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Equilibrio: è questa la parola chiave per provare a rilanciare la pausa pranzo al bar, forse l’occasione di consumo che sta attraversando il momento più delicato. Se nei primi anni della crisi, infatti, i bar avevano beneficiato di una nuova clientela che aveva rinunciato al ristorante a favore di una soluzione più economica, oggi non è più così.

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Il pranzo funzionale, quello consumato durante la settimana fuori casa, è diventata l’occasione di consumo su cui si concentrano i tagli di budget dei consumatori. «Dai nostri dati – afferma Antonio Faralla, amministratore unico di Formind, società di ricerche di mercato specializzata nel fuori casa – emerge come oggi il 50% dei consumatori consuma nella pausa pranzo alimenti portati da casa e quindi acquistati all’interno dei supermercati, in occasione della spesa settimanale, sia pure con una modalità discontinua e intervallata da occasioni saltuarie di consumo presso il circuito del fuori casa. Si tratta di una dimensione cresciuta in maniera sensibile negli ultimi anni, ma ormai consolidata e destinata probabilmente a crescere». Pertanto il primo concorrente del gestore di un bar oggi è il supermercato. «Non dimentichiamo che il circuito del fuori casa pesa sempre un 50%, che tradotto in cifre fa 12 milioni di pasti al giorno e un giro d’affari di 5,2 miliardi – continua Faralla -. In quest’ambito dobbiamo distinguere tra un 10-15% di consumatori che si rivolge alla ristorazione tradizionale, per motivi essenzialmente di business, mentre il rimanente 35% è costituito da un consumatore dinamico che si rivolge al circuito del fuori casa abitualmente e che tende ad avere una relativa fedeltà all’acquisto ma tende a variare la scelta tra le diverse proposte di offerta». A soffrirne sono soprattutto i bar tradizionali, la cui offerta non è in genere in grado di soddisfare il cliente né sul fronte della qualità né, spesso, su quello del prezzo. A rivolgersi al bar sono il 18% dei consumatori. E qui Faralla dà un’indicazione molto preziosa: «In genere, chi pranza al bar si rivolge a un locale ubicato entro un raggio di 300 metri dal proprio luogo di lavoro». Mappare le aziende e gli uffici presenti in questo raggio d’azione è quindi il primo passo da compiere per provare a costruire un’offerta dedicata e per ideare iniziative di comunicazione e offerte promozionali.

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POCO TEMPO E POCO BUDGET

«Attualmente il budget di spesa ideale restano i famosi 5 euro, spesso rappresentati dalla soglia dei ticket aziendali – prosegue Faralla -. In quest’ambito, il consumatore è alla costante ricerca di novità, ma ha ben presente alcuni concetti base che lo guidano nelle scelte. Ovvero nutrirsi in modo corretto dal punto di vista salutistico, senza appesantirsi per il prosieguo della giornata, e senza investire nel pranzo la totalità del poco tempo a sua disposizione, un’ora al massimo». Sulla scorta di questo focus, per il gestore si aprono una serie di opportunità: innanzitutto la scelta dei menu, ricchi di verdure, zuppe, frutta fresca, con una rotazione stagionale degli ingredienti. «Lo sviluppo delle yogurterie è un chiaro esempio di come il consumatore si stia indirizzando verso un’alimentazione con queste caratteristiche – sostiene Faralla-. Il take away, nonché la possibilità di prenotarsi attraverso Internet, rappresenta una modalità il cui successo sta crescendo. Questi servizi infatti consentono al gestore una maggiore razionalizzazione ed efficienza del momento di consumo, a vantaggio anche del conto economico».

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LA STRADA? INNOVARE E RINNOVARSI

Nonostante le difficoltà di mercato, il pranzo resta un caposaldo fondamentale per l’economia degli operatori, e sarà anche il momento di consumo che prima degli altri reagirà positivamente al riprendersi dell’economia nazionale. L’invito di Faralla, pertanto, è a non mollare. Anzi: «È opportuno più che mai lavorare sull’innovazione dei menu, sulla qualità e sugli aspetti salutistici e di servizio. Non ultimo bisogna ricordarsi che proprio nei momenti in cui sembrano venir meno le certezze che il consumatore ricerca valori quali l’affidabilità e la tradizione. In quest’ambito bisogna mantenere i propri standard e possibilmente innovarsi». L’innovazione, secondo Faralla, deve muoversi all’interno di due vincoli ben precisi e definiti: «Il primo è il prezzo. I bar dovrebbero creare dei menu completi con un costo al pubblico tra i 5 e i 6 euro, anche per essere competitivi nei confronti dei ristoratori, che in genere li propongono a partire da 8-10 euro. Il secondo è l’aspetto nutrizionale: meglio puntare su proposte equilibrate e salutistiche». Sapere che la maggior parte dei clienti lavora a meno di 300 metri dal proprio bar è un’informazione chiave: le attività di fidelizzazione sono fondamentali. «Per catturare nuovi clienti occorre fare iniziative di comunicazione e promozione presso gli uffici della zona. E per fidelizzare, occorre variare periodicamente il menu. L’ideale sarebbe di farlo su base settimanale».

+ info:

ForMind S.r.l.

Via degli Olmetti 39/b

00060 Formello (RM)

Tel: 06/90405209

Fax: 06/90405210

www.formind.it

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