediente da miscelazione, o meglio delle grappe. Quali prodotti usi per avere il miglior risultato? Puoi farci qualche esempio di abbinamenti con differenti tipi di grappa?

Fin da giovanissimo ho sempre avuto un amore per la grappa,  e nel momento in cui mi sono avventurato nel mio progetto di miscelazione territoriale, ho scelto di farlo con la grappa Nardini. Non solo perché si tratta della prima grappa in Italia, ma anche perché è veramente adatta alla Mixology. è un prodotto di ottima fattura senza essere arrogante, mediamente morbida, caratteristiche che me ne hanno fatto innamorare a prima vista…e l’amore è stato reciproco. Basti pensare che ho usato uno dei loro prodotti nella finale della World Class 2015. In più la loro varietà di grappe si adatta perfettamente per differenti tipi di miscelazione.

Ad esempio la grappa bianca Nardini la uso per fare smash, sour, fizz, collins mentre con la riserva 3 anni  e la riserva 15 anni ottengo altre tipologie più complesse.

Sicuramente le grappe da invecchiamento o barricate vanno a scontrarsi con i distillati premium esteri, e con la loro reputazione premium. Puoi farci un esempio del loro utilizzo?

Per il “Conte Grappa”, una mia versione del Negroni, dove ovviamente la grappa si sostituisce al gin, uso la riserva 3 anni, e grazie ad un corretto dosaggio del vermouth,  si ottiene un cocktail equilibrato e piacevole al palato. Con la riserva 15 anni faccio cocktail sofisticati, proprio per rendere omaggio all’invecchiamento della materia prima. Non c’è da temere il confronto con prodotti esteri, e non parlo solo a livello di prodotto.

Anche grazie alle nuove bottiglie dedicate proprio al mondo del’Horeca si arriva finalmente a elevare la grappa a pari dignità degli altri distillati anche nell’aspetto. Sono sicuramente un vanto da mostrare, e non ho difficoltà ad immaginarle come bottiglie da esposizione.

 

Per te vale più la tecnica o l’estro creativo ed  artistico?

Per me sono molto importanti entrambe, avere un grande estro creativo senza una buona tecnica per metterlo in pratica non serve a nulla, ma una grande creatività se accompagnato da una buona tecnica sono un’accoppiata vincente.

 

Raccontaci uno dei tuoi cocktail, e la storia di come è nato 

Uno dei cocktail con la grappa a cui sono più legato è il Mountain Fashioned, un twist del mio drink preferito l’Old Fashioned. Io ne sono sempre stato un cultore ed appassionato, e volevo dare un degno omaggio a questo drink costruendolo con un tesoro culturale e storico italiano come la grappa. Sono partito dal lavorare del miele aromatizzandolo e rendendolo adeguato alla miscelazione. Il miele in natura e difficilmente miscelabile perché cristallizza a contatto con il freddo del ghiaccio. Di solito si fa un honey syrup, ma a mio avviso aggiungere dell’acqua al miele va a snaturare un pò il prodotto. Dall’altro lato aromatizzarlo risulta molto difficile se non a caldo, ma in questo modo si andava a perdere quasi tutto il suo apporto vitaminico. Io ho rielaborato una ricetta tradizionale delle dolomiti in cui si aromatizzava il miele per renderlo un rimedio per gli stati influenzali, il tutto a freddo senza andare ad intaccare le vitamine e le sue naturali proprietà curative. Poi ci aggiungo del bitter home made fatto con prodotti autoctoni (ma va benissimo anche della angostura), e al posto del whisky ci metto della grappa Nardini riserva e completo con un zest di limone. Il drink al naso è qualcosa di emozionante ed al palato e ricco ed intenso di sapori, un’esperienza insomma, come dovrebbero essere tutti i drink per essere ricordati dal cliente.

 

Mauro “Dandy” Uva su FB

Intervista a Mauro Uva allo stand di Grappa Nardini ad Aperitivi & Co. Experience 2016

 

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