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Senza paura di non piacere, piuttosto con la voglia di essere fedele a se stesso e al territorio che accoglie il suo lavoro: Jurij Ferri e il suo birrificio Almond ’22 hanno presentato in anteprima la nuova GentianIPA, a base di genziana, per celebrare l’autenticità e l’Abruzzo in cui nasce.
Una componente maltata che si afferma subito e con carattere, prima di cedere il passo alla genziana, per una retrolfattiva divertente e complessa. 6,2% di volume, disponibile in fusto (dove è rifermentata) e in futuro in bottiglie e lattine, il formato che ha permesso a Ferri e Almond ’22 di tenere botta di fronte alla pandemia: “Lavoriamo al 70% con formati destinati ai singoli e non alla ristorazione: al momento il consumo è praticamente la metà di quello che era prima, di conseguenza anche le vendite. Ma direi che ci siamo salvati”.
Non c’è un vero e proprio progetto di food pairing, ma le origini regionali tornano forti anche nell’accompagnamento al cibo: “È una birra fatta in Abruzzo, e forse anche per questo è perfetta con l’agnello, in qualsiasi declinazione. Ottima con il maiale, meno con il manzo perché il contrasto con il sentore ferroso non rende giustizia al prodotto”.
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Il tratto principe della GentianIPA è senza dubbio il dirompente tono amaro, che potrebbe addirittura risultare un ostacolo per il consumatore medio. Jurij vede oltre: “Viviamo in un momento in cui si beve quello che viene detto di bere, l’influenza dei social è totale. Fino a pochi anni fa non era così, si seguiva la propria indole e il proprio stato d’animo. È per questo che i produttori stanno tornando al classico. Forse perché adesso, dopo il terribile periodo Covid, i valori veri stanno ricominciando a essere apprezzati”.
Ferri si conferma quindi pioniere visionario nella cerchia brassicola italiana; fu il primo a usare il farro nel 2003, il primo a usare mosto nel 2005, a usare genziana, a fare birra torbata. Jurij descrive la GentianIPA come “confortevole, profonda e ancestrale”, per la presenza di farro che risale ai romani, e della genziana, che caratterizzava i liquori già da prima del medioevo.
A difendere il vessillo della birra artigianale si fa comunque una gran fatica, i bevitori restano ancora timidi di fronte a proposte non canoniche. “Mi concentro sul fare birre buone, e diverse: il consumatore deve capire che bisogna bere la birra, non il birraio. Si dovrebbe diffidare da chi rende la birra artigianale una nicchia: la birra, tutta, non è nulla di esclusivo o di microsettoriale”. E la chiave risiede nello spirito di appartenenza al territorio: “Il consumatore italiano deve comprendere il prodotto, non il produttore. Deve capire che dietro un prodotto artigianale, che possa essere cibo, vino o birra, si trovano emozioni e personalità; non per forza migliori di altre, ma autentiche, vere.
Origini, profumi e carattere quindi: un evidente ritratto della persona Jurij, nipote di un capo maitre del Moulin Rouge degli anni ’70, e sballottato in mezza Italia da quando era ragazzino. In Abruzzo la sua identità viene fuori del tutto, realista e innamorato della sua terra: “A Milano avrei avuto più successo, ma qui da me è tutto più stimolante”.
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