Il vino spesso si intreccia alla storia e ai luoghi simbolo di una zona. Esempio calzante la storia di un vino molto particolare, il Sassella San Lorenzo della cantina Mamete Prevostini. Un vero e proprio Clos come direbbero i francesi, a 450 mt nell’area del Valtellina Superiore Sassella Docg in località Sant’Anna, con il singolo vigneto racchiuso dalle antiche mura del Convento San Lorenzo che domina la città di Sondrio. L’occasione per un approfondimento sulle annate di questo vino è stata una verticale organizzata dall’Associazione Italiana Sommelier di Milano lo scorso 19 marzo, davanti a una platea attenta e curiosa di una cinquantina tra professionisti e appassionati.
VALTELLINA AMBASSADOR
Serata da ricordare: sul palco insieme a Mamete Prevostini, la Sommelier e relatrice Ais Sara Missaglia, milanese che ha nel cuore la Valtellina per i tanti anni passati nel suo buen retiro esitivo di Teglio, un’ambasciatrice perfetta del territorio simbolo della viticoltura di montagna. “Questa è un’occasione unica, dal sapore storico, tra sacro e profano, dove non mancheranno le emozioni”. Si parte con una carrellata storica che ha raccontato la Valtellina del vino da Leonardo Da Vinci ai giorni nostri, fra tradizioni culinarie e territorio. La terra non mente mai. Un concetto riduttivo per un territorio dominato da rocce, con influenze profondamente mediterranee come il fico d’india. Guardando la cartina della regione balza subito agli occhi una striscia verde tra due montagne che si aprono in una valle asimmetrica che corre lungo la statale 38 di fianco al letto del fiume Adda, una grande muraglia di muretti a secco che si estende per 42 km lungo una costa soleggiata. Se il concetto di sottozona è particolarmente penalizzante dal punto di vista delle comunicazione, questi Cru come direbbero i cugini sono delle zone particolarmente vocate per la coltivazione delle vigne di eccellenza, cinque menzioni geografiche aggiuntive che proiettano la Valtellina nel panorama di qualità del vino italiano. Basta un dato: si tratta dell’unica zona di montagna ad avere due Docg, il Valtellina Superiore che ottenuto il riconoscimento nel 1998 a cui è seguito lo Sforzato di Valtellina nel 2003, mentre la Doc Rosso di Valtellina risale al 1968. Non è una valle sperduta, nell’antichità era un crocevia importante, uno snodo cruciale per il commercio europeo, una terra in movimento tra Venezia, Milano e Parigi. Oggi anche se la Brenta è high-tec, la raccolta rimane sempre manuale in un terreno prevalentemente sabbioso poggiato sulla pietra con una rete di 2.500 km di muretto tra sostegno e calore, dal valore inestimabile, che il 28 novembre 2018 è stato iscritto Patrimonio Immateriale Unesco in una candidatura transazionale con altri sette stati europei e muretti famosi come quelli delle Cinque Terre e di Pantelleria.
PADRE SPIRITUALE VIGNERON
E’ il 19 marzo, la festa del papà, Mamete potrebbe essere considerato il padre spirituale di tutti i giovani vigneron valtellinesi odierni. “I giovani stanno tornando in vigna, negli ultimi 10 anni in Valtellina le aziende registrate al Consorzio che imbottigliano sono passate da 31 a 58, tutte quelle nate hanno un’età media del titolare under 35, con la soddisfazione di realizzare un prodotto unico, non si parla di viticoltura eroica ma di un vino eroico che non viene prodotto in nessuna altra parte al mondo in questa maniera”. Racconta dei suoi inizi, di quando volle mettersi a tutti i costi a fare vino, in un periodo in cui da queste parti era frequente l’abbandono della vigna. “Erano gli anni della crisi del mercato svizzero che aveva sempre assorbito storicamente il vino valtellinese come un contingente, venivamo da una stagione non facile per tutto il mondo del vino in Italia con lo scandalo del metanolo. Dopo la scuola enologica e l’esperienza come enologo in un’importante cantina valtellinese avevo intuito le potenzialità del vino valtellinese che doveva riconquistare il posizionamento in nuovi mercati, grazie a un vitigno blasonato ma difficile come il Nebbiolo, che è precoce come germogliamento ma tardivo come maturazione e a seconda di dove viene coltivato da risultati differenti. In Valtellina ha trovato espressione non nella potenza ma nella finezza e nell’eleganza del tannino”. Un imprenditore vinicolo con una visione sostenibile e attento all’innovazione, come dimostra il progetto della cantina certificata Casa Clima Wine a Postalesio, con l’utilizzo di materiale bio e con una produzione di energia alternativa che soddisfa il fabbisogno del 70/80 %, una struttura a forma di parallelepipedo dove vengono svolte le fasi di pigiatura, fermentazione e affinamento. “Serve un fiammifero per scaldarla e un cubetto di ghiaccio per raffreddarla”.
