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Domenica 6 maggio, San Martino Alfieri. In scena alla Tenuta Marchesi Alfieri il secondo capitolo di una manifestazione dedicata a vini d’identità territoriale prodotti da sole donne.

 

Le barbatelle hanno messo le radici? Eccome! Sono quelle di 31 giovani produttrici. Da questa natura nasce per un gioco di parole Sbarbatelle. La seconda edizione dell’evento organizzato dall’AIS di Asti, capitanato dallo scrupoloso Paolo Poncino insieme alle Sommelier Giulia Barberis, Valentina Cane e Bianca Roagna, si è concluso domenica 6 maggio con risultati da record, andando oltre ogni più rosea aspettativa.

Il boom di pubblico di qualità e selezionato (quasi 900 persone) arrivato da ogni parte del Piemonte ma anche dalle confinanti Liguria e Lombardia, conferma l’entusiasmo – un essere frizzanti quando si parla di vino – diventando una delle cause dell’indiscutibile ricaduta economica che il nettare di bacco crea nei territori di produzione, il cosidétto effetto moltiplicatore di reddito (Y). Un secondo capitolo che ha convinto per l’alto livello delle cantine presenti e per la location di un astigiano in fermento e di eleganza ineccepibile, ritrovati tutti nella Tenuta dei Marchesi Alfieri a San Martino Alfieri. Sbarbatelle è un concept che si contraddistingue da altre giornate di degustazione per la presenza di sole donne. Alle quali anche quest’anno è stato chiesto di sfoggiare un accessorio rosso, il colore diventato il simbolo e parte integrante del format. Una colorata occasione per ascoltare storie e testimonianze di produttrici di vino che hanno deciso di tornare in campagna per ritrovare le proprie origini o di partire con un nuovo progetto.

 

 

Oltre ai banchi di assaggio il pubblico si poteva intrattenere con showcooking, laboratori di approfondimento e musica live. Divertente ed istruttiva anche la sala di “Esperienza sensoriale” ideata con efficacia per svelare le sfaccettature dell’uva Moscato prima dell’assaggio dei vini. Esperti e non potevano quindi allenarsi ed imparare gli aromi caratteristici del vitigno dolce del Piemonte. Un omaggio curioso ad una cultivar d’elezione, elastica, che a seconda dei suoli e lavorazioni diventa sempre più intrigante. Cosi come lo sono il Nebbiolo e il Sangiovese di Romagna. A queste due uve è stata dedicata un Masterclass di confronto condotta dal Sommelier Andrea Castelli insieme alle produttrici Giulia Negri di La Morra e Chiara Condello di Predappio.

 

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Le due oltre ad esser grandi amiche condividono un percorso simile perché cresciute vivendo le scelte dei rispettivi genitori che nel 2001 hanno deciso di ritornare in campagna per fondare rispettivamente la Serradenari e la Condé. Dopo l’incontro avvenuto durante il percorso di studi universitari alla Bocconi di Milano nel giro di qualche anno si sono ritrovate ad applicare le regole di mercato studiate per produrre e far quadrare i conti delle imprese familiari. Ma il tema di oggi è il bosco perché in entrambe le zone di produzione (Romagna e Langhe) l’ultimo filare traccia  il confine di un habitat naturale unico. Chiara e Giulia oggi gestiscono la commercializzazione, le vigne e la cantina. E se per quest’ultima all’inizio fare il vino era “una questione di principio”, una sfida sfociata in una scelta di vita fatta di passione e sacrifici, per Chiara è una voglia di ricerca per trovare una propria strada per valorizzare il Sangiovese.

