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Quanti ingredienti ci vogliono per fare un buon cocktail? Minimo due, massimo chi sa! C’è però un ingrediente segreto, presente in moltissimi bicchieri, a cui sembriamo non fare caso se non quando vogliamo criticarlo; si tratta del ghiaccio!
Il cliente finale spesso non si rende conto dell’importanza che i cubetti possono avere nel suo bicchiere. Se da un lato infatti sicuramente porta la bevuta a temperatura ottimale, dall’altro lo scioglimento va ad inficiare sulla diluizione della bevuta, rischiando di modificarne le proporzioni e finanche il gusto.
Per saperne di più ne abbiamo parlato con Vincenzo Ambrosio, responsabile commerciale della P&B Line s.a.s realtà leader nella distribuzione di attrezzature professionali per il comparto food e beverage, e che segue anche la distribuzione in Italia di macchine da ghiaccio come Hobart,Gamko e soprattutto Hoshizaki.
Vincenzo, il brand che in Italia si è più velocemente affermato come sinonimo di qualità è senza dubbio Hoshizaki . Per chi come me non è del settore, quali sono i plus della macchina rispetto al ghiaccio tradizionale?
I nostri modelli di punta producono cubetti con una tecnologia unica, a “cella chiusa”, che protegge il cubetto in formazione da contaminanti ambientali e crea le migliori condizioni per ottenere ghiaccio della massima densità, privo di bolle d’aria e con il migliore rapporto tra forma e superficie di scambio termico. Detto in parole povere, il ghiaccio si scioglie molto lentamente, ed è organoletticamente studiato per non inficiare minimamente nel gusto del cocktail.
Tecnica ed estetica. Il ghiaccio può essere parte della presentazione stessa del cocktail?
Lo può e lo deve essere, tanto quanto la garnish. Le macchine Hoshizaki permettono infatti la produzione di cubetti in varie altre forme (sfere, stelle, cuori, mezzaluna, cubetto Large e cubetto Long), per rendere giocosa la presentazione e molto più coinvolgente l’esperienza per il consumatore
Alcune esigenze degli operatori (bartender in primis) sono invisibili per i clienti ma fondamentali per dare un servizio all’altezza. Pensi che valga la pena per un locale affrontare questo tipo di investimento?
Ne sono sicuro, ed è una lezione che ho imparato fin da piccolo. Sono nato a Napoli anche se successivamente trapianto nelle Marche. Da bambino andavo in vacanza con i miei nonni a Ciro Marina dove mia zia viveva a seguito del matrimonio. Suo marito era un calabrese verace e proprietario di un famoso ristorante, ed è lì che ho capito che per gestire un locale non basta fare ottimi piatti, bisogna anche saper guidare tutti gli altri aspetti, da quelli grandi a quelli meno visibili. Quando anni dopo ho intrapreso questo percorso professionale, a seguito di un incontro con causale con Mauro Pelacani (che reputo il mio mentore), mi è sempre rimasto in testa che sono i dettagli a fare la differenza, ed è una lezione che si può imparare solo frequentando i locali tutti i giorni come facciamo noi con i nostri servizi di consulenza e di assistenza.
Per maggiori informazioni: www.pbline.eu
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