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Salvatore Longo, quando la Mixology Siciliana vuol dire qualità, tra Farmacognosia e Zagare


Catania è una città straordinaria, una vera e propria gemma non solo del Sud, ma a livello Italiano. Negli ultimi anni, girando per il nostro paese poche città mi hanno positivamente colpito come il capoluogo siciliano; la vita della città pare muoversi in un perfetto equilibrio di turisti, studenti e residenti, in una cornice di rara bellezza.

Solo una cosa mi ha disturbato durante il mio breve soggiorno, ed è stato un volantino. Passeggiando nei dintorni del Teatro Massimo, nel cuore della movida Catanese, mi è capitato tra le mani un flyer che recitava così:

Senza voler fare i gourmet a tutti i costi, e ben capendo che in una città universitaria il prezzo e il contenuto alcolico sono due elementi trainanti per la scelta del locale, mi è dispiaciuto che la proposta in città fosse solo questa. Mi sono messo allora ad indagare, per scoprire dov’è che a Catania la Mixology riesce ad esprimersi al meglio.  è così che ho scoperto Boheme e di conseguenza Salvatore Longo. Ma soprattutto è così che ho trovato i sapori della Sicilia e del Mediterraneo in un bicchiere

Salvatore, sei il primo Bartender del Siciliano intervistato da questa rubrica. Al tempo stesso sei sicuramente un gran conoscitore della realtà Italiana visto che viaggi molto. Che differenze vedi tra la tua Terra e il resto d’Italia a livelli di miscelazione?

Intanto vi ringrazio, è un piacere essere il primo Siciliano, ma spero assolutamente di non essere l’ultimo visto che il livello della Mixology sulla nostra isola sta crescendo moltissimo. Ho la fortuna di viaggiare molto, e questa cosa mi ha dato modo di vedere più stili, più locali e (non dimentichiamolo mai) anche più tipologie di clienti. Il panorama Italiano secondo me è ad oggi molto uniforme, in tutte le regioni d’Italia. Parlando nello specifico della mia regione, ma il discorso si potrebbe allargare al Sud, noto che la potenzialità sarebbe altissima, perché c’è una fame di conoscenza e di cose nuove, di nuovi stimoli, ma dall’altro lato è una guerra costante contro una mentalità che per decenni è stata abituata a ricercare più la quantità che la qualità. Il nostro lavoro è anche quello di spiegare i criteri di valutazione e le tecniche che stanno dietro al bartending. In Sicilia noi abbiamo d’altro canto una spinta territoriale fortissima, in quanto è proprio la nostra terra a fornirci materie prime di livello stratosferico. Frutta, erbe, spezie, tutto il nostro terroir sembra essere nato per esaltare il palato umano.  Anche del fenomeno del riscaldamento globale, in Sicilia abbiamo saputo trarre il meglio. Grazie allo spostarsi della fascia tropicale qui ora cresce molta frutta che prima non avrebbe potuto. 

 

Parlaci un pò di te, da dove è iniziato il tuo percorso da bartender e come ti ha portato fino alla Boheme?

Io ho iniziato 10 anni fa, cominciando dalla sala di una gelateria. Volevo inizialmente solo rendermi autonomo lavorando, ma in breve tempo la passione per il bar mi ha contagiato. Il motivo principale? Il contatto con l’ospite, la possibilità di avere un vero e proprio confronto. In contemporanea frequentavo l’università, che pagavo grazie al mio lavoro, e nel mio percorso di studi ho studiato chimica farmaceutica, biologia, botanica, farmacognosia: tutte materie che avevano una base applicabile al mondo del bar. Mi sono reso conto che i miei due percorsi si stavano intersecando in maniera del tutto inaspettata. Il mezzo era diventato lo scopo, e quindi ad un paio di esami dalla laurea (che comunque miro ancora a terminare) ho deciso qual era la mia strada.  La miscelazione altro non è che la chimica del gusto. All’inizio ho lavorato in moltissimi locali del Catanese, viaggiando tanto nel mio tempo libero per crescere con corsi di formazione in tutta Europa, fino al giorno in cui con il mio socio, Bruno Arena, ci siamo seduti intorno ad un tavolo e abbiamo deciso di creare il cocktail bar dove noi stessi avremmo voluto andare a bere. Nasce così Boheme, quello che a me piace definire un “salottino della miscelazione”. Infatti sia per dimensioni ed aspetto, sia per drink list, è un locale che si presta ad un ambiente intimo, un rapporto diretto tra bartender e ospite, che per noi è parte della miscelazione in se stessa. È stata la prima realtà di questo tipo del catanese, nel primo periodo è stata dura, ma dopo due anni e mezzo i risultati si vedono, i clienti ci riconoscono.

