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Dalla fusione di Salone del Gusto e Terra Madre trae giovamento anche il grande universo delle bevande. Produttori di succhi, distillati, bibite e liquori provenienti dalle longitudini più remote incontrano appassionati e cultori che, attraverso le aree tematiche del Mercato e il ricco programma di Laboratori del Gusto, possono finalmente conoscere i segreti all’origine della loro produzione. Non solo accompagnamento al cibo, ma veri e propri alimenti, le cui ricette impiegano varietà di frutti, cereali e vegetali della biodiversità locale e le cui lavorazioni originali prevedono conoscenze e tecniche inimitabili dall’industria. Ecco qualche assaggio…


LE FORME DELLA FRUTTA NEL MONDO
Bibite, succhi e molte altre bevande di largo consumo sono associati a brand di grandi multinazionali e prodotti con ingredienti costruiti in laboratorio (conservanti, aromi artificiali, coloranti). In questa invasione di soft drinks, non è facile assaporare ancora i semplici preparati a base di frutta che, almeno fino all’era della grande distribuzione, offrivano ovunque l’opportunità di consumare i prodotti della terra freschi beneficiando delle loro qualità nutritive e organolettiche. Al Salone del Gusto e Terra Madre è possibile riassaporare quel gusto genuino grazie alle comunità del cibo e ai Presìdi Slow Food, agli chef e ai produttori di tutto il mondo: dagli infusi di frutti spontanei della Bielorussia, ai succhi di frutta selvatica delle isole Gandoul in Senegal, fino alla ricchezza del territorio brasiliano da dove provengono sciroppi e bevande a base di waranà, solo per fare qualche esempio tra i prodotti dei Presìdi. Tra i Laboratori del Gusto evidenziamo Que maravilha, quanta fruta hoje, giovedì 25 alle 19, con lo chef Beto Pimentel che a Bahia coltiva e utilizza la frutta sia per elaborare i piatti della tradizione – tra cui la moqueca – sia per accompagnarli con succhi e caipirinhe.

DALLA SIERRA LEONE ALLA PROVINCIA DI CUNEO
Tra i nuovi Presìdi internazionali presenti al Salone, la cola di Kenema dalla Sierra Leone è al centro del progetto di uno dei più noti birrai italiani: Teo Musso del birrificio Le Baladin di Piozzo (Cn). In Liberia e Sierra Leone la si può ancora trovare allo stato selvatico e il suo frutto si consuma durante riti e cerimonie o come ingrediente di una bibita tipica consumata durante il ramadan. La lunga guerra civile che ha dilaniato la Sierra Leone ha disgregato le comunità del territorio danneggiando anche il tessuto sociale retto da saperi e conoscenze ancestrali. In particolare, molti coltivatori di cola sono scomparsi in guerra o emigrati abbandonando le coltivazioni e interrompendo il passaggio di nozioni tra generazioni. Nel 2012 – grazie al progetto realizzato da Fondazione Slow Food e Fao – è nato il Presidio che coinvolge quasi 50 produttori, con l’obiettivo di rinsaldare le conoscenze sulla coltivazione e sull’uso della cola sostenendone la commercializzazione. In Europa, il primo ad apprezzare il prodotto e le finalità del progetto è stato Teo Musso, che al Salone presenta la Cola Baladin, bibita originale, di colore amaranto, composta da ingredienti di primissima scelta. L’iniziativa è valorizzata da una forte ricaduta sociale: parte del ricavato delle vendite andrà a sostenere il Presidio della cola di Kenema e il progetto Mille orti in Africa.

