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“Abbiamo colto un’occasione, nel vero senso del termine. Ci si è presentata un’opportunità irripetibile, quella di voler far ripartire un birrificio importante in una realtà come quella di Fiumicino, davvero molto complessa. E abbiamo accettato questa sfida. Ora dobbiamo lanciare sul mercato un marchio nuovo. Non più Birradamare che fa parte del passato ma Birrificio Primo, un brand capitolino. E per entrare subito nel gradimento dei consumatori ci serviva un front end di qualità, rappresentato dal locale Primo San Lorenzo. Parliamoci chiaro, in Italia ci sono pochissime realtà e ancor meno di livello che possono vantare una produzione di birra artigianale direttamente connessa con il consumo al pubblico in un’offerta articolata in un ristorante di livello. Tra queste ricordo Baladin. Siamo molto ambiziosi. E la carta con cui vogliamo rilanciare sul tavolo da gioco è un impianto produttivo dalla capacità di oltre 1 milione di litri di birra all’anno. Siamo in attesa di risolvere le ultime lungaggini burocratiche, e se tutto fila liscio, entro fine ottobre saranno rilasciati i primi fusti”.
Mostra un grande entusiasmo Andrea Angelini nel rivelare l’imminente operatività del Birrificio Primo. Un’ ambiziosa sfida quella che lo vede, coinvolto nel lancio di un marchio che nasce dalle ceneri di Birradamare, storico birrificio del litorale romano acquistato quasi un decennio fa dalla multinazionale Molson Coors che un paio d’anni fa aveva poi disinvestito e licenziato in blocco tutto il personale.
Nella nuova avventura, una parte di rilievo la svolge il locale romano Primo San Lorenzo dove Angelini, insieme ai soci Luca Moretti ed Elisa Morbiato propongono una cucina di qualità che punta sull’eccellenza delle materie prime e sul plus dell’homemade in tutte le preparazioni dalle salse all’hamburger.
Sul futuro immediato Angelini non ha dubbi: “Partiremo con tre o quattro tipologie di birra, per avere una forte riconoscibilità sul mercato. Puntiamo in primo impatto sull’horeca ma cercheremo nel futuro di mixare i canali distributivi con l’orizzonte di approdare nella GDO mantenendo comunque un prodotto qualitativamente importante. Il mercato della birra artigianale è stazionario perché c’è tanta concorrenza. Però avere un impianto che dal punto di vita della compliance e della qualità è rilevante, ereditato dalla multinazionale americana precedente è un plus non indifferente. In fin dei conti vuol dire giocare molto sull’economia di scala. Molti birrifici hanno limiti di spazio e tecnologia mentre il nostro impianto è quasi tutto Industry 4.0, governato da un computer e da tecnologie di ultima generazione. Questa digitalizzazione governata da un responsabile di produzione, termine più appropriato di mastro birraio, renderà molto più fluide le operazioni che caratterizzano quella che si configura come l’attività di una vera industria di processo. In termini semplici equivale ad andare sul mercato con maggiore competitività rispetto ai piccoli birrifici. Se questi possono far maturare 40.000 litri all’anno, per noi questi sono i volumi settimanali. Un grande driver è indubbiamente il nostro locale, aperto da pochissimo ma che ha già raggiunto un alto tasso di fidelizzazione nella clientela. E ci fa ben sperare nel futuro. Gli ospiti sono per lo più compresi in una fascia d’età tra 25 e 40 anni, dunque se riusciamo a far breccia nelle loro preferenze ci gradiranno per molto tempo”.
E indubbiamente l’offerta di Primo San Lorenzo, dove si potrà presto gustare la birra del Birrificio Primo, seduce grazie a un menu in grado di soddisfare i palati più esigenti. Come spiega Luca Moretti: “Vogliamo proporre a Roma, in un quartiere contrassegnato dalla presenza di artisti, creativi ed universitari, l’idea di un locale che si sviluppa sul doppio binario e della cucina di qualità. Non può essere ingabbiato in una rigida definizione, non è né un semplice pub visto il livello del servizio o un ristorante classico data l’assenza dei primi piatti. Il nostro filo conduttore è l’artigianalità e la ricerca che parte dai fritti resi più golosi da una panatura grossolana agli smash burger. La carne viene lavorata direttamente da noi, macinata e marinata ed esaltata da condimenti homemade. Anche le cotture esigono una certa importanza. Penso ad esempio al San Lorenzo Chicken, dove il pollo viene in precedenza cotto a bassa temperatura così trattiene tutti i liquidi rimanendo più morbido e successivamente panato e fritto, servito con fonduta di pecorino, peperoni arrosto e pancetta tesa. Mentre per quanto riguarda la pizza, abbiamo scelto un mix di farine, mais, frumento e soia ad alta idratazione, dal 70 all’80% e una lievitazione che non scende sotto le 120 ore. Quindi estrema digeribilità, migliorare la digeribilità. Sul condimento poi non transigo. Deve essere eccezionale, dalle alici di Cetara al pesce spada affumicato al faggio, passando per il prosciutto di suino nero o al prosciutto crudo di Bassiano. Un lavoro i cui dettagli vogliamo far arrivare al cliente. Non a caso lavoriamo tanto sulla formazione del personale di sala che deve avere un alto grado di competenza”.
Il locale si presenta come un classico loft dall’aria londinese, arricchito da lucernari e materiali come ferro e legno, divani chesterfied, impianti di aerazione e cucina a vista.
L’ambiente è un omaggio alla convivialità dallo stile industrial chic con la sua atmosfera accogliente e originale grazie ai tavoli sociali, alcuni dei quali realizzati con materiali di recupero. Di grande impatto il bancone di ben 14 metri, con posti a sedere e 12 birre alla spina che permette di godere la cena direttamente vista bar per un approccio diretto con il barman. Aperto dalle 10 del mattino fino al dopocena, ma con in cantiere il brunch nel weekend, durante la settimana ospita serate tematiche con musica jazz live, pianobar e djset.
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