Il comparto lattiero-caseario è in flessione a causa della contrazione dei consumi di latte, un fenomeno che è da leggersi in una tendenza a rivisitare il mondo della colazione all’italiana, dove il latte non è più la bevanda principale (effetto anche delle diffuse intolleranze) ma è spesso sostituita da caffè, succhi di frutta o da varietà di latte differente, come quelli ad alta digeribilità e funzionali o dalle bevande vegetali. La private label continua a crescere, pur con un andamento piuttosto lineare e senza grandi “strappi”, ma gli italiani rimangono fedeli alla marca rispetto a quanto accaduto in altri mercati europei. Questo perché “delegano” al prodotto branded una promessa di qualità che specialmente nel fresco è una delle principali variabili di scelta; sebbene anche in questi comparti la private label si sta ritagliando ogni anno di più una fetta importante dei consumi.
All’interno del comparto lattiero caseario stupisce in negativo la performance dello yogurt, che finora ha trainato il comparto. In realtà lo yogurt tiene sul prodotto base: magro e intero, che insieme sviluppano l’80% delle vendite e che continuano il trend di crescita. Flette invece il funzionale probiotico, prodotto tipicamente d’impulso e con un’elevata battuta di cassa rispetto a un vasetto di yogurt base.
Nella distribuzione moderna si assiste al primo segno negativo del comparto formaggi, che decresce principalmente a causa delle contrazioni delle vendite a banco taglio, dove sono presenti prodotti più stagionati che pertanto hanno anche una più elevata battuta di cassa come €/kg, sono più deperibili e meno porzionabili. Inoltre, in un mondo in cui il tempo è la risorsa più scarsa, risentono dell’assortimento del libero servizio e dei banchi take away, che per quanto riguarda i formaggi in particolare hanno un percepito di qualità molto simile al prodotto sfuso a banco taglio. La flessione è determinata anche dalla minor crescita rispetto a un anno fa del peso fisso: solo i formaggi freschi nel 2012 sono cresciuti, grazie anche al contributo positivo delle private label.
Fonte: www.nielseninsights.it aprile 2013