Non è più un semplice progetto, ma quello che probabilmente sarà presto su ogni tavola italiana. L’idea è nata dal tentativo di ottimizzare i processi di spremitura per ottenere più succo di olive impiegando meno tempi e macchinari. I test hanno certificato che la qualità dell’olio non subisce alterazioni e il sistema ormai è utilizzato da diverse aziende molisane
L’innovazione consiste nel migliorare la fase in cui le olive sono state frantumate e si deve separare la parte solida da quella liquida. Questo momento, chiamato gramolatura, è piuttosto impegnativo in termini di tempo e di investimenti: è uno stop nella catena di produzione, dura anche un’ora, che spesso ha costretto gli olivicoltori a comprare più macchinari per mantenere la continuità del processo, implicando così un aumento del prezzo di vendita a causa dei costi di produzione. Grazie agli ultrasuoni, invece, i tempi si riducono almeno di un terzo, con una serie di risparmi economici e ambientali. Oltre che a determinare secondo i ricercatori «quantitativi maggiori di sostanze nutrizionali e funzionali, quali clorofille, carotenoidi e tocoferoli rispetto al metodo tradizionale
Da questa ricerca si è poi arrivati alla pratica, grazie ad alcune aziende molisane che hanno sfruttato i fondi europei per l’agricoltura per realizzare l’ultra-dop olive oil. Il progetto ha portato alla costruzione degli impianti per utilizzare gli ultrasuoni e i risultati hanno soddisfatto tutti: si è arrivati a risparmiare anche la metà del tempo e ad avere un aumento delle rese per quanto riguarda le qualità nutritive dell’olio. Con questo sistema la tecnologia potrebbe fornire uno strumento di innovazione al settore olivicolo, i cui processi di produzione sono sostanzialmente invariati da vent’anni, sostenere la ripresa economica o almeno parare i colpi dei danni da Xylella.