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All’inizio erano altre idee. Altri progetti, una vocazione per la scienza e un ramo della famiglia. Poi l’intervento di un mentore, l’avvicinamento a quel microcosmo che può essere la produzione di un distillato. Non ne è più uscita, e oggi Priscilla Occhipinti è una delle donne della grappa più famosa del mondo. Un unicum, in realtà, e lo ha raccontato per Beverfood in Rosa.
Gioacchino Nannoni aprì la sua distilleria in Maremma agli inizi degli anni ’70. A trovarlo andava una ragazzetta sveglia, figlia di un amico strettissimo, che alla fine non lo ha più lasciato. Priscilla iniziò a girovagare tra alambicchi e botti da piccolissima, affiancando il suo maestro e seguendone le impronte fino a prenderne il posto nel 2000, quando l’azienda fatturava 400.000: oggi si è sfondato il muro del milione, con tanto di linea personalizzata di Priscilla lanciata nel 2011. Alambicco d’Oro, riconoscimenti internazionali, un nome che significa storia e qualità. La ragazzetta ha fatto strada.
Come ti sei avvicinata al settore del beverage?
Mio padre e il fondatore della distilleria, Gioacchino Nannoni, erano molto amici, andavano a pesca insieme. Io volevo diventare medico come mia madre, ma dopo una visita in distilleria sono rimasta affascinata dal rapporto che Gioacchino aveva con gli alambicchi. Alla fine ho scelto di fare enologia e viticoltura, dopo il liceo classico.
Com’è cambiata la figura della donna nel settore, magari da quando hai iniziato o da informazioni che ti sono state raccontate?
La figura della donna è cambiata, e l’ho vissuto sulla mia pelle. Ho la presunzione di definirmi l’unica donna distillatore al mondo, mi occupo del 100% di quello che accade in distilleria in prima persona. Non del marketing o dei social, quello magari dopo. Nel mio caso la figura della donna è cambiata, da donna imprenditore e artigiano posso dire che è difficile affiancare un uomo di una certa età e pretendere che le persone ti prendano sul serio, come ho fatto io, almeno all’inizio. Come produttore donna, il tempo per affermarmi è stato lungo, mi ci sono voluti vent’anni: oggi sono alla mia ventitreesima campaana di distillazione, ora mi apprezzano in tutto il mondo, ma all’inizio non era così. Molti si aspettavano che il passaggio generazionale non avrebbe portato positività.
Per quello che riguarda approccio e consumo, ora si è più colti, il consumo è più intelligente, le donne non disdegnano i superalcolici. Ma serve consapevolezza. Tante sono entrate nel mondo della distillazione più dal lato della distribuzione che in ambito produttivo vero e proprio. Sommelier, brand ambassador, soprattutto giovani. È sempre necessaria una ricerca di maggior cultura, ed è finalizzata a questa l’attività di formazione che organizzo in distilleria.
Come pensi si evolverà ruolo della donna nel futuro dell’industria del beverage?
Oggi gli spazi sono occupati indifferentemente da uomini e donne. Noi siamo più sensibili a livello olfattivo, forse è una marcia in più, ma per tutti è necessario istruirsi e formarsi. Adesso questo mondo è finalmente legato a capacità e doti, più che a discriminazioni sessuali.
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