DISTILLATI: IL FASCINO DELL’AMERICA LATINA E LA TRADIZIONE BALCANICA
Nelle isole caraibiche, come in numerose aree del continente sudamericano, l’utilizzo dei fermentati ha un’origine millenaria. Prodotti grezzi e mediamente alcolici, queste bevande avevano nel passato soprattutto una funzione all’interno dei cerimoniali religiosi ma erano perlopiù sconosciute al resto della popolazione. La scoperta dell’America e gli scambi commerciali con il vecchio continente, ne hanno rivoluzionato storia e utilizzo: alle ricette locali gli europei hanno applicato le tecniche di distillazione elevandone i caratteri organolettici e la struttura alcolica. L’innesto della canna da zucchero operato dai colonizzatori nei paesi caraibici ha dato il via alla produzione delle varie tipologie di rum, divenuto presto celebre in tutto il mondo. Il successo di tequila, mezcal, rum e altri distillati, ha incoraggiato la produzione massiva che nel tempo ha alterato tanto le peculiarità dei prodotti quanto le autentiche ricette. Al Salone del Gusto e Terra Madre tre Laboratori del Gusto si concentrano sul rum, dal clairin di Haiti ai blend di rarissime selezioni, per spiegare, con l’ausilio di esperti, come degustare e apprezzare bottiglie eccezionali, mentre nell’area Oval dedicata all’America Latina, i produttori dell’Asociacion Pro-cultural de Mezcal (Messico) e i rappresentanti delle comunità del cibo spiegano ai visitatori come riconoscere, con un occhio all’intera filiera, i veri distillati artigianali. Tra le comunità segnaliamo le produttrici di liquori di Montevideo dall’Uruguay, cinque donne della cooperativa Viento del Sur del villaggio di Melilla, che coltivano in appezzamenti familiari frutti autoctoni come il butiá e il guayabo, con cui realizzano marmellate e soprattutto particolarissimi liquori; e i produttori di cachaça di Divinopolis dal Brasile con il giovanissimo Geraldo Maia, che segue con grande attenzione tutte le fasi della produzione: dopo la distillazione in alambicco, il prodotto viene invecchiato per due anni in botti di rovere scozzesi che gli conferiscono il tipico colore dorato. Attualmente la cachaça Ferrador è la prima certificata biologica dello stato di Minas Gerais. Sempre nel Mercato internazionale, grande spazio è dedicato ai Balcani, regione europea dalla quale proviene un distillato meno noto nel panorama internazionale ma altrettanto prezioso e interessante: la rakija. Diffusa in tutta la penisola con nomi e ricette simili, è ricavata dalla fermentazione e distillazione di frutta locale ed è ancora oggi una tradizione casalinga. Al Salone del Gusto e Terra Madre tre comunità del cibo presentano la loro ricetta: i produttori di Përmet dall’Albania, dove il raki è lavorato con una base di more di gelso, o di prugne e corniolo; dalla Macedonia i produttori di z’ta rakija di Tikvesh, un’acquavite della tradizione locale, prodotta con uva selezionata e di ottima qualità e distillata in botti di rovere; i molitori e frutticoltori della valle dell’Ibar dalla Serbia, che oltre a produrre mais bianco si dilettano con la rakija di prugne, mele, ciliegie e melograni, che vengono fermentati, distillati e lungamente invecchiati in botti di rovere.

LA TRADIZIONE GIAPPONESE DEL SAKÈ
Prodotto dalla fermentazione del riso con l’indispensabile ausilio della muffa aspergillus oryzae (koji), il sakè è una bevanda alcolica, non appartenente alla categoria dei distillati, dei liquori o delle acquaviti, e frutto di una lavorazione che, almeno nella sua versione originale, è composta da numerose tecniche e differenti fasi. Una bevanda antica e complessa: nello stesso Giappone, suo luogo di origine, esistono innumerevoli scuole di pensiero sulla catalogazione, sulla nascita e sulla corretta lavorazione di questo prodotto che, per caratteristiche, storia e qualità, è annoverato tra i più importanti e conosciuti del mondo orientale. Fedele bevanda di accompagnamento ai pasti della gastronomia nipponica, anche al Salone si presenta e si abbina ai piatti del sol levante. In Hakko no Sato: fermento giapponese, venerdì 26 alle 17, Terada Masaru di Terada-Honke, una delle più antiche case di produzione giapponesi, racconta il metodo di lavorazione del sakè, mentre diverse tipologie del fermentato sono a confronto nel Laboratorio di domenica 28 alle 12, La rete di Terra Madre: Tohoku e i sakè: Haruo Matsuzaki, esperto di sakè, e Nami Fukutome, giornalista gastronomica, guidano una degustazione con sakè provenienti dalla regione di Tohoku, una zona duramente colpita dal terremoto del 2011, che ne ha compromesso la produzione e messo in crisi il settore agroalimentare. I prodotti in assaggio sono delle aziende Otokoyama, Hoyo, Urakasumi e Ninki’ichi. I sakè di quest’ultima sono presenti per tutta la durata della manifestazione nell’area dell’Oval curata da Slow Food Japan.

BARTENDING
Dopo il successo del Cocktail Bar all’edizione 2010, l’avvicinamento alle pratiche del bartending moderno e alla mixology si completa quest’anno con un ricco programma di Laboratori del Gusto dove, insieme ai cocktail, sono protagonisti il design, la tradizione, il gioco, le tecniche e il gusto grazie alle originali esibizioni dei più noti e spericolati bar tender italiani. Si inizia domenica 28 alle 19,30, con Amara Italia: cocktail bitter da Torino a Marsala, un itinerario alla scoperta degli amari di casa nostra in compagnia di Tommaso Cecca, barman del Trussardi Cafè di Milano. La mixology è invece il focus di due appuntamenti di lunedì 29. Alle 14,30, Simone Caporale: spiriti londinesi dal ‘700 al ‘900 è l’occasione per scoprire, insieme al barman dell’Artesian del Langham Hotel di Londra, ingredienti, usi e tradizioni per conoscere storia e curiosità del bere miscelato anglosassone. La mixology secondo Dario Comini, alle 17, vede protagonista il precursore della molecular mixology, barman del Nottingham Forest di Milano, che presenta l’originale mix tra gioco, design e piacere per il palato.

Il Salone del Gusto e Terra Madre è anche sede della fase finale del tradizionale concorso nazionale di cocktail, riservato a barman e barlady iscritti alla Confesercenti. Quest’anno, i finalisti si confrontano nella preparazione di drink utilizzando i prodotti tipici del territorio da cui provengono. Il riconoscimento si assegna nella giornata di lunedì 29.

+info: Ufficio Stampa Salone del Gusto e Terra Madre: Fax – – – www.slowfood.it

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