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A Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, c’è un cocktail bar che affonda le sue radici… nelle radici stesse. Un tempio votato alle tradizioni, quello dell’esperto e creativo bartender Massimo Sandri, che non poteva che chiamarsi “Roots” visto il legame intrinseco con le suggestioni di un tempo che fu. Tanto dal punto di vista della proposta di miscelazione quanto da quello degli interni, del servizio e dell’esperienza complessiva di questo locale inserito in uno stabile del XVIII secolo.

Ci siamo stati di persona, a margine di una serata organizzata dal Gin vicentino 52 Mule Road, e abbiamo potuto toccare con mano questa realtà nata ormai cinque anni fa, oltre a farci raccontare il percorso professionale che ha portato Massimo Sandri e la sua compagna Sabrina Radulovic a creare qualcosa di veramente innovativo per Bassano e l’intero Veneto.

Massimo, come e perché ti sei avvicinato al mondo del bar?
“Se non ricordo male era il 1997, quando un po’ per gioco e un po’ per noia nel weekend cominciai a muovere i primi passi tra sala e banco di pub e birrerie. Il contatto con le persone, l’ambiente festoso, il lavoro dinamico… Fra me e il bar fu subito amore. Così, dopo un annetto circa, decisi di mollare il posto fisso in azienda e partire con destinazione Germania per la mia prima stagione lavorativa. E questo sogno, fortunatamente, continua ancora oggi”.

Qual è stato il percorso che ti ha portato fino al Roots?
“È stato un percorso fatto di numerose esperienze. In più di vent’anni nel settore ho potuto infatti lavorare e confrontarmi con tantissime realtà diverse, dalla discoteca al villaggio turistico, passando per l’hotel, fino al cocktail bar. Dove? Sardegna, Madonna di Campiglio, Jesolo, Lago di Garda, Sharm el-Sheikh e Milano, soltanto per citarne alcune. E poi c’è stata tanta formazione con altrettanto studio. Finché a un certo punto, assieme alla mia compagna Sabrina Radulovic, anche lei del settore da anni e parte fondamentale del progetto, abbiamo deciso di metterci in gioco e intraprendere una nuova avventura. Proprio così, ormai cinque anni fa, è nato il nostro Roots”.

Come descriveresti oggi la proposta del vostro Roots?
“La nostra è una proposta legata alle suggestioni di un tempo che fu. Radici, tradizioni, usi del passato… Non è un caso che il locale sia inserito in uno stabile risalente ai primi del 1700 con legno e pietre in gran parte originali. L’arredamento è stato curato da noi con pezzi recuperati nei mercatini dell’antiquariato, il sottofondo musicale segue il medesimo mood spaziando dallo swing al blues e la nostra miscelazione omaggia un periodo storico ben preciso con ricette dell’800, fra proibizionismo e postproibizionismo. Completiamo l’offerta con una selezione di nostri signature che prendono sempre come riferimento drink storici, ma rivisitati in chiave moderna. Offriamo anche una vasta selezione di vermouth, da degustare in purezza o in miscelazione. Stessa attenzione e ricerca dedichiamo al comparto spiriti e liquori, prediligendo però piccole realtà produttive, magari del territorio. Luci soffuse e candele completano e rendono ancor più immersiva l’esperienza di Roots”.

Qual è il signature che manifesta maggiormente il vostro stile di miscelazione?
“Come già accennavo, ci piace twistare i grandi classici come nel caso del ‘Canadian Breakfast’, old fashioned rivisitato con Rye whiskey lavorato in fat washing al burro di arachidi, maple syrup e gocce di cherry bitter’s. Oppure un bel punch a base di Mezcal, liquore Ancho Reyes, infuso di calendula messicana, lime e oleo saccharum di habanero. Si chiama ‘Tè de la muerte’ e non devo certo spiegarvi il perché (sorride, ndr)”.

Per saperne di più: www.facebook.com/RootsEst1717

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