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Lorenzo Dabove (in arte Kuaska), il più grande esperto di birre artigianali in Italia, ha condotto per conto di Beverfood.com un’ampia panoramica sui microbirrifici emergenti in Italia dal 2008 al 2018, intervistando i titolari/fondatori di ciascun Birrificio. Questo articolo è dedicato al Birrificio Reebers di Foggia con un’intervista a Michele Solimando ( www.rebeers.it ).

 

Annuario Birre Italia Birritalia 2023-24 Beverfood.com
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Michele Solimando dopo la conclusione del rapporto con il birrificio Ebers, ha aperto con i fratelli Simeone il birrificio Rebeers a Foggia per dare continuità al suo know-how di birraio. Qualità e costanza, abbinate ad un innato spirito di ricerca hanno portato ad interpretazioni personali di stili classici con ingredienti locali e, allo stesso tempo, a studi su contaminazioni autoctone in collaborazione con l’Università di Foggia. Sentiamo Michele cosa abbia voluto comunicarci.

Come e perché avete iniziato la vostra avventura

Il perché della mia identità odierna di “artigiano della birra” risiede nel bisogno di esprimere una mia creatività (e anche un mio modo di “stare al mondo”) per mezzo di un lavoro manuale e mentale, cioè il lavoro dell’artigiano, perfetta sintesi di testa e mano. Nello specifico ho scelto di fare birra per coronare il mio sogno da bambino, di figlio di agricoltori, di realizzarmi in un’attività produttiva legata al mondo agricolo. Così, al termine della mia tesi di laurea sperimentale in Agraria, svolta sul grano e sulla pasta, comincio ad imbattermi nelle prime proposte di birre “speciali” del tempo (1999), birre di grano in modo particolare, e tra queste la classica Tripel Karmeliet. Leggo l’etichetta e scopro essere prodotta con “orzo, frumento e avena”, gli stessi 3 cereali in coltivazione quell’anno nell’azienda agricola di famiglia. In quel momento si accende la prima lampadina che poi, in un tormentato percorso, mi porterà dall’agronomo di allora all’artigiano della birra di oggi.

 

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Quali birre/birrai/birrifici, sia italiani che stranieri, sono stati la vostra fonte d’ispirazione?

Teo Musso è stato il primo birraio che conobbi, durante un viaggio nelle Langhe alla scoperta di quel magico territorio e del suo frutto più straordinario: il Barolo. Era prevista anche una tappa in “Casa Baladin” e Teo si offrì di farmi visitare il birrificio. Mi raccontò, tra le altre cose, che produceva orzo in Basilicata, a due passi da casa mia. Già stregato dall’homebrewing fu un’ulteriore conferma che potevo realizzare il mio sogno da bambino con la birra, nel mio territorio e legando il tutto alla mia azienda agricola. Poi conosco Luigi Serpe, prima attraverso le sue splendide creature dell’epoca in Maltovivo poi di persona; gli chiedo di “iniziarmi” alla produzione di birra, passando dall’homebrewing di allora alla sala cotte in birrificio; mi regala la sua preziosa disponibilità ed ancora oggi rimane la mia “stella polare” nelle decisioni più critiche! Inevitabilmente le “birre di grano” sono state quelle che più di altre tipologie hanno catturato il mio interesse, sia per la mia storia personale di figlio di cerealicoltori sia per il ruolo che il grano duro ha avuto nella mia formazione scientifica prima e professionale poi. Oggi, dopo un lungo percorso teorico-pratico sulla maltazione del grano duro, il fascino di quelle birre mi ha consentito di produrre la “mia” inedita birra 100% malto di grano duro. Tutta mia, tutta foggiana!

Differenze, nel bene e nel male, tra l’epoca della vostra partenza e quella attuale con particolare riferimento all’aria che tirava e che tira oggi.

Ciò che oggi constatiamo tutti è l’essere passati dalla fase romantica delle produzioni di un tempo, anche improvvisate e non sempre riuscite, a quella più razionale e professionale di oggi, con occhi rivolti al bilancio e al mercato oltreché alla qualità ed alla costanza delle produzioni (ed è certamente un bene) ma anche con spirito artigiano suggestionato dal “male” delle scorciatoie industriali (filtrazioni più o meno spinte, rifermentazione sempre più disprezzata in favore dell’isobarica, utilizzo di “coadiuvanti” di vario genere, attenzioni e risorse più rivolte all’immagine ed al marketing piuttosto che al prodotto…). Per quanto mi riguarda è d’obbligo accrescere il know how, in accurata formazione tecnico-scientifica ed impiantistica adeguata, ma preferisco non tradire i canoni produttivi dell’artigianalità autentica o, se preferite, della “stretta osservanza”.

 

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Avete qualche sassolino nelle scarpe?

Uno su tutti: aver dimostrato agli “scettici” che il mondo delle craft beer può guardare, con profitto, al mondo del craft malting, sebbene il malto sia meno “figo” del luppolo! Ne avrei molti altri ma non voglio togliere spazio utile a cose più “edificanti”…

Cosa vi fa andare avanti e quali sono le prospettive future?

Oltre ai positivi riscontri di mercato, indubbiamente, l’indiscusso “credo” in ciò che faccio! E questo sia perché è assolutamente entusiasmante (benché irto di difficoltà) il percorso che porta alla nascita ed all’affermazione sul mercato di una nuova attività imprenditoriale, seppure nei limiti di bilancio di un’attività artigianale, sia perché proprio l’essenza dell’attività “artigiana” – fatta di testa e mano dell’uomo artigiano – soddisfa pienamente il mio bisogno di esprimere il mio Essere, nella Società, il mio modo di “stare al modo” come dicevo prima, con creazioni che sono il frutto di sapienza scientifica, applicazioni tecnologiche, sensibilità personali e tempi (lunghi …) dettati da madre Natura.

Per il futuro mi auguro che cresca la cultura del prodotto artigianale nella sensibilità del consumatore e, con essa, le opportunità di mercato per noi e per tutto il settore. In particolare mi auguro che si affermi la nostra nuovissima creatura “100% malto di grano duro” e (magari!) un’intera gamma, di malti e di birre, articolata su questa speciale mate- ria prima.

Una battuta per concludere: “Quale birra avreste voluto creare voi e che invidiate ai vostri colleghi, sia italiani che stranieri?”.

Qui mi vengono in mente stili che non ho ancora approcciato in produzione, forse per un certo timore reverenziale nei confronti di capolavori tipo: Alt di Uerige, Mönchsambacher Lagerbier di Stephan Zehendner, Kölsch di Pfaffen, etc. etc. Tuttavia, non so ancora bene, se invidio più la grande birra da podio, da classifica mondiale, da primato, o la bionda normale (comunque artigianale) da numeri, da fatturato…

+Info: www.rebeers.it

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Rubrica Birrifici Emergenti 2008-2018 by Kuaska

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