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Il 29 marzo scorso la redazione de l’Inviato Speciale, quotidiano on line edito dall’Associazione Onlus The GlobalVillageVoice, aveva pubblicato un articolo alquanto polemico sulle acque minerali, dal titolo “Acqua, il business delle ‘minerali’- In considerazione delle varie inesattezze e imprecisioni, Mineracqua, La federazione nazionale dell’industria delle acque minerali, ha prontamento replicato con un ampio intervento di Ettore Fortuna, Presidenta di Mineracqua. Di seguito si riporta il testo dell’intervento di Fortuna.


Vorrei correggere alcune “inesattezze” contenute nell’articolo: ‘Acqua, il business delle “minerali”’, pubblicato su InviatoSpeciale.Non è vero che in Italia il mercato delle acque minerali è “quasi totalmente controllato dalle multinazionali”. La maggioranza dei Gruppi citati nell’articolo quali San Benedetto, Rocchetta-Uliveto, Ferrarelle, fonti di Vinadio, Norda (Gaudianello è controllata dalla Norda), sono aziende italiane a capitale interamente italiano facente capo a famiglie di imprenditori italiani.Circa i canoni che paghiamo alle Regioni preciso che l’80% dell’acqua minerale imbottigliata proviene da Regioni in cui il canone di imbottigliamento è tra 1,20 € e 2 €. Fare l’esempio del Molise dove si imbottiglia una piccola marca non è rappresentativo della situazione reale. C’è da aggiungere che le Regioni, da noi più volte sollecitate in sede di Conferenza della Regioni, non hanno mai trovato un accordo per stabilire un canone omogeneo.Quanto poi alla “sottrazione” di quantità di acqua ai cittadini da parte delle imprese di acque minerali, quest’acqua se non venisse da noi imbottigliata in stabilimenti (con immobilizzazioni di centinaia di milioni di euro), si perderebbe nell’ambiente. Quale Comune potrebbe distribuirla nelle condutture, magari da altezze significative, fino alle case dei cittadini, quando la dispersione media degli acquedotti in Italia è del 35% e non hanno soldi per tappare i buchi?

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Nell’articolo si eccepisce che non è possibile conoscere la quantità di Arsenico o di Piombo contenuta nelle acque minerali. La nostra legislazione, che fu modificata nel 2001 a seguito dell’impossibilità di applicazione di quella precedente, fissa dei limiti che non possono essere superati: per l’Arsenico 10 microgrammi/litro e per il Piombo 10 microgrammi/litro. Per l’acqua potabile i rispettivi limiti sono 10 microgrammi/litro e 10/25 microgrammi/litro, ma c’è una grande differenza tra le due legislazioni. Ed infatti, se in un’acqua minerale ci sono più di 10 microgrammi/litro di Arsenico o di Piombo, questa decade dal riconoscimento e non può più essere commercializzata. Viceversa, se un’acqua potabile supera i limiti, l’acqua può essere egualmente erogata in deroga. Quanto è successo per le deroghe sull’Arsenico, Boro e Fluoruri nelle acque potabili è cronaca di questi giorni.Circa il PET, unica plastica utilizzata per le bottiglie di acqua minerale, le quali dal 5/8/2010 possono essere fabbricate con una quantità fino al 50% di pet riciclato (notizia che a chi scrive l’articolo evidentemente non interessa), va detto che tutto ciò che è energie origina oggi dal petrolio: anche l’aspirina, il cui principio attivo è l’acido acetil-salicidico, nasce dal petrolio, che poi viene estratto.

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Per quanto attiene alla ‘Carbon foot print’ del PET l’impatto ambientale di questa plastica è tra i più bassi tra le plastiche utilizzate negli imballaggi (quantità tre volte superiori al PET) ed è anche più basso del vetro, considerato il maggior peso della bottiglia, sempre in termini di emissioni di CO2. La spesa per famiglia per l’acqua minerale indicata nell’articolo tra i 320 ed i 720 € l’anno è letteralmente inventata. Iri-Infoscan, società specializzata nelle rilevazioni di mercato, certifica infatti che una famiglia media italiana spende all’anno 64 € se acquista un’acqua di primo prezzo, 118 € per un’acqua di prezzo medio e 185 € annui per le acque premium. Sull’acqua a kilometro zero, dico solo che da un punto di vista tecnico-giuridico il principio potrebbe essere in contrasto con il corretto esercizio della concorrenza (lo stesso Antitrust si è espresso in questi termini in un parere al Governo); sotto altro profilo non è che uno slogan che piace a chi parla o scrive sotto una spinta ideologica che spesso ne riduce la credibilità, soprattutto quando si dichiara che vengono riportati “fatti senza distorsioni, opinioni o interpretazioni”.

Fonti: www.inviatospeciale.com/2011/03/business-in-bottiglia-la-replica-di-mineracqua/
www.inviatospeciale.com/2011/03/acqua-il-business-delle-minerali

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