© Riproduzione riservata
Dopo anni di soddisfazioni all’estero, è rientrato in patria per rimettersi in gioco con il nuovo concept di Terrazza Calabritto. Premi, copertine e attenzione dei media, tutto giustificato da un savoir fare innato e una mano talentuosa, capace di trasformare un’idea potenzialmente soddisfacente in realtà di tendenza. E non fa differenza se si tratta di un drink o un ristorante: Paolo Viola, a soli venticinque anni, si sta rivelando come una garanzia di successo nel panorama dell’enogastronomia italiana e non solo.
EXPRESS YOURSELF – Che avesse qualcosa nel sangue era chiaro fin da subito: figlio di un ristoratore italiano che lavorava in Germania, Paolo è nato a Hann, nel circondario di Dusseldorf (“Ma di tedesco parlo poco!”), prima di trasferirsi giovanissimo a Palermo. La passione per la cucina è la prima spinta verso gli studi professionali, anche se la dimensione gli sta stretta: “Mi sentivo chiuso, non riuscivo a esprimermi. Ho sempre cercato un contatto con gli altri, rimanere in cucina non me lo permetteva. Anche lavorare in sala mi impediva di comunicare qualcosa di mio, non potevo raccontare nulla. Il bar è stata la soluzione più naturale”. Non è una storia di casualità come spesso accade in questi contesti: Paolo Viola voleva diventare da subito, quello che sta diventando adesso.
CINQUE STELLE – La scuola gli permette un ingresso immediato in contesti lavorativi importanti: le stagioni a Jesolo, poi la prima esperienza in un cinque stelle, al Miramonti Majestic di Cortina fino all’approdo al Grand Hotel dell’Isola d’Elba, palestra importantissima sotto ogni punto di vista: “Lavoravo accanto a Mario Lommi un’istituzione del mondo AIBES: aveva un’impostazione di vecchio stampo, la giacca da indossare ogni giorno”. Le origini di uno dei tratti distintivi di Viola, l’eleganza nei modi e nella tecnica, che va di pari passo con una continua fame di conoscenza: “Chiedersi perché, avere il desiderio di sapere di più ed essere preparato su prodotti e novità, credo siano le chiavi per il successo. In questo modo se parlo mi ascoltano tutti”. E fanno bene.
LONDON CALLING – La svolta importante arriva con la partenza per Londra nel 2014, in una città stracolma di opportunità ma potenzialmente pericolosa, capace di risucchiare chiunque tra difficoltà e piaceri. Le idee erano già chiare: “Sapevo di non voler perdere tempo, dovevo trovare soddisfazioni in poco tempo”. Palla in buca al primo tentativo, su uno dei tavoli più rinomati del mondo: “Il Ritz Hotel. Chiunque ci avesse lavorato mi raccontava di quanto fosse dura e al contempo soddisfacente. Iniziai al ristorante come commis, portavo sette chili di vassoio con piatti e cloche in porcellana, c’erano rampe di scale da salire in continuazione. Dopo dieci giorni ero indeciso, non sapevo se sarebbe stato più facile morire o continuare”. Impegno al lavoro e conversazioni per migliorare l’inglese, il passaggio a chef de rang e da lì il salto al bar: “Non vedevo l’ora, al Rivoli Bar del Ritz senza gavetta. È stato l’approccio definitivo con il vivo della mixology, facevamo gare, eravamo un buon team”. Londra però doveva ancora scoprirlo davvero.
IL RITORNO – Dopo due anni e mezzo, un habituè italiano del Rivoligli propone di aprire un cocktail-aperitivo bar, il primo a Londra. “L’idea era quella di creare un contesto in cui i cocktail si abbinassero alle tapas, insomma esportare il rituale dell’aperitivo”. Il palco è quello glamour di King’s Road a Chelsea, il nome dello spettacolo è Il Ritorno London, e Viola è l’attore principale: “Alcuni miei drink apparivano su social o giornali inglesi, uno è stato nominato miglior cocktail a base vodka di Londra. Fu un gran successo, creammo un enorme giro di contatti e il mio nome iniziò a girare”. Un anno di lavoro nella City, prima dell’inarrestabile richiamo dell’Italia, terra dalla quale Viola non si è in fondo mai separato: “Ho girato il mondo, ma dovevo tornare. L’unica città con il respiro internazionale di cui avevo bisogno era Milano”.
