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Partito dall’Italia nel 2008, Salvatore Castiglione ha conquistato cuore e palato dei francesi per anni prima di decidere di tornare in Patria. Nel 2015 il ritorno, e la chiamata di Bruno Barbieri per prendere le redini del bar del Fourghetti, il suo nuovo ristorante di Bologna.
È solo l’ultimo traguardo di una carriera costellata di grandi risultati, ma anche di creatività e voglia di innovare. Oggi al Fourghetti sperimenta nuovi abbinamenti, in un matrimonio sempre più felice tra alta cucina e miscelazione.
Salvatore, nella tua carriera hai avuto modo di lavorare all’estero, partendo da Cannes fino ad arrivare a Parigi, una delle capitali mondiali per quanto riguarda la qualità e la ricerca nel mondo dei bar e della ristorazione. Com’è stato rientrare in Italia? Pensi che la cultura della miscelazione nel nostro paese sia paragonabile a quella internazionale o c’è ancora strada da fare?
C’è ancora strada da fare in Italia, ma negli ultimi anni si è cresciuti molto anche qui da noi. Quando sono tornato ho trovato una vera evoluzione nel mondo della mixology, con una crescente professionalità e attenzione ai dettagli. Basti pensare alla reperibilità di certe etichette… prima era difficile trovare alcuni distillati, perché le distribuzioni non erano organizzate per l’importazione di prodotti di nicchia come lo sono oggi. Ma anche le scuole di formazione hanno alzato molto il livello. Questo ovviamente ha aperto nuove prospettive.
Consiglieresti ad un giovane interessato a fare il tuo lavoro un’esperienza all’estero?
Consiglierei a chiunque, anche da adulti di partire almeno un periodo durante il proprio percorso professionale, sono esperienze che arricchiscono, soprattutto per la serietà e la professionalità che si possono apprendere solo in alcuni locali di altissimo livello.
Ad esempio, è reputato normale all’estero avere una chiara organizzazione dietro al banco, e l’avere dei ruoli ben definiti. In Italia è ancora difficile che un capo barman abbia a disposizione un back o un aiutobarman… all’Armani Cafè di Parigi avevo sempre entrambe le figure, più spesso un runner o due. Il ruolo del barman all’estero è paragonabile a quello di uno chef in cucina, o di un caposala di un ristorante stellato. Qui da noi questa visione comincia a esserci solo negli ultimi anni, io ho già una posizione privilegiata lavorando in un posto dove si riconosce l’importanza della professione.
Il Fourghetti mi ha da subito messo in condizione di lavorare al meglio, grazie a Chef Bruno Barbieri, e alla proprietà nella persona di Silvia Belluzzi, che mi hanno dato sia disponibilità per acquistare prodotti di un certo tipo (che vuol dire investire capitale), sia lasciandomi organizzare per quanto riguarda il personale. Ma questi locali sono ancora rari qui da noi…
Al contrario, consiglieresti a un bartender italiano di ritornare in Italia oggi?
Dal punto di vista retributivo è ancora difficile in Italia pareggiare con l’estero,anche per ragioni fiscali che spesso incidono molto. Stesso dicasi per le tipologie di contratto. Io sono rientrato legato a una proposta seria, ma lo consiglierei e sconsiglierei al tempo stesso. Tra qualche anno potrebbe essere diverso, la situazione sta migliorando molto.
Oggi lavori al Fourghetti, il ristorante bolognese di chef Bruno Barbieri. È possibile per te azzardare un parallelo tra l’alta cucina e i suoi trend, e la mixology? Ad esempio, nella ricerca delle materie prime, o parallelamente nella curiosità dei clienti nella ricerca di nuovi sapori
Dalla ricerca che viene fatta in cucina si può carpire e imparare. gli abbinamenti e i contrasti fatti dai grandi Chef, negli ultimi anni sempre più estremi, sono fonte continua di ispirazione. Affumicature e riduzioni ad esempio sono diventate tecniche usate dai barman. Negli ultimi anni ci siamo avvicinati anche nella ricerca delle materie prime, dalle spezie alle botaniche fino alla frutta. E i consumatori sono incuriositi e disposti a spendere di più per bere meglio. Noi lavoriamo anche molto nell’abbinamento tra cocktail e alta cucina. Questa settimana abbiamo avuto almeno dieci cene complete in cui è stato abbinato a ogni portata un piccolo drink. Ad esempio con le tartare di pesce lavoro con dei bitter fatti da Baldo Baldinini, che fa prodotti strepitosi e ha lavorato anche con Ferran Adrià. Abbiamo creato insieme dei bitter aromatici al dittamo (che ricorda un po’ l’origano), che abbino con ostrica, yuzu e pomodoro pachino fresco. Ne viene un sour speziato e limonato molto particolare
Per te vale più la tecnica o l’estro creativo ed artistico?
La creazione è qualcosa che si ha innata. Ma i creativi sono sempre un po’ sregolati, e devono trovare il giusto equilibrio. Lo dico sempre ai ragazzi giovani, non serve niente fare un mese da top player e poi essere esauriti.
Raccontaci uno dei tuoi cocktail, e la storia di come è nato
L’altro giorno sono partito da Venus, la birra Nera al riso Venere di Hordeum, e l’ho ridotta con dello zenzero, ottenendo una densità simile all’aceto balsamico.
La riduzione derivata ha un forte sentore di birra scura tostata, ma con una nota piccante derivante dal ginger. Ho fatto una lavorazione con un bitter artigianale particolarmente amaricante, e con una parte di Vermouth alla menta. In chiusura un’aggiunta di birra scura. L’abbiamo abbinato e servito con carne di cervo, il risultato è stato eccezionale.
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