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Lorenzo Dabove (in arte Kuaska), il più grande esperto di birre artigianali in Italia, ha condotto per conto di Beverfood.com un’ampia panoramica sui microbirrifici emergenti in Italia dal 2008 al 2018, intervistando i titolari/fondatori di ciascun Birrificio. Questo articolo è dedicato a Birra Elvo con una intervista a Josif Vezzoli ( www.birraelvo.it )
Josif Vezzoli fondò il suo birrificio Elvo a Graglia, nel biellese, nel 2013 con le idee chiarissime, cioè creare birre a bassa fermentazione per l’amore maturato per le tipologie tedesche e per sfruttare appieno la leggera acqua locale, ideale per produrre birre a bassa fermentazione. Il risultato è oggi davanti agli occhi e sulla bocca di tutti. Grandi birre da un birraio di gran mano, semplici ma di carattere, votate ad un costante equilibrio che hanno valso a Josif, solo 4 anni dopo, l’ambito titolo di Birraio dell’Anno 2017. Vediamo cosa ci dice questo bravissimo e sempre sorridente e solare birraio biellese.
Come e perché avete iniziato la vostra avventura.
Il nostro birrificio nasce nel 2013, precisamente nel luglio 2013, intuizione del fondatore Josif Vezzoli di fare birre a bassa fermentazione in classico stile teutonico con la meravigliosa acqua di Graglia, imbottigliata e venduta in tutto il mondo come “Lauretana, l’acqua più leggera d’Europa” (0,4 gradi francesi). Fin dal principio mio fratello Raoul e mio suocero Giuliano Rama hanno sposato il progetto e mi hanno appoggiato economicamente: nasce così il nostro birrificio familiare!
Il mio obiettivo era in terra Biellese, tradizionalmente votata a questo stampo di birre (vedi Menabrea), di partire dalle migliori tradizioni brassicole germaniche per creare birre che elevano i vari stili ai massimi livelli dandogli quel tocco di personalità italiana che cicontraddistingue.
Dal punto di vista professionale il mio percorso comincia circa un anno prima con la frequentazione del Mastro birraio VLB Fabrizio Leo che mi ha aiutato a formarmi come birraio. Insieme abbiamo sviluppato sulla carta il business plan e dato vita al piccolo impianto di produzione austriaca con il quale cominciai.
Inoltre, tengo a sottolineare che il passaggio a imprenditore/birraio segue ad una carriera imprenditoriale di tecnico del suono specializzato nella progettazione e realizzazione di studi di registrazione musicale che mi ha portato a viaggiare e lavorare molto nei paesi anglosassoni.
Questi lunghi periodi all’estero e la costante frequentazione di pub mi aveva portato negli anni ad amare la birra per la sua capacità aggregativa e di convivialità. Stanco di essere sempre lontano dalla giovane famiglia che ho formato nel 2005 sposando mia moglie Cristina, di Graglia, nel tempo questi elementi mi hanno spinto a trovare questa nuova strada. La birra così è entrata in famiglia!
Quali birre/birrai/birrifici, sia italiani che stranieri, sono stati la vostra fonte d’ispirazione?
Le prime birre artigianali che ho conosciuto sono state quelle di Teo Musso e Leonardo di Vincenzo ma essendo amante delle lager il mio primo grande punto di riferimento fu Simone Dal Cortivo di Birrone che negli anni precedenti l’apertura del birrificio seguivo e bevevo. La sua semplicità di beva unita alla qualità delle sue birre mi aveva dato stimolo a fare lo stesso percorso. Inoltre, avendo vissuto parecchio a Londra ero molto deluso della qualità media delle lager che trovavo nei pub d’oltremanica.
Differenze, nel bene e nel male, tra l’epoca della vostra partenza e quella attuale con particolare riferimento all’aria che tirava e che tira oggi.
Beh, essendo nati sei anni fa non possiamo certo definirci dei pionieri. Di sicuro quando siamo nati molti colleghi vedevano il mio progetto come una strada in salita, molto ripida.
Birre semplici da bere, delicate, catena del freddo, tempi e investimenti di produzione più lunghi e quindi meno remunerativi non mi hanno spaventato e anzi mi hanno spronato a farne quasi una missione: oggi a distanza di qualche anno credo di aver contribuito a diffondere ed elevare la qualità delle birre a bassa fermentazione in una terra come l’Italia dove queste birre sono sempre state quasi ad appannaggio della grande industria con esempi che ne discreditano il valore.
Oggi vedo con grande piacere birrai emergenti che fanno birre a bassa di estremo valore. L’anno passato sono stato proclamato Birraio dell’anno e da allora ho visto sempre più birrifici fare stili come Pils, Keller, e lager di vario tipo. Questo mi rende felice e dà al mio lavoro di rigore e passione grande significato.
Avete qualche sassolino nelle scarpe?
Nel 2016 abbiamo aperto la nostra taproom/beer-shop nel cuore di Biella: un tassello fondamentale che vuole diffondere la cultura di bere birre eccellenti ma senza fuochi d’artificio. Credo che siano questo tipo di locali non frequentati da geek ma da gente normale di paese che faranno e levare le papille gustative…
Ogni giorno creiamo una persona consapevole di cosa sia birra di qualità. Ogni birrificio che punti alla qualità del prodotto dovrebbe farlo, solo così possiamo far appassionare la massa a quello che facciamo.
Cosa vi fa andare avanti e quali sono le prospettive future?
Noi abbiamo un progetto consapevole di voler rimanere in chiave veramente artigianale, quindi abbiamo quasi raggiunto l’obiettivo di un ettolitraggio limite (2000 hl.) che consideriamo rispettoso di darci la possibilità di mantenere la nostra costanza qualitativa.
Per me questo è un birrificio artigianale di qualità, perché ricordiamoci che artigianale non è per forza di qualità. Il futuro del movimento artigianale sano lo vedo così: piccoli e bravi. Non nascondo che credo il futuro riservi anche prospettive nuove che potrebbero nascere dalla collaborazione tra l’industria e il mondo artigianale.
Credo che ci siano prodotti e aziende che supportati dai giusti capitali potrebbero sviluppare a livello industriale linee di birre per la massa che possano raggiungere rapporto qualità/prezzo superiori a quelle sul mercato italiano e che importiamo dall’estero.
Io non sono contro a cose del genere, sono più preoccupato di artigiani che giocano a fare l’industria o di artigiani che producono birre di scarsa qualità mettendo in discredito il lavoro di chi lo fa egregiamente.
Una battuta per concludere: “Quale birra avreste voluto creare voi e che invidiate ai vostri colleghi, sia italiani che stranieri?”.
Invidio in modo sano le birre dell’emergente Altavia, birrificio ligure, che mi ha stregato con le loro Keller in stile francone di grande personalità. All’estero invidio l’amico Georg Kugler di Elch Brau per vivere in una nazione dove di birra se ne beve tanta e in particolare di una regione, la Franconia, che mi riporta al passato, all’essenza del rapporto con questa meravigliosa bevanda.
+Info: www.birraelvo.it
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