TERRAZZA SUL MONDO – È così che a Novembre inizia la love story con Terrazza Calabritto di Enzo Politelli, già una delle realtà culinarie più in vista a Napoli e oggi nella città meneghina con un concept assolutamente innovativo: è infatti il primo crudo-cocktail bar di Milano, e la risonanza mediatica dell’arrivo di Viola, direttamente da Londra, è stata fragorosa. Vanity Fair pubblica un focus sul locale e su di lui, addirittura all’estero entra in una particolare elite: ” Best Bar Inn, una rivista olandese, mi ha citato tra i giovani capaci di gestire un cocktail bar di successo. A ventiquattro anni ne avevo lanciato già uno a Londra e adesso a Milano…”. Dietro al bancone crea e sorride, con un viso da ragazzino clamorosamente contrastante con la sua maestria e la sua già importantissima esperienza. La cocktail list di Terrazza Calabritto porta il suo marchio, tutto ispirato ai suoi prodotti preferiti, fiori e frutta fresca, e a una delle parti integranti della sua vita.
A MILANO – Il viaggio. Una cocktail fatta di rotte from/to, dove il punto di arrivo è sempre Milano: “L’idea è quella di prendere una materia prima del territorio di provenienza, trasformarla sotto forma di sciroppi, infusioni, vaporizzazioni, e poi miscelarla con un prodotto del terroir italiano, meglio ancora se milanese”. Esempio perfetto, il From Paris to Milano: base cognac Hennessey, sciroppo allo Zafferano, Campari, Franciacorta, aria allo zafferano. “Una storia ambientata nella belle epoque, quando Gustav Eiffel si ispirò al Mengoni e alla Galleria Vittorio Emanuele per costruire la sua leggendaria torre. Nello stesso periodo Auguste Escoffier inaugurava la cena di gala con cognac e la novelle cuisine; a Milano apriva il Camparino, quindi lo zafferano è un riferimento al terroir”. Il Franciacorta è invece un tributo a Gualtiero Marchesi.
ECCELLENZA ITALIANA – La forza con cui Paolo Viola si fa largo nel gotha dell’enogastronomia nazionale e non è impressionante: a febbraio vince la Tavoletta d’oro come miglior cocktail al cioccolato al Salone del Cioccolato, a giugno è Resident Mixologist per Bella Vita Expo a Londra, la fiera che rappresenta le eccellenze italiane nel mondo (Londra, Mosca, Varsavia, Chicago, Città del Messico, Bangkok). “Il lato food era gestito da Carlo Cracco che in quel momento era sulla breccia con l’apertura del ristorante in Galleria. Leggevo i titoli che descrivevano Cracco e Viola come eccellenze italiane, fu una soddisfazione”. Un successo enorme, quale derivano per forza di cose responsabilità importanti: “Noi bartenders dobbiamo essere bravi a non perdere di vista la vera natura di quello che facciamo: non va mai persa l’umiltà, non siamo le star, il primo obiettivo è strappare un sorriso a chi ci viene a trovare. Se entro in un bar e il barista non mi guarda in faccia, può fare il drink più buono del mondo, ma non tornerò mai”.
CAMBIAMENTO – Il momento della mixology in Italia pare essere sempre più florido, e il ruolo di Viola è delicato seppur stimolante: “A Londra l’approccio era molto semplice, l’inglese non vede l’ora di essere sorpreso. Paradossalmente viene trovato un senso nel non avere senso, per cui c’è maggior margine di manovra per chi come me vorrebbe proporre novità. In Italia bisogna andarci in punta di piedi, siamo la patria del vino, proporre un cocktail nuovo è difficile. Ma la strada è quella giusta, adesso i consumatori si fidano di più perché sono a loro volta consapevoli di quanto studio ci sia e di quanto impegno mettiamo”. Forse servirebbe concentrarsi anche sul divario che c’è tra Milano e il resto d’Italia, specialmente con il sud: “Sta cambiando l’approccio al bere, ci si sta spaventando di meno all’idea di bere un cocktail. Quando torno a casa per le vacanze mi rendo però conto che c’è un’idea di convivialità diversa, al drink ben fatto si preferisce una birra senza mipegno, ed è anche giusto così considerando il clima che permette attività diverse”. Cambierà? “Sì, ne sono convinto. Non sarà mai come Milano, o forse tra 50 anni, ma c’è fame e c’è studio. Prima di tutto dobbiamo cambiare noi operatori del settore però, dobbiamo capire che servono innovazione e costanza”.
DREAM ON – A venticinque anni, Paolo Viola è già sulla cresta dell’onda, e di scommesse da vincere ce ne sono ancora un’infinità: recentemente ha iniziato una collaborazione con Coppola 1971, la prima cantina siciliana propone solo bollicine, come project manager per far entrare la realtà di Coppola nel mondo della miscelazione. Ma il vero Viola del futuro promette di fare scintille: “Presto realizzerò il mio sogno. Ho già un progetto che coinvolge me in prima persona e una dimensione a me molto vicina come fonte di ispirazione. È in arrivo una grande novità, ho rifiutato proposte di diversi brand e prodotti importanti come brand ambassador. Perché voglio essere l’ambasciatore di me stesso”.
© Riproduzione riservata