Nella top ten mondiale dei paesi importatori di vino, il Canada occupa la quinta posizione con un valore di acquisti dall’estero superiore a 1,7 Miliardi di euro; un livello che il Paese è riuscito a mantenere anche durante il 2020, vale a dire nell’anno di scoppio della pandemia.
Al pari dei paesi scandinavi, anche in Canada la distribuzione del vino è soggetta alle regole di Monopoli pubblici (in questo caso provinciali), i cui punti vendita sono rimasti aperti durante tutto il 2020. Di conseguenza, al di là del calo intervenuto nei consumi nel canale on-trade, le importazioni sono rimaste più o meno costanti rispetto al 2019, evidenziando una leggera diminuzione a valore di meno dell’1%.
In virtù di tale tenuta, il Canada rappresenta un mercato che negli ultimi cinque anni è progressivamente cresciuto – senza troppi scossoni – evidenziando un tasso medio annuale di incremento (CAGR) vicino al 2%.
Rispetto a tale variazione, la categoria che è cresciuta di più è quella degli spumanti. Analogamente allo sviluppo che questi vini stanno registrando da anni in tutti i mercati mondiali, anche in Canada (dove però l’86% delle importazioni a valori riguarda vini fermi imbottigliati) gli sparkling hanno visto crescere il proprio posizionamento sul mercato nazionale, aumentando di circa il 35% il valore nell’import tra il 2015 e il 2019.
I primi dieci mesi del 2021 evidenziano, a livello complessivo, un sensibile incremento nelle importazioni di vino: +10% a valori, a fronte di una riduzione nei volumi di oltre il 6%, anche se tale riduzione va ascritta principalmente ai vini sfusi (-18%) e, in misura minore, ai vini fermi (-3%).
Al contrario, le importazioni di spumanti mettono a segno un progresso del 43% a valori e del 24% a volumi, una ripresa trainata soprattutto dalle bollicine francesi che arrivano a registrare un incremento di quasi il 62% (a valori), dopo che nel 2020 avevano subito un calo di quasi l’11%.
Per quanto riguarda invece l’Italia nell’ambito delle importazioni totali di vino, la tabella 1 evidenzia una crescita a valori nei primi 10 mesi del 2021 di quasi il 14%, cui si affianca un incremento a volume del 4,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Meglio dei vini italiani fanno quelli francesi e spagnoli, mentre gli australiani denotano una variazione negativa su entrambi i fronti (valori e volumi). Si tratta di una diminuzione che, tra l’altro, riguarda anche i vini fermi e non solo gli sfusi. Una riduzione che si aggiunge al pesante calo inflitto dai dazi cinesi nelle esportazioni dell’Australia e che condurrà il bilancio di fine anno per questo importante player in profondo rosso (-23% il calo nell’export di vino stimato per il 2021 rispetto al 2020).
In merito alle importazioni dall’Italia, la crescita più rilevante è attribuibile agli spumanti (+35% a valori e +28% a volumi), esprimendo così un incremento nel prezzo medio all’import della categoria di quasi il 6% e che vede passare i prezzi di acquisto dei nostri sparkling da 5,8 a 6,1 euro/litro.
Sul fronte invece dei fermi e frizzanti imbottigliati, le importazioni di vini italiani aumentano a valori del 10% (contro il 20% di quelli francesi) ma diminuiscono in quantità dell’1,2%, denotando così un incremento del prezzo medio di circa l’11%, passando cioè da 5 a 5,6 euro/litro; un prezzo medio tra l’altro inferiore a quello dei nostri spumanti esportati nello stesso mercato, sebbene tale differenza non rappresenti una novità: negli ultimi dieci anni, il differenziale nel prezzo medio all’import tra spumanti e vini fermi e frizzanti italiani è sempre stato superiore al 15% a vantaggio dei primi.
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Fonte: www.vinitaly.com