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La Ristorazione fuori casa è un mercato in evoluzione. Dopo il crollo dei consumi nell’anno della pandemia (2020) i consumi fuoricasa di food & beverage hanno recuperato negli anni successivi. Per il 2023 le vendite al consumo sono stimate da Tradelab intorno ai 99 Miliardi di euro mentre FIPE fa una stima più prudente intorno ai 92 Milardi di euro.

Rispetto all’anno pre- pandemico 2019 consumi fuoricasa di food & beverage del 2023 segnano un incremento del 16%. Se si tiene però conto del tasso di inflazione, la crescita dei consumi reali è stata più contenuta e comunque sufficiente per recuperare quasi a pieno i valori pre-pandemici. Il recupero dei consumi è dovuto sia al rimbalzo della domanda dei consumatori residenti sia alla spinta dal ritorno dei turisti stranieri in Italia, una componente -quest’ultima- sempre più importante della domanda complessiva

Con riguardo ai momenti di consumi vengono segnalati in crescita l’aperitivo e la prima colazione, mentre la pausa pomeridiana, il dopocena e la notte vengono segnalati in diminuzione. Pranzo e cena restano in ogni caso i momenti di consumo di maggior peso e valore.

I PUNTI DI VENDITA E SOMMINISTRAZIONE FUORI CASA

Secondo l’ultimo rapporto della ristorazione di FIPE e Confcommercio a dicembre 2023 erano 332 mila le imprese della ristorazione, in leggera contrazione rispetto all’anno precedente (-1,2%). Di queste, 132 mila sono bar, 195 mila ristoranti, take away, gelaterie e pasticcerie e ca 4 mila aziende che offrono servizi di banqueting e catering. A questi vanno aggiunti gli alberghi (ca 31 mila unità) che normalmente forniscono il servizio di prima colazione e alcuni anche di ristorazione. Infine, vanno aggiunti i distributori del vending per l’erogazione automatica di bevande e snack e altri alimenti fuori casa

Ma al di là dei nudi numeri, quello che si presenta alle soglie del nuovo anno è un settore mutato, resiliente e che vede una maggiore attenzione ai costi di gestione, alla digitalizzazione, alla sostenibilità e alla qualità del prodotto, abbinata ad una maggiore attenzione al consumatore. Se la domanda resta rigida (ai consumi fuori casa non si rinuncia) cambiano le richieste del consumatore, che avrà anche una minore disponibilità economica a seguito dell’inflazione.

Occhi puntati sulle catene di ristorazione, una rete fatta anche di tante mini catene indipendenti che se nel 2008 fatturarono 3,7 miliardi, nell’anno mobile chiuso a maggio 2022 sono arrivate a 6,6 miliardi con 500 operatori, 700 format e 10.000 punti di consumo, anche se con un peso sul totale del comparto del 9%. “Sono favorite dall’essere il comparto più moderno e dinamico della ristorazione italiana. I segmenti più cresciuti sono il fusion, la carne e la pizza”.

IL SISTEMA DI INTERMEDIAZIONE DISTRIBUTIVA NEL FUORICASA

Si è detto che il valore a consumo del food & beverage fuori casa ha raggiunto i 99 Milardi di euro.  Il valore, invece delle vendite che gli intermediari della distribuzione realizzano nella vendita agli esercenti (sell-in) è stimato da Tradelab intorno ai 30 miliardi di euro

L’ingrosso, rappresentato dai 3.400 grossisti tradizionali e da ca 360 cash & carry (ingrosso a libero servizio) fa la parte del leone, fornendo circa 2/3 del totale fornitura ai pubblici esercizi (più esattamente il 57% l’ingrosso tradizionale e il 17% l’ingrosso Cash & Carry) . Una parte sempre significativa della fornitura (14%) è assicurata direttamente dall’industria e per il resto i pubblici esercizi si riforniscono dalla GDO (soprattutto in occasione di particolari offerte promozionali) e da altre piattaforme.

Il settore ingrosso appare abbastanza polverizzato con la gran parte delle aziende che operano a livello locale. Sono comunque in atto, anche se in modo lento, fenomeni di aggregazione tra varie realtà e infatti il numero dei grossisti dovrebbe ridursi nel tempo. In ogni caso buona parte dell’ingrosso è associata in consorzi di distribuzione che assicurano la contrattazione di base con l’industria oltre ad alcuni servizi complementari (formazione, digitale, eventi speciali, ecc.) e alcuni addirittura hanno sviluppato una offerta specifica di prodotti a marchio privato del consorzio.

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Con riferimento specifico alle bevande, l’ampio mondo dei punti di consumo è, servito, non solo dagli oltre 1.800 grossisti specializzati beverage, ma anche da quei grossisti che, partendo da una specializzazione nel food o nel dolciario, tentano di integrare le bevande nei loro assortimenti. Si tratta di circa 450 grossisti Food, 230 grossisti Dolciari e più di 200 multispecializzati (così chiamati perché non hanno un settore merceologico nettamente prevalente): insomma, un nutrito gruppo di circa 880 operatori che propongono ai punti di consumo un’offerta integrativa nel beverage.

La categoria dei multi specializzati è  in aumento sia per la necessità dei grossisti food di allargare il proprio assortimento per compensare i cali di fatturato nella specializzazione di origine integrando, appunto, le bevande, sia per una tendenza da parte di una quota crescente di gestori di ridurre il numero medio di fornitori per ragioni economiche: tendere verso la “single source” di acquisto permette di minimizzare il costo di “relazione” e fare massa critica negli acquisti su un minor numero di fornitori (spuntando prezzi migliori!).

Fonti: Tradelab, Fipe, Itagrob, unioncamere e altri enti e  associazioni

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