 

 

Cosi entrambe si sono messe in gioco creando etichette e aziende che portano il loro nome con due stili e metodi di approccio al vino e al mercato chiari e definiti. Chiara Condello è erede di 77 ettari diventate recentemente biologiche e per la produzione svela di ispirarsi alla Borgogna ma anche alla Toscana e a quelle definite come le zone eroiche svolgendo fermentazioni spontanee e con raspo da uve raccolte in un cucchiaio verde all’interno di una corona di colline in cui godersi tutta la vallata di Predappio, riconosciuta per la sua storicità e presenza dello spungone, una roccia molto chiara di origine pliocenica. Caratterista che fa di Predappio un luogo magico con frutti puri, tannini setosi e precisi nati in quelle che un tempo erano delle barriere coralline.

L’apice qualitativo è raggiunto in una singola vigna, selezionata “per far parlare il suolo” che diventa un orgoglio e il vino di punta, il Romagna Sangiovese Predappio Riserva Le Lucciole. Che nella 2015 si snoda dopo qualche minuto nel bicchiere e si sprigiona con nuances di bacche rosse mature, lampone, sale rosa e spezie. Impossibile non rimanere attratti da una cosi attraente definizione di Sangiovese. Brilla nel calice e si accende con eleganza e pulizia. Al palato sorprende per il suo succo puro e luminoso che riesce a rompere gli schemi ed inserirsi nel “quadro Sangiovese” con delle punte freschissime che accompagnano in un secondo piano, quello roccioso e più profondo. È una prospettiva temporale, una proiezione della distanza che il Sangiovese può percorre nel sentiero dell’evoluzione.

 

I vini targati Giulia Negri invece nascono dai 450 ai 530 metri s.l.m. e rappresentano di fatto i “Barolo più alti del mondo”. Ma qui tutto è iniziato con papa Giovanni quando dopo la carriera politica decide di trasferirsi nella casa di campagna per provare a fare vino. Toglie il bosco e inizia a testare le colline (gli odierni sette ettari) impiantando Chardonnay e Pinot Noir e solo più avanti Nebbiolo per produrre cosi le prime versioni di Barolo Serradenari La Vetta, un Langhe rosso, Chardonnay e Pinot Noir. Giulia, che non ha una memoria storica a cui ispirarsi decide di provare a modo suo e di mixare le potenze delle vigne per ingentilirne i gusti o per valorizzarne i profili. Ecco spiegata la presenza di due Barolo. La Tartufaia è un blend di vigne a Brunate e Serraderani, un classico che cavalca il solco della tradizione e ricorda nel suo nome la presenza dei tartufi artificiali impiantati dal nonno. Il Barolo Serradenari viceversa nasce in un unico corpo vigna. È una Mega (Menzione Geografica Aggiuntiva) per il suo nome che ci riporta al medioevo quando le genti dei villaggi vicini raggiungevano il bricco durante la peste per ricercare l’aria più fresca con i pochi denari in possesso.

 

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L’anno prossimo le due aziende saranno unite per formare un’identità ed un’unica autorappresentazione. Perché Giulia ha imparato in poco tempo a comprendere le potenzialità e i vantaggi dell’esser in alto, in suoli sabbiosi e dell’avere importanti escursioni termiche e una costante presenza di vento. E se fino a qualche anno fa le uve faticavano a maturare, negli ultimi anni è arrivato in soccorso un “aiuto naturale”, l’aumento delle temperature causato dal cambiamento climatico in corso. I vini anche nell’ultima annata si caratterizzano per una pressione tannica permanente accompagnata ad un frutto delicato e maturo circondato da una freschezza rara e mai invadente difficile da trovare in altre zone di Langa. Il Serradenari si presta a diventare un “must have” nella carta dei vini di Barolo perché riesce a creare un dialogo tra i palati amanti di vini carichi e tannici e quelli più romantici che ricercano sorsi più succosi e gentili.

 

Il futuro per entrambe è segnato, probabilmente si avvicineranno alla biodinamica e diventeranno un tutt’uno con le loro vigne memorizzandone ogni curva e variabile.

Non ci resta che seguirle ed assaggiarne l’evoluzione.

 

+INFO:

www.giulianegri.com

www.chiaracondello.com

 

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