Nell’ambito dei nuovi paradigmi di consumo, nel 2023 i vini icon, che hanno un preciso target altospendente, sono cresciuti a valore dell’11,2% raggiungendo una market share del 4,5% (era il 3,5% nel 2022); se uniti agli Ultra Premium, anch’essi cresciuti del 13,2%, la quota dei vini di fascia molto alta raggiunge il 18,6% del mercato.
In leggero calo i vini basic (-1,7%) che concorrono alla formazione del 44,2% del fatturato complessivo e i vini premium (-1%, 22,7% di market share), mentre nel 2023 hanno registrato un calo del 10,1% (14,5% di market share) i vini di fascia intermedia, a dimostrazione di una sempre maggiore polarizzazione del mercato. Il marchio ha sempre una grande valenza, soprattutto se si somma all’aspetto di enoturismo che crea una relazione emozionale tra il paesaggio e il territorio (in cui un vino è prodotto) e la sua qualità e valore.
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IL RUOLO DELL’ENOTURISMO
Il fenomeno dell’enoturismo è sempre più diffuso con una crescente rilevanza in termini economici per le aziende. Ciò in quanto offre la possibilità di generare valore continuo e di incrementare le vendite dirette, ma anche per la propria funzione di business a sé stante e, non ultimo, utile strumento per la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo di dati per finalità commerciali. Le maggiori imprese vitivinicole italiane nel 2023 hanno incrementato i ricavi nei servizi enoturistici del 15%. L’attività più diffusa è quella delle visite in cantina (svolta dal 71,3% di esse), seguita dall’accoglienza presso una propria struttura alberghiera (30,6%) e dalla ristorazione (23,1%). Il 6,5% delle aziende organizza esclusivamente degustazioni e il 4,6% utilizza la propria struttura per ospitare eventi; nel 24,1% dei casi non viene svolta alcuna attività enoturistica.
Ancor prima della presenza fisica in cantina, la scoperta del territorio e dell’impresa avviene attraverso una maggiore e più efficace attività di promozione; nel 2023 le spese pubblicitarie sono cresciute dell’1,9% rispetto all’anno precedente (+4,7% nel caso di produttori di spumanti) e rappresentano il 2,7% del fatturato complessivo. A titolo di raffronto si consideri che nello stesso anno gli investimenti materiali sono aumentati del 4,5% con un’incidenza sul fatturato del 4,5%.
VINI ALTERNATIVI
La crescente attenzione per la sostenibilità spinge i consumatori di vino ad orientarsi sempre più verso vini alternativi. Ciò ha portato, nel 2023, ad una crescita dei vini biologici (+1,4% il valore delle vendite rispetto al 2022) che rappresentano il 5,4% delle vendite complessive delle imprese vitivinicole italiane nel 2023, ma anche dei vini naturali (+1,8% sul 2022) e, soprattutto dei vini vegani (+9,6%) sebbene rappresentino ancora una nicchia (rispettivamente 1% e 2,7% del mercato).
I VINI DA COLTIVAZIONI BIOLOGICHE
Nel 2022 sono stati dedicati alla coltivazione biologica di vite da vino 133.140 ettari, pari al 22,6% del vigneto italiano, di cui il 76,5% è stato oggetto di riconversione. Dal 2010 l’incremento di vite per uva da vino è stato del +163% (erano 50.563 ettari), nell’ultimo anno la crescita è stata del +6%. Il 60% del vigneto da vino biologico insiste su tre regioni: Sicilia (27,7% del totale), Toscana (17,1%) e Puglia (13,3%). Gli operatori vitivinicoli biologici, comprensivi di produttori e preparatori anche non esclusivi, sono stati 29.910 (+3,4% sul 2021): il 15,8% è localizzato in Sicilia, espressione del 34% di tutti gli operatori bio della regione, il 14,8% in Puglia (39% del totale bio) e il 10% in Toscana (42%). In Abruzzo gli operatori vitivinicoli rappresentano oltre la metà del comparto bio. A fine della campagna 2022 (2 febbraio 2023) sono stati registrati oltre 3 milioni di ettolitri di vino biologico. In questo caso è in Toscana che si concentra il 28,6% della produzione, realizzata da aziende vinificatrici certificate che rappresentano il 15,1% del totale, segue il Veneto (11% della produzione, 15,5% delle aziende bio), a distanza tutte le altre regioni. La Sicilia si conferma la regione con la maggior presenza di aziende vinificatrici bio certificate (23,4% del totale) che producono il 7,4% del vino biologico nazionale.
I FINE WINES
I vini pregiati o “fine wines” rappresentano un investimento in virtù della combinazione della loro capacità di migliorare nel tempo e della rigidità dell’offerta. Spesso con una importante componente emozionale, si tratta di un investimento alternativo a quelli più classici e strutturati sia in una logica speculativa che con l’intento di investire in un bene di cui eventualmente godere. I fine wines si rivolgono principalmente ad appassionati di vino con elevate capacità di spesa e molto informati sul mercato e sulle caratteristiche delle etichette. I principali fattori di richiamo sono la qualità del territorio e del vino, che deve essere garantita nel tempo, la solidità del marchio e la relativa scarsità, tutti fattori che rendono il prodotto difficilmente sostituibile. La profittabilità delle aziende produttrici di fine wines è garantita dalla capacità delle imprese di vedersi riconosciuto un valore di vendita che prescinde dai costi industriali.
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