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Con la scomparsa a 82 anni di Oliviero Toscani, se ne va non solo un fotografo leggendario, ma un vero artista poliedrico, uomo di rara complessità e sensibilità. Amava il buon cibo, non solo per il piacere del gusto, ma per ciò che rappresentava: un’espressione di cultura, storia e autenticità. Toscani sapeva catturare l’essenza delle cose, che fosse una fotografia di denuncia sociale o un piatto di polenta durante la sua infanzia sfollata nella bergamasca. Le sue descrizioni, dense di dettagli visivi, rivelavano una capacità unica di far rivivere ricordi attraverso immagini e parole.

“Potrebbe sembrare assurdo ma fare il vino non è troppo distante dal fare una fotografia. Sono cresciuto tra le immagini e mi ha sempre affascinato la somiglianza che c’è tra queste due arti”. Così si legge sul sito della tenuta O.T. di Casale Marittimo in Toscana, dove aveva creato un piccolo mondo che rifletteva il suo spirito ribelle e anticonformista. Il cibo per Toscani, non era solo da raccontare o assaporare, ma un qualche cosa da vivere. Tra vigne e oliveti, aveva dato vita a vini che, come lui, erano schietti e autentici: rossi robusti, un bianco essenziale e un rosato frizzante chiamato “Lolì”, unico e sorprendente. Ogni bottiglia portava la sua impronta, con etichette che raccontavano la storia della famiglia Toscani e di quel luogo magico.

Casale Marittimo per Toscani ha rappresentato un laboratorio creativo dove si intrecciavano arte, natura e provocazione. Fondando la sua azienda agricola negli anni ’90, Toscani aveva immaginato qualcosa di diverso: un progetto che rifuggiva l’omologazione e celebrava l’autenticità. Grazie alla guida del figlio Rocco e di sua moglie Benedetta, è diventata un centro poliedrico, che include un maneggio, attività di ospitalità e serate culturali che hanno trasformato Casale Marittimo in un punto di riferimento vivace e innovativo. La visione di Toscani è oggi una realtà consolidata, con una produzione annua di circa 50.000 bottiglie e una particolare attenzione al vitigno Syrah, che può contare sull’esperienza dell’enologo Attilio Pagli.

Toscani non era solo un produttore, ma un comunicatore anche nel mondo del vino, il suo approccio era provocatorio, come quando partecipava al Merano Wine Festival, dove non si limitava a offrire assaggi, ma animava dibattiti su politica, società e cultura. Il suo banco d’assaggio era un crocevia di idee e confronti, riflettendo quella stessa vis polemica che aveva definito la sua carriera fotografica.

Nonostante una malattia debilitante come l’amiloidosi, Toscani non ha mai smesso di essere presente, partecipando attivamente al dibattito pubblico fino agli ultimi anni. Nel corso della sua vita, Toscani ha usato la fotografia per scuotere coscienze e abbattere barriere, dalle campagne irriverenti per i jeans Jesus, sino all’indimenticabile  sodalizio con il marchio Benetton con cui ha firmato campagne pubblicitarie entrare nella storia. Un fotografo del cibo con il suo stile, come dimostrano le immagini realizzate per Slow Food e il progetto Arca del Gusto, volte a salvaguardare alimenti a rischio di estinzione.

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