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C’è anche un pizzico d’Italia nel prestigioso riconoscimento del tre Stelle Michelin del ristorante Hélène Darroze all’interno del Connaught Hotel di Londra. Il Restaurant Manager è l’italiano Mirko Benzo, un talento della sala che porta alta la bandiera tricolore con orgoglio. Una carriera sbocciata a Londra, dopo aver calcato la scena in Italia ormai una decina d’anni fa al ristorante Trussardi di Milano. Sbarcato nella city non si è più fermato e ha percorso tutti i gradini della carriera sino a diventare il braccio destro della celebre chef francese Hélène Darroze, nel ristorante che porta il suo nome dentro un cinque stelle lusso nel cuore di Mayfair. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Londra qualche giorno dopo l’assegnazione della terza stella per raccontarci la sua storia.
Che sensazione si prova a raggiungere un traguardo simile, un riconoscimento inaspettato o sperato?
Sicuramente è un riconoscimento importante per tutto lo staff, quando arrivano premi di questo tipo sicuramente è qualcosa di sperato ma mai scontato. Abbiamo lavorato tanto sempre per cercare di migliorare ogni dettaglio, magari qualcuno si aspettava la Terza Stella per noi lo scorso anno quando la prese il ristorante Scketch di Londra, ma dietro c’è un lavoro del team che ci ha fatto rimanere sempre con i piedi terra.
Un rapporto molto solido con la chef Hélène Darroze, come nasce la vostra intesa?
Prima di tutto bisogna specificare che non si fa chiamare chef ma semplicemente Hélèn, questo ci dà l’immagine di una persona brava e di cuore, una grande donna, una super mamma che ha portato avanti i suoi sogni. Da Parigi a Londra, per noi che la viviamo tutti i giorni è un challenge continuo. Capisce i momenti in cui bisogna dare una pacca di conforto e sa quando invece bisogna spronare il team a dare il meglio. A livello manageriale è stata una grande scuola, il nostro è un rapporto che va anche oltre il ristorante per cercare di formare una vera squadra compatta. Andiamo a pranzo fuori e prima della pandemia ci portava sempre in viaggi di studio per il mondo, ad esempio siamo stati in Scandinavia a Barcellona, per farci conoscere realtà di cucine importanti.
La tua scalata a Londra nel mondo della ristorazione da dove è partita?
Io sono originario di Arma di Taggia, un paese della Liguria famoso nel mondo per le olive taggiasche. Lavoravo al ristorante Trussardi di Milano quando in cucina c’era lo chef Berton e in sala Alberto Tasinato. Una bella esperienza formativa, che mi ha permesso di fare il salto a Londra dove sono arrivato direttamente da Hélène come Commis Sommelier e ho fatto tutta l’escalation, Assistant, Sommelier, Head Sommelier, con l’incarico di gestione del beverage e poi Wine Director per tutto l’albergo. Ho sempre avuto un bel rapporto con lei basato sulla fiducia, così quando quattro anni fa si è creata un’opportunità per il delicato ruolo da Restaurant Manger sono stato promosso e quel posto è diventato mio.
Come è cambiato il tuo rapporto con il vino nella posizione da Restaurant Manager?
Cambia molto nella quotidianità, c’è più parte amministrativa nella posizione da Restaurant Manager. Il vino fa sempre parte del mio lavoro, ma nella mia posizione attuale bisogna portare avanti tutto il resto anche se quello rimane il mio primo amore.
Quanta Italia c’è nel vostro ristorante?
Buona parte dello staff è italiano, con alcune figure chiave come Marco Zampese, Head Chef che di fatto è il braccio destro di Hélén in cucina e poi ci sono io, due punte di diamante con dietro un team strong di tanti italiani che rappresentiamo circa il 30% della forza lavoro insieme ai francesi anche loro ben rappresentati, poi c’è molta internazionalità, con l’est Europa e l’Asia, non tantissimi invece gli inglesi. L’Hotel ospita anche il famosissimo Bar del Connaught che ha appena vinto il premio 50 World’s Best Bar con il grande Ago Perrone e anche qui tantissimi ragazzi italiani , un altro momento magico per noi.
Che momenti sta vivendo la ristorazione a Londra?
Siamo ancora in lockdowm, noi stiamo facendo un take way da asporto interessante alla portata di tutti, un menù da 195 sterline per 5 portate per due persone, una proposta dove abbiamo cercato di presentare un bel packaging. I clienti sono contenti, noi ci teniamo in allenamento e speriamo di tornare presto quando la condizione sanitaria ce lo permetterà.
Quando riaprirete al pubblico cosa cambierà con le 3 Stelle Michelin?
