Mai come negli ultimi anni si è parlato di renaissance della birra, in alcuni casi si tratta proprio di rivoluzione di stili, in altri di un affinamento di gusti e tendenze che arrivano dal passato.Dapprima furono gli Stati Uniti; a partire dagli anni ’70 l’esplosione dei birrifici artigianali, o “Craft”, come li chiamano loro, ha rivoluzionato il modo di intendere la birra, non più al singolare e identificata come una bevanda semplice, quasi banale, gasata e amara, da mandare giù fredda ghiacciata e possibilmente “a canna” dalla bottiglia, ma un prodotto decisamente più nobile, declinato in molti stili differenti, degno di grande attenzione nel servizio (a ogni birra il suo bicchiere) e in grado di abbinare ottimamente molti piatti (non solo la pizza, al singolare…), anche di alta cucina.
Un vero e proprio fenomeno culturale che ha accompagnato gli Stati Uniti dallo sconfortante dato della fine degli anni ’70, in cui erano meno di 90 i birrifici attivi, alla straordinaria crescita che non accenna a diminuire e che ha portato, nel giugno del 2013, a superare quota 2.500 unità produttive. Nonostante la realtà della birra artigianale in Italia si sia concretizzata solo nella seconda metà degli anni ’90, quindi con qualche decennio di ritardo rispetto agli americani, il fenomeno ha molti tratti in comune, ovviamente tralasciando l’aspetto numerico non comparabile.
Analoga è infatti la rivoluzione culturale, la rinascita di nuovi stili birrari, il nuovo atteggiamento verso una bevanda nobile e antica ma troppo spesso banalizzata da un errato approccio. I nostri birrai, come i colleghi d’oltreoceano, sono sperimentatori, innovatori, vanno alla ricerca di materie prime (spesso del territorio), sperimentano nuovi luppoli, vanno alla (ri)scoperta di vecchi stili ormai caduti in disuso. Questo fermento, partito dagli Stati Uniti e poi approdato in Italia e in Spagna, sta contaminando ora anche i Paesi di grande tradizione birraria come Belgio, Regno Unito e Germania.
Nel prossimo Salone del Gusto e Terra Madre, in programma a Torino dal 23 al 27 ottobre, treLaboratori del Gusto sono dedicati proprio a questa trasformazione: vediamo come il Belgio cominci a recepire il gusto amaro, finora piuttosto snobbato dai birrai, e come stiano prendendo piede luppoli esotici, spesso americani. Al contempo, il Regno Unito ripensa il concetto di cask ale creando nuove birre molto più moderne. La Germania, dal canto suo, rivede gli stili classici, introduce il passaggio in legno e riconsidera alcuni dei suoi dogmi storici. Un mondo in grande trasformazione, dove certamente l’innovazione dei movimenti artigianali sta cambiando, inesorabilmente, le regole del gioco.
L’Italia è un osservatorio privilegiato, perché le nostre aziende sono tra le migliori al mondo e i nostri birrai, non avendo il peso della tradizione come i colleghi tedeschi o belgi, sono molto più liberi di sperimentare e stanno certamente scrivendo quelle pagine che rimarranno nella storia birraria mondiale.
A cura di Luca Giaccone, curatore della guida alle Birre d’Italia Slow Food – www.salonedelgusto.it/la-renaissance-della-birra/
Per un’apia trattazione delle Renaissance birraria negli USA si rimanda allo specifico articolo di Lorenzo Dabove (in arte kuaska):
www.beverfood.com/documenti/birre-artigianali-americane-esaltante-avventura-renaissance-americana/