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La sostenibilità nella produzione del vino è una necessità sempre più impellente. Per affrontare questa tematica e come le nuove tecnologie genetiche e la ricerca stiano facendo fronte a questa necessità, l’azienda veronese Tenuta Sant’Antonio ha deciso di promuovere il convegno dal titolo “Alla scoperta del futuro del vino: tra varietà resistenti e nuovi modelli di viticoltura”, che si è svolto venerdì 1 dicembre 2017 nella cornice di Villa Aldegheri di Colognola ai Colli (VR).

Tra i relatori Mario Pezzotti, professore del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, che ha tenuto l’intervento dal titolo ”Le nuove tecniche di miglioramento genetico nella vite per conciliare tradizione ed innovazione”, ed Eugenio Sartori, direttore generale di Vivai Cooperativi Rauscedo, con l’intervento “La viticoltura del futuro tra tradizione ed innovazione” moderati da Fabio Piccoli, direttore di Wine Meridian. Come mai la scelta di questo argomento? “Abbiamo molto a cuore i temi della sostenibilità ambientale e della tutela della salute degli operatori, dei consumatori e dei cittadini in generale, come dimostra la strada che stiamo prendendo negli ultimi anni nella produzione dei nostri vini” hanno spiegato i fratelli Castagnedi, promotori del convegno. “Queste tematiche stanno diventando prioritarie soprattutto per colture come la vite, che necessitano di trattamenti per ottenere una produzione di qualità. Per questo abbiamo invitato amici, colleghi e tecnici per discutere dell’importante via della sperimentazione delle varietà resistenti e dei nuovi modelli di viticoltura”.

 

 

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“Il tema della sostenibilità ambientale rappresenterà sempre di più, anche in futuro, un fattore sempre più importante per la viticoltura, anche in risposta alle richieste crescenti da parte dei consumatori sul fronte della salubrità e della tutela ambientale. Per questa ragione la riduzione sempre più forte di presidi chimici in viticoltura, ottenuta anche attraverso l’utilizzo di varietà resistenti alle più gravi fitopatologie, rappresenterà uno dei cardini della vitienologia del futuro. Come pure è da auspicare, e i primi risultati sono incoraggianti, che tali nuove varietà consentiranno di dare una risposta adeguata anche ai preoccupanti cambiamenti climatici che stanno modificando non poco l’assetto produttivo a livello mondiale” – ha sottolineato Fabio Piccoli, moderatore del convegno. “Il laboratorio dell’Università di Verona lavora ormai da 10 anni, in collaborazione con altre Università ed istituzioni scientifiche, alla ricerca sul fronte della genetica della vite. Oggi il genome editing, metodologie genetiche innovative che rompono il dna e lo correggono mutando alcuni geni, ci consente di intervenire sulla vite per la definizione di nuovi prototipi varietali più resistenti” ha detto Mario Pezzotti, docente dell’Università di Verona.

“L’ingegneria genetica permette ormai di creare nuove piante geneticamente modificate, che però hanno lo stesso assetto genetico della vite di partenza, conservando il patrimonio delle varietà autoctone italiane.

Ciò permette di combinare le eccellenze varietali autoctone italiane con la più fine tecnologia genetica per l’ottenimento della sostenibilità nella filiera vite-vino. Abbiamo responsabilità di conservare e migliorare il patrimonio varietale italiano, le tecnologie oggi esistono, la ricerca è pronta. Abbiamo bisogno dell’innovazione per preservare la tradizione. Ma la ricerca ha costi importanti che vanno sostenuti sia dalle istituzioni pubbliche che dal mondo delle imprese. Si tratta di un fattore fondamentale per poter garantire il futuro della vitivinicoltura di qualità nel nostro Paese” – ha spiegato Pezzotti. “I Vivai Cooperativi Rauscedo, all’atto della costituzione dell’Istituto di Genomica Applicata di Udine nel 2006, hanno preso parte come socio finanziatore ai fini della valutazione dei vari vitigni resistenti e alla creazione di nuovi ad uva da vino e da tavola” ha raccontato Eugenio Sartori, direttore generale di Vivai Cooperativi Rauscedo.

 

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“Non possiamo non tenere conto di alcuni dati rilevanti: la diminuzione del 19,6% della superficie a vite in Italia negli ultimi 15 anni, specialmente nelle regioni del centro-sud; il bio da solo non basta a frenare la perdita di superficie; il consumo del vino è in calo costante (-17% in 15 anni) e per questo l’Italia è chiamata ad esportare. Inoltre stanno cambiando le esigenze dei consumatori mondiali che chiedono prodotti a soddisfazione immediata e si fa fronte sempre di più una improcrastinabile esigenza della sostenibilità ambientale ed economica per il vigneto Italia. In virtù di tutte queste considerazioni un contributo può arrivare dalla genetica con varietà resistenti alle malattie. Perché le varietà resistenti? Portano miglioramento della sostenibilità, riduzione dei costi di produzione, salubrità del prodotto finale, e maggiore resistenza al cambiamento climatico” ha concluso Sartori.

Momento clou del convegno è stato la degustazione di alcune microvinificazioni derivanti da vitigni resistenti dai Vivai Cooperativi Rauscedo: SORELI; SAUVIGNON RYTOS; CABERNET VOLOS; CABERNET EIDOS; MERLOT KHORUS. “Cinque esempi molto interessanti – ha concluso Tiziano Castagnedi – che dimostrano come la ricerca sulle varietà resistenti ci stia già dando risultati importanti sui quali impostare anche nuovi modelli vitienologici per garantire un futuro ancora competitivo alle nostre aziende”.

 

+INFO: www.tenutasantantonio.it

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