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La Cia, confederazione Italiana Agricoltori, evidenzia che l’Assemblea transalpina ha messo a punto un documento per superare la crisi del settore vinicolo e rilanciare il prodotto francese non solo sul mercato interno ma anche in quello estero, accrescendo in tal modo la competitività dei vini transalpini rispetto ai vini italiani. Anche nel nostro Paese occorrerebbe un’attenzione nuova per la vitivinicoltura e una maggiore coesione di filiera.

“Le vin c’est la France” (il vino è la Francia). Così inizia un rapporto di informazione approvato all’unanimità dall’Assemblea nazionale della Repubblica francese. E’ quanto rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori all’indomani della pubblicazione del documento e degli atti correlati del Parlamento transalpino.

Il documento -precisa la Cia- è un chiaro esempio di come, di fronte ad una crisi settoriale, le istituzioni intervengono in maniera decisa ed efficace per il superamento del problema. Infatti, fin dal giugno dello scorso anno, il Parlamento francese aveva intrapreso una discussione sul grave stato del loro prodotto simbolo, con dibattiti e audizioni, per giungere all’attuale rapporto dei deputati Martin e Voicin, a nome della Commissione affari economici, sviluppo e territorio.

Con la individuazione di sei comandamenti della viticoltura francese (educare, formare, comunicare, semplificare, innovare e razionalizzare), il rapporto -continua la Cia- indica, al governo e agli altri organismi coinvolti, le proposte atte alla riscossa dell’astro francese. Naturalmente al primo posto è messo un ampio programma di educazione interna al consumo, da attuarsi attraverso la istituzione di una Maison des vins de France strutturata su tutto il territorio nazionale, e quindi la costituzione della Maison des exportations che riunifichi tutte le competenze e le azioni promozionali sui mercati esteri.

Un capitolo del documento -evidenzia la Cia- si intitola “Imitazione dei modelli stranieri: imitarli con moderazione”. Probabilmente se la vitivinicoltura e le istituzioni italiane guardassero moderatamente a ciò che avviene negli altri paesi, si accorgerebbero del ritardo con il quale, in ogni ambito e ad ogni livello, si occupano dei propri problemi per risolverli.

La Cia da tempo preme sulle questioni evidenziate dal Parlamento francese, a cominciare dalla necessità di coesione della filiera, che rilancia ancora una volta, prima che il prodotto più significativo del “made in Italy” venga spodestato dal trono che si è saputo faticosamente conquistare

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