Perché è elegante, potente e fiero: Rottensteiner abbandona la tradizionale erre che da sempre la rappresentava, per ricorrere allo stemma di uno stambecco e aprire un nuovo corso d’immagine. Hannes e Judith, esponenti della terza generazione della famiglia, danno così il via ad un processo che tra gli altri obiettivi ha quello di raggiungere il mezzo milione di bottiglie annue, dai 450.000 mila attuali.
“Non siamo un marchio, siamo prima di tutto persone”. Serviva quindi una svolta che da un lato ringiovanisse, e dall’altro riproponesse una storia lunga una vita: Rottensteiner è una famiglia numerosa e antica, risalente al quattordicesimo secolo. Il primo vino risale al 1530, mentre la storia recente è legata a doppio filo alla legislazione altoatesina. Il nonno di Hannes compra un proprio maso quando il fratello primogenito eredita quello familiare, secondo il vecchio sistema asburgico di successione. Negli anni ’30 inizia la produzione, nel 1956 la cantina passa al padre di Hannes che a sua volta la lascerà al figlio. “Volevamo riesaminare chi siamo, cosa e come lo vogliamo. Siamo viticoltori, lavoriamo con il terreno, ma siamo anche produttori”: il motore principale resta la tradizione, ma fortissimo è il desiderio di innovazione. E inutile dirlo, un legame viscerale con il territorio.
Sono infatti ventiquattro i vini proposti da Rottensteiner, tutti provenienti all’Alto Adige e dalle microzone relative. Un marchio che significa famiglia, trasparenza, onestà: “Quello che scriviamo è quello che vogliamo sia in bottiglia e lo abbiamo voluto esprimere con la nuova linea grafica”. Nero e oro i colori scelti, e una bottiglia personalizzata ottenuta in esclusiva per dieci anni da una vetreria d’eccellenza: un misto tra stile renano e bordolese, con lo stambecco impresso. “Deve esserci una riconoscibilità immediata tra il valore e l’immagine”, commenta Judith alla prima tappa della presentazione della nuova veste, al ristorante Al Maggese di Milano (seguiranno Roma e Bolzano). “Serviva un impatto forte, deciso e diretto”.
La gamma di Rottensteiner spazia in un crescendo di corposità e calore. A partire dalla freschezza del Kitz, un “vino giovane per giovani”, facile ma non banale. Inizialmente pensato per il mercato tedesco, ha poi ottenuto un riscontro positivissimo anche trai consumatori italiani, specialmente nella fascia under 35. Mineralità crescente con il Carnol e le sue note fruttate ancora più accentuate, fino a Pinot grigio e Chardonnay: morbidi, quasi cremosi, con il secondo foriero di un’aromaticità più marcata che meglio si sposa con il calore del carciofo proposto in degustazione. Piacevole la bevuta del Sauvignon floreale e del Gewurtztraminer, sebbene forse ancora troppo giovane per esprimere un potenziale comunque chiarissimo. Passaggio morbido con il Santa Maddalena, poi l’exploit: Lagrein Riserva, potenza assoluta, impattante al naso, pieno al sorso con sentori accattivanti di frutto di bosco. Si chiude con passito Cresta: elegantissimo, tranquillamente bevibile da solo senza alcun rischio di annoiarsi. Ottimi i prodotti, da oggi anche l’occhio avrà la sua parte.
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