© Riproduzione riservata
Tre numeri, per un salto da nord a sud, e ritorno. Zerottantuno, il prefisso telefonico di Napoli, che lo chef (o pizzaiolo?) Francesco Saggese ha utilizzato per dare nome e identità al suo ristorante. Un omaggio al capoluogo campano nei pressi del quale Saggese è nato (è di Torre Annunziata) e che gli ha trasmesso basi e passione per la sua proposta di qualità assoluta.
081 – Pizzeria Verace è aperta dal 2017 a Melegnano, venti chilometri a sudest di Milano: è l’idea di Francesco Saggese, classe ’87, che già agli inizi della sua adolescenza s’era spostato a Milano per studiare e approfondire l’imprinting familiare, ricevuto da una nonna che coltivava e cucinava. Poi un peregrinare importante per le cucine più impegnative e rinomate, sotto la guida di chef di grido che hanno trasmesso a Saggese una visione di cucina contemporanea e raffinata: l’esordio con uno stage da Massimo Moroni al Don Lisander, poi al Bulgari Hotel con Elio Sironi (oggi chef al Ceresio 7). Nel 2010 l’esperienza che Saggese ritiene come più importante, i due anni trascorso a Il Luogo di Aimo e Nadia, che gli permettono cultura sulla materia prima e confronto con i grandi palcoscenici: l’ultima tappa con Enrico Bartolini al Mudec (tre stelle Michelin, delle nove che Bartolini ha disseminate per l’Italia).
A Melegnano, Saggese ha scelto di allontanarsi dal percorso di cucina d’elite in senso stretto, andando a riproporre quindi il suo bagaglio di tecniche, esperienze e sapori, nella pietanza che più di tutte rappresenta la sua terra d’origine: la pizza. Costanti rimangono la ricerca e la voglia di sperimentare, insieme all’impiego di ingredienti sceltissimi e l’intenzione di portare la pizza allo stesso livello della ristorazione gourmet, pur tenendola democratica e accessibile: una Margherita (‘a Margherit’, in carta) costa 7 euro, che anche se lontana dalle medie napoletane, è ben competitiva rispetto a quelle milanesi.
Tredici le pizze in menu (più sfizi e antipasti), tutte costruite su un impasto da blend di farine di tipo 1, semi integrali e qualche tocco di zero, lavorato dalle 24 alle 36 ore, in base all’umidità del tempo e alla temperatura (un trucco tipico delle pizzerie napoletane di una volta, nelle quali i mastri pizzaioli basavano la composizione stessa dell’impasto secondo il meteo: più umido, meno acqua, e viceversa). Ne risulta un disco estremamente leggero, con un fondo piacevolmente croccante e un’alveolatura del cornicione irregolare, naturale e godibile. I topping dimostrano tutta la storia di Saggese, abile a muoversi tra i picchi di sapore più distanti e comporli insieme in un interessante percorso di degustazione.
Inizio acido e aromatico con la Marinara ai 5 pomodori (San Marzano DOP, datterini, ciliegini confit, pomodorini gialli, pomodori secchi), poi un’esplosione cremosa e piena con la Come un pizzocchero, che riporta nel piatto i sentori tipici del piatto valtellinese per eccellenza, con crema di patate e formaggio Casera. La identitaria 081, con pomodorino giallo e acciughe, è un eccellente connubio di dolce e sapido che non stanca mai; poi la Peace, inno genuino a tempi migliori, estremamente soddisfacente con la croccantezza invtante del bacon. In carta anche birre artigianali di qualità e una selezione di cocktail classici.
© Riproduzione riservata