Il Piemonte è una regione in cui non è necessario il miracolo di trasformare l’acqua in vino. Perché se dalle Langhe e dal Monferrato arrivano alcune delle più pregiate etichette dell’enologia italiana, anche nel settore delle acque minerali la regione è tra le prime in Italia. Insieme rappresentano una parte consistente dell’export alimentare piemontese (1,3 miliardi di euro su un totale di 4,6 miliardi). Sull’estero è il vino a farla da padrone con i grandi rossi Barolo e Barbaresco e poi con l’Asti e il Moscato, di cui sono stati già venduti 60 milioni di bottiglie nei primi dieci mesi dell’anno.
Paolo Damilano è uno dei trait d’union tra il mondo del vino e quello dell’acqua. Barolista d’eccellenza nell’azienda di famiglia in Langa («anche per noi è l’estero a trainare con una buona crescita negli Stati Uniti dove abbiamo creato una nostra azienda di distribuzione») è anche proprietario della società Pontevecchio che produce due dei principali marchi di acque minerali piemontesi (Sparea, per il circuito Horeca e Valmora per la grande distribuzione): 350 milioni di bottiglie l’anno, 45 milioni di fatturato. Damilano aggiunge: «Stiamo lavorando molto anche con le private label, i marchi confezionati appositamente per la grande distribuzione a prezzi vantaggiosi».
Il colosso piemontese delle acque minerali è però la Sant’Anna del gruppo Bertone che raduna diversi marchi ed è leader in Italia : «Se il settore delle bibite e delle bevande in generale spiega Alberto Bertone – è in seria sofferenza, quello delle acque minerali è stabile. Certo la concorrenza è forte, giocata sulle promozioni continue, che noi però abbiamo abbandonato. I margini sono ormai ridotti e sempre di più si va verso una concentrazione perché la capacità di investimenti e innovazione chiesta per stare sul mercato sta soffocando le imprese più piccole».