Nonostante l’ottima performance anche in tempi di crisi, il settore birra rischia di arenarsi a causa dell’elevata pressione fiscale. Dal 2003 al 2013 l’accisa sulla birra è aumentata del 93%. Si supera il 96% se includiamo anche l’innalzamento dell’Iva dal 20 al 22%. L’ultimo pasticcio accise è dell’ottobre 2013, firmato Destinazione Italia, governo Letta. Nel provvedimento si prevedeva in 15 mesi l’aumento della tassa sulla birra in tre tranche. Per un totale del 30%.
L’ultimo step di gennaio 2015 porta la tassazione da 2,7 euro per ettolitro/grado-plato a 3,04 euro. Su un litro di birra dal 1euro e 80 centesimi 30 sono di accise, 30 di Iva. Si arriva così ad un 40% di tassazione. Per dirla con AssoBirra, con i nuovi aumenti “un sorso su tre se lo beve il fisco”. E per questo il settore ha lanciato da tempo una campagna on-line, “Salva la tua birra”, che ha raggiunto 113.000 firme. I dati sono più chiari se si lancia uno sguardo fuori confine. In Germania le accise sono 4 volte inferiori alle nostre, in Spagna 3. Nella top list delle accise prima di noi ci sono “la Gran Bratagna, Olanda e i paese scandinavi che mantengono comunque una qualità di vita migliore della nostra – spiega Filippo Terzaghi, direttore di AssoBirra – e tassano tutte le bevande alcoliche. Mentre in Italia il vino, per fare un esempio, non paga accise e ha anche aiuti statali ed europei, attraverso l’Ocm vino”, un programma di finanziamento al settore vitivinicolo che nell’anno 2013/14 ha erogato 337 milioni.
L’aumento delle accise ha conseguenze sull’intera filiera che ruota attorno alla birra. Primo fra tutti il settore ospitalità e pubblici esercizi, per cui la bevanda rappresenta il 12% degli incassi. Un aumento delle accise pari a 10 centesimi per litro porta ad un aumento del prezzo medio del 2%, con punte del 7% per le vendite a dettaglio. Un aumento del prezzo e una diminuzione delle quantità consumate del 5% (duro colpo sulle vendite già calate del 26% nei mesi estivi del 2014) e un conseguente segno meno sul Pil birrario. Un effetto domino che non porterà all’erario i 177 milioni previsti ma solo 68.
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