 

Tu sei anche brand ambassador Molinari, un prodotto di assoluta eccellenza e fama, che spesso si porta dietro la fama di “difficile” in miscelazione. Eppure tu spieghi come usarlo in ottimi cocktail in tutta Italia e pure all’estero. Ti va di raccontarci qualcosa in più su questo mondo?

Partiamo dal dire che l’anice caratterizza il mediterraneo e la sua cultura da sempre, ed è presente nella tradizione liquoristica di tutti i popoli che affacciano sul Mare Nostrum, dal Pastis Francese all’Ouzo Greco fino appunto alla nostra Sambuca. Molinari nello specifico però ha fatto qualcosa di stupendo,  è riuscito a cambiare il percepito di una categoria merceologica portandola nella contemporaneità senza rinunciare alla propria identità. Il fatto che sia difficile da utilizzare è una leggenda (così come chi dice che è difficile far qualità al Sud), speso chi lo sostiene non ci ha mai nemmeno provato o non si è mai soffermato a pensarci veramente. Dagli anni ’50 della bevuta liscia all’utilizzo attuale nella mixology, l’evoluzione è stata lunga, ma non scordiamoci mai che gli aniciati sono da sempre presenti nel mondo dei cocktail, anche indirettamente attraverso l’assenzio. Qualche esempio? Il Sazerac oppure nei Tiki si può citare lo Zombie. La miscelazione della Sambuca ha bisogno solo di essere bilanciato, bisogna saperne valorizzare la componente zuccherina, con altre note acide o amare. È ovvio che la nota dell’anice sarà presente, ma questa è la conditio sine qua non, rinunciarci sarebbe come voler coprire il torbato in uno scotch. Ricordiamoci che tantissimi prodotti che oggi si usano come ingredienti di cocktail, come in Vermouth, sono nati per essere bevuti lisci. La storia dei prodotti è una continua evoluzione, basta avere il coraggio di sperimentare.

 

Per te che vieni dal mondo delle scienze, vale più la tecnica o l’estro creativo ed artistico?

Per me l’uno è necessario ed indispensabile all’altro. Sono le due componenti di un fiore. La tecnica è lo stelo, l’apparato radicale e le foglie. Le cose che ne permettono il sostentamento, permettono la fotosintesi, apportano acqua e linfa al bulbo principale che diverrà il fiore che nel nostro caso è l’estro creativo. Tu hai bisogno di una base tecnica, per far si che il tuo estro creativo sbocci e diventi un bellissimo fiore. Il drink, il locale e lo stesso bartender sono elementi fondamentali in un ecosistema che da il prodotto finale.

 

Raccontaci uno dei tuoi cocktail, e la storia di come è nato…

Mi piacerebbe raccontarti il drink con cui ho vinto bartendency. È un twist di un aviation, creato nella finale della competition. Eravamo rimasti solo in 2 e dovevamo scegliere un riferimento a caso, come ad esempio “Palla di Cannone” o “Kentucky Derby”, che sarebbe servito a stabilire un cocktail di cui fare un twist. Io scelsi la “Violetta”. Quindi mi fu assegnato un twist sull’aviation. Mentre aspettavo il mio turno, guardando fuori dalla finestra notai un albero di arance, che lì a Roma mi sembrò un segnale inviatomi direttamente dalla mia terra. Decisi dunque di utilizzare una tintura di Zagara che avevo portato con me. Iniziai il drink utilizzando il lime per la componente citrica per “sbilanciarlo”, poi ovviamente Molinari, la violetta, un bitter home made a base di scorze di arancia amara e una nota di peperoncino nostrano siculo.  Per chiudere una vaporizzazione fresca di Zagara sulla coppa, che risulta poi essere l’ingrediente fondamentale, che va a creare un dualismo tra il naso che è conquistato dalla nota dolce e floreale del fiore, con l’assaggio che è aspro con note fresche finali. Una scommessa dedicata alla mia Terra e in particolare all’Etna, che mi ha saputo, anche in quel caso, proteggere e portar fortuna anche lontano dalla Sicilia.

Salvatore Longo su FB:

Bohème Mixology Bar:
www.bohememixologybar.com/

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