Sicuramente per la cura e l’attenzione maniacale a ogni singolo dettaglio eravamo già ad un livello da Tre Stelle, su questo abbiamo già fatto dei meeting, non si tratta della questione di cosa cambierà, ma come ci sarà ancora più pressione per cercare di migliorarsi e di dare qualcosa in più, per offrire un’esperienza ancora più unica. I dettagli sono quello che fanno la differenza, sicuramente bisogna saper ascoltare il cliente, quando si è troppo immersi nel business spesso ci si dimentica dell’ascolto capendo che è il modo più semplice e naturale per rimanere al top.
Come si lavora a Londra nell’alta ristorazione?
Mi trovo molto bene a Londra, sono qui ormai da quasi dieci anni che sono qui e credo di essere fortunato a lavorare all’interno del Connaught Hotel, a mio avviso uno degli alberghi più belli della città e del mondo. La quotidianità è spettacolare, è davvero entusiasmante essere parte di un progetto importante che mi vede impegnato anche nel ristorante Marsan di Parigi di Hélène dove abbiamo appena ottenuto la seconda Stella Michelin.
Si beve vino italiano nella piazza principale mondiale del vino?
Io da ligure guardo sempre con interesse la presenza dei vini della mia regione d’origine, il vermentino Colli di Luni è un prodotto che è riuscito a farsi spazio, meno invece il Rossese di Dolce Acqua. Il nostro team del vino è composto da italiani, con l’head sommelier Daniel Manetti cerchiamo di promuovere i vini del nostro paese anche se la figura del sommelier è cambiata tanto. In questi anni la conoscenza con internet è diventata più diffusa, noi cerchiamo di presentare piccoli produttori di zone meno battute oppure proponiamo le annate giuste conservate bene delle etichette più prestigiose, da questo punto di vista a Londra c’è un mondo da esplorare.
Tu hai iniziato la tua formazione del vino con l’Associazione Italiana Sommelier?
L’Ais mi ha dato tanto e un’ottima base quando lavoravo in Italia, a Londra ho frequentato i corsi del WSET Wine & Spirit Education Trust che ha un taglio più internazionale. Qui c’è tanto vino francese e tutto il resto del mondo da aprire e assaggiare. Mi ricordo ancora appena arrivato in città andai ad un tasting di Champagne e incontrai il signor Bruno Paillard in persona, fino a qualche settimana prima sbicchieravo il suo rosé. Ci sono occasioni di incontro pazzesche, tutto il modo del vino passa da qui.
Che cosa sta tirando maggiormente delle denominazioni italiane?
E’ un mercato vastissimo con una concorrenza internazionale, penso che la zona dell’Etna anche a livello commerciale si stia muovendo bene con diversi produttori in grado di raccontare le diverse sfaccettature delle tipologie, sono stati bravi ad entrare nel mercato inglese e hanno fatto un piccolo boom anche in confronto a grande denominazioni come Barolo, Barbaresco e Brunello. Al Connaught cerchiamo sempre il classico prodotto italiano, molto spesso per fare la differenza bisogna trovare anche gli ambassador giusti che riescono a trasferire l’emozione del vino al sommelier che deve farla arrivare al cliente nella giusta maniera.
Il tuo legame con l’Italia?
E’ sempre molto forte, lo scorso anno sono stato orgoglioso di ricevere il premio dall’Associazione Le Soste per la valorizzazione dei vini italiani di qualità all’estero. Uno dei primi messaggi che mi sono arrivati è stato quello dello chef Berton che si è complimentato con me dicendomi che non c’è tre Stelle senza un servizio eccellente. Lo chef Massimo Bottura qui è di casa, è molto amico di Hélèn e fa sempre piacere confrontarsi con un mostro sacro della cucina come lui dice che sempre che la sala è il cuore di un ristorante, siamo noi ad accogliere l’ospite, chi è nel settore capisce che mangi con gli occhi, ritorna sempre chi ha vissuto un’esperienza gastronomica di livello.
Ti rivedremo in futuro nel nostro paese?
L’Italia è il mio paese di origine, anche se devo dire che oggi sto bene a Londra. In un futuro chissà, mai dire mai, anche se magari mi piacerebbe fare un’esperienza anche in altri paesi, mia moglie è thailandese e non è escluso esplorare insieme nuovi mondi e culture con i nostri due bambini.
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Mirko sin da piccolo è sempre stato un’ometto. Per lui come i suoi fratelli non è stata un infanzia facile. Ha sempre avuto le sue idee e le ha portate a termine con molto entusiasmo, sono veramente contenta di aver un figlio meraviglioso