La storia e la tradizione del whiskey hanno sempre portato in alto bandiere ben definite: Scozia, Giappone, Stati Uniti sono da sempre i territori che offrono i prodotti migliori, arricchiti dalle ricette che si tramandano da decenni. È in atto però una piccola rivoluzione nel mondo del whiskey, che si è visto invadere da culture fino a poco tempo fa ben lontane da questa realtà: India, Italia, Sud Africa. E una novità che spicca su tutte le altre: l’Australia.
Il nuovo movimento si dipana da un capo all’altro del mondo, con una nuova generazione di produttori che da soli portano avanti idee pionieristiche e culture mai vite prima, così forti da reggere il confronto con le distillerie più antiche e famose. I produttori australiani sono ormai padroni della scena, e negli ultimi anni si stanno rivelando appassionati e dinamici, scalando le classifiche di categoria. La distilleria più datata del paese è Lark, fondata appena venticinque anni fa, nel ’92: è ancor più impressionante quindi apprezzare i miglioramenti che il whiskey australiano ha vissuto nell’ultimo paio di generazioni, ed è altrettato facile comprenderne il motivo.
“C’è voluto del tempo perché il pubblico si interessasse al Tassie [della Tasmania, ndr] Whiskey” dice Adam Sable, managing director di Sullivans Cove, una delle distillerie australiane più in voga: u fondata nel ’94, quando ancora il whiskey in Australia era pressoché una chicca, quasi sconosciuto. L’obiettivo è stato presto chiaro, utilizzare solo acqua e orzo della Tasmania: “Gli addetti ai lavori ci hanno subito riconosciuto come produttori di alta qualità. Ma oggi anche il grande pubblico sa chi siamo e ci apprezza, abbiamo una risposta positiva universale”.
Già nei primi anni Duemila la Sullivans iniziava a fare incetta di premi, ma la vera esplosione è arrivata nel 2014, con il premio per Best Single Malt ai Wolrd Whiskies Awards: mai prima di allora l’onorificenza era andata a una distilleria che non fosse scozzese o giapponese. Quest’anno il premio è arrivato nella categoria Best Single Cask Single Malt. La tasmania aveva appena nove distillerie nel 2014: con la crescita della Sullivans Cove a fare da traino, oggi se ne contano più di trenta, con lo slancio che arriva anche nel resto dell’Australia. Di conseguenza, il mercato interno sta acquisendo un’importanza quasi pari a quella dell’export.
Oltre alla Sullivans Cove, la distilleria Starward di Melbourne è forse la firma australiana più riconosciuta nel mondo, con bottiglie che raggiungono da anni i mercati dell’Ovest, inclusi gli Stati Uniti. Starward è una delle poche distillerie locali rimaste a dedicarsi maggiormente all’esportazione, eppure molti produttori si sono dimostrati entusiasti all’idea di riaprire i loro orizzonti verso nuovi confini. Hellyers Road, Limeburners e Nant sono altre distillerie da tenere d’occhio. La Archie Rose è invece una delle ultime arrivate: fondata nel 2015, è stata la prima distilleria di Sydney ad aprire dopo circa 160 anni di assenza, nata dalla passione di Will Edwards. Edwards voleva creare “the spirit of Sydney”, e dopo svariati viaggia in Tasmania e altrettante chiacchierate con i pionieri del mercato, ha lanciato Archie Rose, vincitrice di numerosi premi anche grazie al suo bar interno.
“I bevitori australiani sono molto coinvolti e ci supportano molto” dice Edwards. “Non abbiamo ancora lanciato un whiskey invecchiato, ma stiamo raggiungendo un punto in cui saremo capaci di farlo. Le innovazioni nella produzione, con grande attenzione a territorio e qualità, ci hanno permesso di anticipare di gran lunga i tempi”.
Sia Sable che Andrews hanno sottolineato la connessione che c’è tra la cultura del whiskey e quella ben famosa del vino locale. “Ci sono molti che fanno esperimenti con il red wine cask, ed è una scelta quanto mai sensata e profittevole, se pensiamo al successo che ha il nostro vino”. Attualmente l’Australia conta più di centoventi distillerie, con molte altre in fase di lancio: un chiaro segnale sul boom che sta coinvolgendo l’intero continente. Per fare una comparazione, la Scozia registra 115 distillerie tra tutte le sue cinque regioni. Sable aggiunge un pizzico di saggezza, parlando di uno dei produttori più vecchi del paese: “È un momento di grande crescita e sperimentazione. Penso si fermerà nei prossimi anni e spero vedremo i prodotti migliori sopravvivere. Con l’aumentare dell’esperienza aumenterà anche la qualità e probabilmente l’intera esperienza sarà al massimo. Arriveranno anche nuovi investimenti”.
Fonte: liquor.com