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Firenze è da sempre una città dedita al dibattito. Senza scomodare le faide interne e sanguinose legate ai Guelfi ed i Ghibellini, nel Rinascimento, periodo d’oro della cultura, le dispute più accese furono senza dubbio quelle di stampo intellettuale. Anche se ormai se ne è persa memoria, un conflitto che per più di due secoli appassionò le corti e gli artisti era quello sulla presunta superiorità di una disciplina tra pittura e la scultura. Questo dibattito molto acceso si trascinò per più di due secoli, e vide pronunciarsi in merito genii poliedrici come Leonardo da Vinci, e addirittura il coinvolgimento di Galileo come giudice di una sfida tra Pietro Bernini (padre di Gianlorenzo) e il pittore Ludovico Cigoli.

Quando alcuni anni fa apri Locale a Firenze, collocato all’interno di una delle residenze rinascimentali più belle del capoluogo toscano, ancora una volta la battaglia dialettica rinacque in città: chi consigliava di frequentarlo per l’estetica e l’armonia del posto (decisamente tra i più bei locali d’Italia e forse d’Europa a livello architettonico e di interni), chi per l’altissimo livello del cocktail bar, degno di divenire tappa obbligatoria per gli appassionati del bere miscelato.

Per fortuna nostra questa discussione non era destinata a trascinarsi per due secoli, e la risposta in poco tempo è diventata chiara a tutti: Locale merita di essere frequentato per entrambi i motivi e mille di più, ed il suo successo è legato all’armonia che si respira tra qualità ed estetica.

La nuova cocktails list del Locale, tra arti antiche e sapori nuovi

Pubblicata in queste ore, la nuova cocktails list si pone un obbiettivo più alto della sola soddisfazione dei sensi del cliente. Il menù sembra voler pacificare una volta per tutte le arti maggiori del rinascimento, riconoscendo ad ognuna il proprio merito e rendendo coralmente omaggio al genio fiorentino che da secoli incanta il mondo. Per capire meglio il percorso che ha portato a questa nuova mappa dell’esperienza gustativa, ne abbiamo parlato con i due creatori ed artefici, Andrea Fiore e Matteo di Ienno, che ci hanno raccontato come si arriva a versare l’arte in un bicchiere :

Andrea, Matteo, partiamo dall’inizio: Creare una carta cocktails così complessa, con una storia ed un’anima, non deve esser stato facile! Da dove si parte per creare un file rouge di questo tipo? dalle ricette dei cocktails o dall’idea che si vuole raccontare?

Matteo: Diciamo che intorno a dicembre dell’anno scorso abbiamo iniziato a creare alcune ricette, e già verso ad aprile avevamo una prima idea di quello che volevamo sperimentare in carta a livello tecnico e di ingredientistica. Da lì ci siamo messi a lavoro per far corrispondere quello che avevamo in testa con la narrazione complessiva della carta, allacciando ogni drink ad una storia fiorentina.

Andrea: Per arrivare a dare un senso corale alla nostra opera, abbiamo condotto uno studio approfondito sull’epoca del rinascimento, prendendo in considerazione le tre arti maggiori, e studiando anche qualche piccola connessione alle sette arti minori. La narrazione complessiva è sgorgata in maniera naturale, le volte abbiamo allacciato gli ingredienti alla storia, le volte il collegamento è con personaggi del periodo. Abbiamo cercato di  non cadere in “stereotipi”, andando a cercare attori dell’epoca meno conosciuti ma altrettanto importanti, come nel caso di Ruggero cuoco di corte di Caterina dei Medici e vero inventore del sorbetto.

Il menù è diviso in tre parti: pittura, scultura e architettura, le tre arti maggiori del rinascimento. Come avete deciso quale cocktail far ricadere in ogni categoria?

Andrea: La pittura è per sua natura più calda, morbida e floreale, per cui ci sembrava corretto accomunarla con cocktails che abbiano le stesse caratteristiche, ovvero quelli più dolci. La scultura invece è di per sé più marmorea, fredda al tatto, dritta nelle linee, e quindi ci sembrava sposarsi bene con un’offerta di bevuta più secca. L’architettura infine è la più complessa e pomposa delle arti rinascimentali, e l’abbiamo voluta accomunare con i cocktail più complessi a livello tecnico ed estetico.

Una cosa che sicuramente colpisce sfogliando la carta è che in questa cocktail list nulla sembra lasciato al caso, dalla ricerca della materia prima alle tecniche di preparazione…

Matteo: Abbiamo voluto inserire in questa cocktail list ogni singola tecnica di preparazione che esista nel mondo del bar, partendo dal rendere il solido gassoso tramite le affumicature, finendo con il rendere il liquido commestibile con le sferificazioni. Una ricerca tecnica molto stimolante, supportata anche da uno sguardo attento a quel che riguarda il mondo della cucina, che è sempre molto avanti per quel che riguarda l’innovazione, e da cui il mondo del bar ha sempre modo d’ispirarsi.