La cantina Prevostini è uno dei pochi esempi di un’azienda che è sorta dalle basi di un’attività di ristorazione e non viceversa, antesignani di un concetto di agriturismo e wine bar. “A casa mia ho sempre masticato di vino, sono nato con le mani nel vino inteso come produzione per il ristorante di famiglia dove di consumava vino sfuso, sono stato io che dal ‘96 ho iniziato a imbottigliare, uno dei pochi esempi di una cantina nata da un ristorante e non viceversa. La mia famiglia aveva un antico crotto del 1767, che ha la particolarità di avere una temperatura costante intorno ai 14° sia d’estate che in inverno grazie al Sorel che soffia e da questa ventilazione naturale, utilizzato in passato come frigo per formaggi salumi, mentre oggi è diventato la biblioteca delle annate storiche della mia cantina”.
SUOR LUDOVICA
Focus sul Sassella San Lorenzo. Non un vino come tutti gli altri, visto che prima veniva vinificato dalle suore della Santa Croce dell’ordine di Menzingen del convento di San Lorenzo, in particolare da Suor Ludovica, oggi quasi novantenne che ha passato la sua vita tra quei filari. “Ricordo ancora quando ho conosciuto Suor Ludovica, era tra gli anni ’99 e 2000, stavo facendo i primi passi importanti con l’attività della mia cantina, mi chiese qualche consiglio per migliorare la loro produzione di vino che era sempre stata gestita nelle cantine sotto il Convento San Lorenzo”. Anni di buoni rapporti e collaborazione, nel 2001 Mamete Prevostini inizia una sorta di consulenza dove ha modo di vedere la cura e la passione che le suore mettevano in vigna e in cantina. “Era una lavorazione manuale e quasi maniacale visto che Suor Ludovica in quel vigneto ha passato tutti i giorni dell’anno alternando il lavoro in vigna alla preghiera. Quando qualche tempo dopo ci è stato chiesto dalla Madre Superiora di prendere in conduzione il vigneto siamo stati molto rispettosi del lavoro di tanti anni fatto in quel vigneto così speciale”. Una zona quella dove sorge il Convento San Lorenzo che domina Sondrio, da cui si ha una delle viste più suggestive di tutta la vallata, tanto che la località è chiamata Bellavista. Esposizione solare perfetta e microclima unico, quasi mediterraneo.
VERTICALE SASSELLA SAN LORENZO
Le prime due vendemmie della cantina Prevostini al vigneto San Lorenzo sono state le annate 2005 e la 2006, dal 2009 invece dopo i lavori di reimpianto è stato ammodernato il vigneto con dei nuovi cloni di Nebbiolo, nella serata milanese in degustazione anche i millesimi 2010, 2011 e 2013, oltre a un fuori programma con l’annata 2016 non ancora in commercio. “Le differenze tra le diverse annate sono evidenti, sembrano quasi dei vini diversi e ci permettono di capire le grandi potenzialità del nuovo stile di Nebbiolo valtellinese molto più improntato all’eleganza e alla finezza rispetto ai vini che venivano prodotti sino a una quindicina di anni fa molto più opulenti e strutturati. L’esperienza del vigneto San Lorenzo credo che sia unica nel panorama valtellinese e sarò sempre grato a Suor Ludovica che vado a trovare almeno una volta all’anno per averci tramandato una storia importante”. Nel panel si distingue l’annata 2009, forse solo un caso perché è stata la prima annata del nuovo San Lorenzo. Uno dei vini più premiati della cantina Prevostini, un vino unico che sta ottenendo un grande riscontro sia dalla critica ma anche dal mercato, con il consumatore che sempre più predilige vini eleganti e fini. Il colore è rosso granato con unghia aranciata, al naso sentori speziati, balsamici, ma anche note fruttate e floreali. In bocca avvolgenza, un tannino vellutato che accarezza il palato e torna con una spinta retronasale, durezze e morbidezze in equilibrio. Un vino commovente che racconta la storia della Valtellina, in perfetto equilibrio metrico. In sala anche il Presidente di Ais Lombardia Hosam Eldin Abou Eleyoun, che ha elogiato il grande lavoro fatto da Mamete Prevostini negli anni alla guida del Consorzio di Tutela vini di Valtellina per la promozione del territorio di riferimento per i grandi vini rossi lombardi. Togliere più che aggiungere, rallentare invece di accelerare, concetti che la Valtellina del vino sta riscoprendo in una nuova dimensione.
+INFO: www.mameteprevostini.com