Quando sembra che il meglio non possa davvero venire, perché già si è alla vetta e non sembrano esserci sbocchi per novità: è qui che si vede il genio, l’intuito, la capacità. Lo schiocco di dita che con nulla cambia tutto, anche se nulla non è affatto con tutto il lavoro di preparazione, rete, contatti che serve. Il 1930, indirizzo (quale?) ormai diventato leggenda della vita della notte milanese, l’ha fatto ancora. Con un’idea intrisa di sfida e famiglia.
Famiglia intesa come ambiente in realtà. Chi ne fa parte se ne sente parte, chi sa condivide, chi non sa ancora vuole imparare. La mixology è una cerchia. Non una scoperta, comunque, le guest nights sono pratica piuttosto comune nel giro dei locali di livello, in Italia e nel mondo. Non è cosa da tutti i giorni, invece, tentare di riunire regolarmente i più talentuosi baristi della città, come a creare un circolo esclusivo dove la competizione è sprone, il confronto fa squadra e i drink, inutile dirlo, sono da panico. Allo speakeasy milanese per eccellenza, l’eccellenza della miscelazione del’intera capitale meneghina: a inizio marzo avevano apertole danze Filippo Sisti del Talea e MattiaLissoni del Pinch Out, due settimane fa avevano proseguito Francesco Galdi, del Doping Club, e Mattia Pastori di nonsolococktail, dando la spinta per un via vai di maestri del bancone che si prevede possa portare al limite la qualità del bere, nel nome di From Milan to Milan. Lunedì scorso è toccato a Guglielmo Miriello del Ceresio 7, e Edoardo Nono del Rita. Ogni bartender ospite propone quattro dei propri signature drink: il resto è fatto di vibrazioni e flusso in uno dei posti più chiacchierati di Milano. Probabilmente il segreto peggio mantenuto di sempre.
Due piani che trasudano fascino a fiotti, la struttura di un’idea geniale arrivata ad avere aura di inarrivabile e fama di impenetrabile. Passaparola, discrezione e una sana dose di faccia tosta da marketing hanno reso il 1930 uno dei nomi, se non il primo in assoluto, in cima alle liste dei places to be di Milano. E lo merita. Per l’intraprendenza del guru dell’imprenditoria da miscelare Flavio Angiolillo (Mag, Backdoor, Iter), per la barba sorridente del resident Benjamin Cavagna, per la competenza e l’educazione di Vittorio Farci trai tavoli. Perché no, anche per l’accenno minimo di arroganza consapevole che ha portato l’intera dimensione a essere sconosciuta, conosciuta, ammirata, temuta. Nota di merito per il locale in sé, che quasi sembra passare inosservato una volta coinvolti dall’esclusività e dalla cocktail list: Belle Epoque da respirare, liberty su cui accomodarsi, antichità del futuro con filmografi e bottiglie pregiate. Il prossimo appuntamento è il 15 aprile, con ospiti che pare abbiano respiro internazionale e non vedono l’ora di entrare nel club. L’indirizzo lo sapete già. No?