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Con il cambiamento delle abitudini e degli stili di vita degli italiani, è cambiato di conseguenza anche il consumo del vino. I dati mostrano infatti come, dopo tanti anni, il vino fermo cresce al pari dei vini spumanti, e il vino rosso tanto quanto il bianco.

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Il mercato nazionale, dopo una lunga fase di contrazione, è tornato a stabilizzarsi. Nel frattempo, però, sono mutati gli stili di vita e di consumo del vino portando a radicali cambiamenti nel paniere della domanda, sempre più orientata al segmento dei vini IG con un deciso ridimensionamento dei vini comuni che restano, pur sempre, una fetta importante del consumo, soprattutto nella fascia legata al catering e alle mense diurne, settori particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria da Covid-19 e dal relativo distanziamento sociale.

 

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Il tendenziale calo dei consumi interni, parallelamente al deciso aumento della domanda statunitense ha fatto scivolare l’Italia al terzo posto tra i Paesi consumatori. Si beve meno, infatti, – il 26% di volumi ridotti rispetto a vent’anni fa – ma lo fanno praticamente tutti e in modo più responsabile: la media è di 2-4 bicchieri a settimana (Osservatorio Vinitaly 2019). Secondo i dati del Gambero Rosso (“I consumi di vino in Italia”, 2022), il 66% dei bevitori è costituito da uomini e la crescita maggiore nell’ultimo decennio (2021 sul 2011) si registra tra le donne: +2,3% la media nazionale rispetto al +9% per il gentil sesso. A sorpresa, però, i maggiori cambiamenti si registrano nelle abitudini dei cluster demografici che li compongono: se rispetto al 2011 i giovani tra i 18 e i 34 anni perdono in numerosità solo il 2,9%, è la fascia 35-44 anni a registrare la flessione più importante: -23%. A incrementare sono, invece, le fasce di età più mature: +11,4% dai 55 ai 64 anni e +19,3% dai 65 anni in su. In diminuzione, inoltre, il dato sui consumatori quotidiani che nel decennio passano da 14,9 milioni a 12,4 milioni (-16,8%) con un crollo del 31,3% per chi beve più di mezzo litro al giorno.

 

Andando ad analizzare in dettaglio la tipologia dei consumi, secondo i dati della Coldiretti (2021), ai vertici della classifica, il Lugana veneto e lombardo ha incrementato le sue vendite del 49% nel 2021, mentre il Brunello di Montalcino toscano ha fatto segnare un +47% e il Barolo piemontese un +43%. Ai piedi del podio, c’è il Sagrantino di Montefalco dell’Umbria (+42%), al quinto posto il Valpolicella veneto (+31%), mentre in sesta posizione c’è il Nebbiolo piemontese (+31%).

A chiudere la Top 10 ci pensano il Valpolicella Ripasso del Veneto (+31%), la Ribolla del Friuli Venezia Giulia (+30%), la Passerina marchigiana (+20%) e il Grillo di Sicilia (+20%).
Nella classifica delle regioni più wine addicted figura l’Umbria, che vanta la maggiore quota di consumatori rispetto alla popolazione (62%), seguita dalle Marche (60%) e – a pari merito con il 59% – Veneto, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta. A seguire, le 2 regioni rossiste per eccellenza – Toscana e Piemonte – con il 58%, mentre in coda ci sono le Isole: Sardegna (48%) e Sicilia (45%).

Con quasi 1/5 degli user, la Lombardia è in testa alla ripartizione dei consumatori per regione, seguita dal Lazio (10%) e dal Veneto (9%). Le denominazioni che hanno registrato l’aumento maggiore nelle vendite sono state il Primitivo di Manduria (+15%), il Franciacorta (+28%), il Prosecco (+36%) e il Trento Doc (+42%). In assoluto la denominazione che è cresciuta di più è l’Etna con un trend del +82% 9.

 

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Ci sono poi i cosiddetti “vini emergenti”, ovvero quelli di cui si sente parlare meno perché rappresentano, in termini di volumi, piccole ma consistenti percentuali.
Tra questi, in prima posizione c’è ormai stabilmente da qualche anno il Lugana, al quale fanno seguito il Primitivo di Manduria, la Passerina delle Marche, la Ribolla Gialla del Friuli e di nuovo la Puglia con il suo Negroamaro. Crescono anche notevolmente Grignolino, Cerasuolo, Refosco e Aglianico.

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