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Nel celeberrimo “Giro del mondo in 80 giorni” lo scrittore francese Jules Verne descrive Hong Kong come segue: “I docks, gli  ospedali,  i  wharfs,i  depositi,  una  cattedrale  gotica,  un  palazzo  del  governo,  le  strade  lastricate  farebbero  credere  che  una delle  città  industriali  della  contea  di  Kent  o  di  Surrey, attraversando lo sferoide terrestre, sia andata a finire in quel punto della Cina, quasi agli antipodi”

È strano a dirsi, ma ogni tanto succede che nel mondo ci si possa sentire a casa nonostante migliaia di Km di distanza, oppure si possa gustare il sapore di un viaggio esotico poco lontano da casa. Ci sono città che per la loro natura e storia sono come delle finestre aperte su alti continenti, su altre culture, su altre tradizioni. In Italia, Prato è senza dubbio uno di questi wormhole, una porta aperta sull’oriente e sul suo fascino misterioso. Da anni la comunità cinese è specchio di usi e tradizioni e, dalla cucina tipica al capodanno, chi si trova a frequentare Prato può godere di uno spaccato del Celeste Impero diverso dai soliti stereotipi.

Negli ultimi anni anche il Giappone ha saputo ritagliarsi il proprio spazio in questa Asia in miniatura, soprattutto tramite l’Enogastronomia. L’apertura del ristorante giapponese MOI è stata senza dubbio la novità della stagione cittadina, e il suo potere attrattivo è tale da portare qui anche moltissimi fiorentini.

Anche in questo caso l’intenzione (ben riuscita) è quella di proporre qualcosa che si distingua dai soliti stereotipi, e la dimostrazione che qui si fa sul serio con la cultura Nipponica, arriva anche dalle iniziative organizzate. Nella giornata di giovedì infatti, quattro produttori di Sakè sono arrivati direttamente dall’impero del Sol Levante fino in Toscana solo per presentare i propri prodotti ad una platea di appassionati, curiosi e professionisti.

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Un’occasione decisamente irripetibile per scoprire di più sull’alcolico Giapponese per eccellenza e su tutte le sue sfumature, che forse ancora molti ignorano. L’utilizzo del Saké infatti è assimilabile a quello del vino in occidente, e lo si può gustare all’aperitivo così come oppure in pairing con il cibo, o perché no, anche in miscelazione.

I quattro produttori asiatici sono venuti in tour in Europa (questa l’unica tappa Italiana, organizzata grazie alla collaborazione di Spirits Brand) per raccontare la loro visione del Saké, e le diverse scuole che hanno portato la loro produzione ad essere quel gioiello artigianale che è oggi.

Vere e proprie filosofie si nascondono infatti dietro questa bevanda, come quella del Pure Saké o Junmai-shu (純 米酒), un prodotto non pastorizzato e non filtrato, oppure il tradizionale metodo di fabbricazione Bodaimoteo, che affonda le sue radici direttamente nel medioevo, e che come allora continua ad essere prodotto.

Vecchie tradizioni e nuove buone abitudini. Anche il mondo del Saké infatti si sta avvicinando sempre di più alle tematiche ambientali, e non è raro trovare bottiglie BIO o cantine costruite (o spesso purtroppo ricostruite, vista la sismicità del Giappone) in maniera non invasiva per l’ecosistema.

Se le vacanze sono ormai alle spalle, e l’idea di girare il mondo sembra fantasiosa come in un libro di Verne, la possibilità di accrescere la propria cultura e conoscenza per fortuna non ha freni

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