Cresce a ritmo serrato il numero di distillerie in Italia, che dopo la pandemia ha registrato un incremento superiore al 20% per avvio di nuove aperture. A trainare il boom, che riguarda soprattutto progetti di microdistillerie, è il fenomeno del conto terzi, in larga parte legato alla cosiddetta “gin craze”, una passione che oggi ha portato alla presenza di circa un migliaio di etichette made in Italy, destinate a raddoppiare nei prossimi anni. È quanto emerge dalle elaborazioni di Spirito Autoctono Magazine dati di Distillo Expo, salone delle attrezzature dedicate alle micro distillerie in programma a Milano dal 16 al 17 maggio”.
Dal report emerge che sono quasi un centinaio le distillerie attive oggi in Italia, per una produzione che – rispetto a quella di Paesi come Uk (Scozia, nello specifico), Irlanda e Usa – rimangono molto contenute. Lo studio segnala che prima della pandemia erano 85 le distillerie attive nel nostro Paese, con produzioni che comprendevano principalmente grappa, brandy e gin. A trainare la crescita è soprattutto l’obiettivo della distillazione in conto terzi per la produzione di etichette private label, su cui le realtà emergenti orientano i due terzi della propria previsione di produzione.
A spingere il fenomeno è soprattutto il gin, che negli ultimi anni ha visto crescere la propria popolarità come ingrediente in mixology (dal semplice gin tonic ai cocktail più complessi), ma anche come prodotto in grado di farsi portavoce, attraverso la scelta delle botaniche, di uno storytelling territoriale. Attualmente sono circa un migliaio le etichette di gin italiano, di cui si stima circa il 90% prodotte in conto terzi, con la quasi totalità del volume di gin prodotto da due delle principali aziende di distillazione nazionali.