Andrea: A livello di ingredientistica il discorso non è dissimile. Abbiamo lavorato moltissimo per trovare gusti, sapori e consistenze provenienti da ogni parte del mondo. Nel Chiesa Granaio ad esempio, servito in un bicchiera a forma di mela, abbiamo inserito un frutto esotico poco conosciuto come lo Snake Fruit che con la sua buccia squamata ricorda un serpente, per completare una narrazione che parte da Adamo ed Eva e arriva fino a qui, nel Negroni di Colombo sono presenti tutti gli ingredienti che arrivarono in Europa a fine rinascimento con la scoperta delle Americhe: caffè, canna da zucchero, cotone e tabacco. Sono alcuni esempi, ma quello che ci teniamo a chiarire è che far coincidere l’equilibrio del coktail e quello della narrazione è stata senza dubbio una grande sfida.

E visto che nulla pare lasciato al caso, anche i bicchieri hanno la loro peculiarietà…

Matteo: Abbiamo lavorato per mesi con un soffiatore di vetro del Valdarno, perché ci piaceva che anche i bicchieri fossero figli della tradizione artigianale Toscana. Quasi tutti i contenitori ad oggi utilizzati per servire sono stati realizzati ad hoc per noi, e sono pezzi unici. Le uniche eccezioni presenti riguardano pezzi di altissima gamma provenienti da aziende storiche Fiorentine come Richard Ginori, che per altro si collega alla nostra narrazione tramite l’arte fiorentina della ceramica, un percorso che inizia con della robbia ed arriva fino a noi

Questa nuova proposta è figlia del lavoro di squadra. Com’è stendere una carta cocktail a due mani, più complesso o più semplice che lavorare da soli?

Andrea: I più grandi locali al mondo ad oggi hanno spesso due teste pensanti. Il confronto aiuta sempre a crescere. Sia io che Matteo non siamo più due novellini dietro il banco e questo porta sempre ad un confronto costruttivo, non solo tra di noi ma anche in generale. Crediamo molto nel lavoro di gruppo.

Matteo: Proviamo anche a coinvolgere i ragazzi dello staff nelle preparazioni fin dalle prime fasi. Questo lavorare in gruppo rende più forte l’attaccamento alle creazioni e crea anche quella componente di servizio fondamentale nello stile “Locale”. I nostri cocktail per capirli davvero hanno bisogno di una spiegazione, ed il fatto di avere un team affiatato, sempre disponibile a muoversi tra i tavoli tanto quanto a stare dietro il bancone, rende l’esperienza completa per il cliente.

Una carta così amplia mette di fronte al famoso “imbarazzo della scelta”. Da dove consigliereste di partire per assaggiare il nuovo menù?

Andrea: Dipende dall’esperienza e dal palato di chi arriva al banco. Difficilmente consiglierei un cocktail con il nero di seppia a chi non ama sperimentare. Il nostro punto di partenza è il gusto del cliente, e tramite una chiacchierata iniziale proviamo a capirlo e ad inserirlo prima in una delle tre macro categorie, e poi a seconda delle sue preferenze a guidarlo al cocktail giusto.

Cosa si prova quando dopo tanti mesi di lavoro finalmente il progetto diventa reale? Vi sentirete un po’ come  artisti del rinascimento che contemplano la loro opera finita…

Andrea : è la prima volta che ci lanciamo in un progetto così complesso, e (nonostante siamo davvero soddisfatti del lavoro finale) il percorso reale inizia solo ora! Il nostro obbiettivo sarebbe quello di portare la maggior parte dei clienti a sperimentare dalla carta. I classici ovviamente sono sempre ben accetti, ma vorremmo che questo luogo fosse un tempio della sperimentazione per gli avventori. Già ad oggi il 70-80%  delle ordinazioni proviene dai nostri signature, e la direzione ci pare quella giusta.

Matteo: Avendo la fortuna di lavorare in un palazzo rinascimentale, nella città simbolo dell’epoca, ci sembrava doveroso che la nostra opera prima fosse un omaggio alla storia!  La voglia di farla conoscere ora è sicuramente tanta, ed è inutile dirlo, una parte di noi sta già immaginando la carta che verrà dopo. Bisogna sempre sfidarsi e mettersi in gioco, sfidando le convenzioni. è proprio questo spirito che ha portato il Rinascimento a essere la grande epoca che è stata, una lezione che abbiamo avuto modo di studiare approfonditamente e che sicuramente abbiamo fatto nostra!

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