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Il David di Michelangelo del Piazzale, ieri pomeriggio, ha vestito per qualche ora i colori dell’Albiceleste. Già, perché in occasione della “Negroni Week” di scena questa settimana nella migliore cartolina di Firenze, ben otto bartender argentini si sono esibiti nella suggestiva arte della mixology. Tra risate, applausi e interazione col pubblico. Il sangue latinoamericano, d’altronde, non sopporta silenzi o imbarazzi, ma si rifà a un unico grande principio di base: quello del “Compartir” (condividere). Condividere ricordi, condividere idee, condividere nuove ricette.
È stato questo il senso dell’interessante e divertente masterclass organizzata da Campari. A capitanare un gruppo di fama e livello internazionale, che comprendeva tra gli altri personaggi celebri come Sebastián Atienza e Mona Galosi, è stato un “guru” del settore quale Jorge Alberto Soratti. Beverfood.com ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva proprio il factotum dell’evento, protagonista, presentatore e all’occorrenza anche traduttore simultaneo, con una chiacchierata a 360° tra tradizione italiana e rivisitazioni d’oltreoceano.
Jorge, partiamo subito dal cocktail che hai presentato a questa masterclass: un Negroni con hierba mate argentina. Ci spieghi questo curioso connubio?
“Sono nato e cresciuto in Argentina, ma la mia famiglia ha origini friulane e io vivo a Macerata da ormai tantissimi anni. Il mate è un infuso che si può bere caldo o freddo, con o senza zucchero, che grazie alla mateina ha proprietà simili a quelle del caffè. Per questo mi sono detto: perché non unire un’icona della mia tradizione con un prodotto tipico del Belpaese? Da qui l’idea del Campari col mate per realizzare un Negroni latinoamericano. Sono argentino, ma ormai mi sento anche italiano: questo cocktail è un po’ la trasposizione della mia vita”.
Un cocktail che, tra mate, chicchi di caffè e buccia d’arancia caramellata, ti consente di rivivere anche la tua infanzia.
“Proprio così. Il nome che ho scelto per questo Negroni è appunto ‘Recuerdos’, ricordi, perché mi fa riassaporare una bevanda che mia madre mi preparava sempre da piccolo. Possiamo realizzarne una versione fredda e una calda, grazie al dinamismo e al contrasto di sapori racchiuso nei suoi ingredienti: gin, caffè, vermouth, distillato al cioccolato, uno sciroppo di mate artigianale da me stesso realizzato e, ancora, infuso di mate e ovviamente campari”.
Sfatiamo dunque un mito: in Argentina non si beve poi così male…
“Nient’affatto. Dico sempre che ciò che arriva in Europa prima o poi avrà successo anche in Latinoamerica. Basti pensare che l’aperitivo ormai è diventato un’usanza comune per tutti gli argentini, con un cocktail e qualche stuzzichino che preparano lo stomaco per accogliere il cibo del pranzo o della cena. Ci tengo ad aggiungere poi un’altra cosa: non è vero che in Argentina si usano sempre e solo gli stessi prodotti. Il Garibaldi, ad esempio, è il secondo cocktail più bevuto, perché il Campari fa impazzire giovani e meno giovani”.
Come descriveresti oggi la mixology argentina?
“Come ha detto anche Sebastián durante la masterclass, la mixology argentina oggi è un’arte che parte dalla tradizione per andare a inserirsi perfettamente nel contesto contemporaneo. Una scoperta continua, che fa della condivisione delle idee e delle ricette il suo autentico punto di forza. I bartender argentini sono infatti una vera e proprio squadra, sempre pronti ad aiutarsi e a inventare nuovi incredibili connubi, imparando l’uno dall’altro e arricchendosi ogni giorno di nuove esperienze”.
E Jorge Soratti, oltre al Negroni col mate, che cosa si è divertito a sperimentare?
“Se ti dicessi tutti i cocktail che ho inventato, finiremmo domani (ride, ndr). Da buon bartender mi piace tantissimo sperimentare e scoprire nuovi accostamenti, amo definirmi un alchimista. Sono tanti i prodotti che mi piace utilizzare nei miei cocktail: il vermouth che beveva mio nonno al bar dopo la messa o il classico dulce de leche argentino, un altro must della nostra gastronomia simile al mou che mangiamo in Italia. Amo soprattutto tirare fuori vecchi liquori dimenticati e meno conosciuti, esaltandoli come protagonisti di nuove e invitanti ricette. Con uno sguardo globale, tra Argentina, Italia e molto altro”.
Un ringraziamento speciale va, oltre che agli intervistati, al fotografo Martino Dini , per aver realizzato le foto.
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