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Cosa vuol dire quando scatta l’ora Campari per un “camparista”? Sarebbe troppo facile pensare al rito dell’aperitivo e portare le lancette dell’orologio all’orario consueto nel salotto buono dei milanesi. Ma non tutti sanno che si può anche cenare a base di Campari, in una vera Negroni Dinner Experience. Una bella esperienza che ha allietato le serate dei fortunati che si sono seduti ai tavoli del Camparino in occasione della Negroni Week, andata in scena dal 4 al 10 giugno. La ricorrenza era di quelle che vale la pena di festeggiare, specialmente per tastare il polso dei camparisti alla vigilia del 2019 che coinciderà con il centenario della nascita del Negroni. Ci siamo stati anche noi di Beverfood.com, non si poteva mancare, serate così non si dimenticano facilmente e vale la pena di raccontarle.
All’arrivo ad accoglierci un Hibiscus Negroni e bevenuto del Camparino. Un locale che ha fatto la storia di Milano e della Galleria Vittorio Emanuele dalla sua apertura nel 1915, ma che è destinato a diventare ancor di più un simbolo del futuro all’ombra della Madonnina. Un cult nella scena della miscelazione milanese grazie all’arrivo qui di due fenomeni del bartending come Mattia Pastori e Tommaso Cecca. Due professionisti che hanno deciso di seguire il progetto di Campari di riportare a casa il Camparino, che è ritornato di proprietà della casa madre. La mission è quella di rivisitare i classici, twistare e viaggiare nel tempo, con le tante sfaccettature per esempio del Negroni in versione gastronomica in un food pairing indimenticabile. Si parla anche di ristrutturazione degli spazi al Camparino, anche se di fatto la formula funziona alla grande anche così e si intravedono delle potenzialità sul versante cucina, al primo piano con vista diretta in galleria. Chiaramente tutto diventa più facile in una settimana in cui si sono alternati in cucina personaggi del calibro di Giancarlo Morelli del Pomiroeu, Matteo Baronetto Del Cambio e Davide Caranchini di Materia.
Abbinamenti azzeccati, con un protagonista indiscusso, il Negroni, declinato in varie sfumature. Dal Frozen Negroni insieme alla Capasanta al tartufo nero e crema all’aglio dolce, in sala a spiegarlo chef Morelli che ha messo l’accento sull’equlibrio della portata tra semplicità e sapidità. Come primo piatto non poteva mancare un classico della milanesità, risotto allo zafferano con l’aggiunta di limone, variazione al tema concessa al torinese Matteo Baronetto, in abbinamento a un Barrel Aged Negroni, invecchiato in una botte dove c’era dell’aceto balsamico. Affascinante versatilità del Negroni, in grado di passare da un invecchiamento in botte sino ad arrivare alla versione Smoked Negroni. Si potrebbe scomodare anche i Deep Purple ripensando alle sensazioni cinestesiche di quella coda di bue brasata all’aceto di kombucha d’orzo, con rape marinate, grano saraceno e erbe aromatiche. Giù il cappello per lo chef Davide Caranchini del ristorante Materia di Como, classe 1990, inserito nella lista degli chef under 30 più influenti da Forbes.
La serata è di quelle piacevoli, ci si può concedere anche il lusso di un teagroni, un rito del thè pagano nel santuario dell’aperitivo senza voler essere blasfemi, accompagnato da una tortina filostrata con vaniglia bourbon, caramello e frutto della passione del pasticcere veneto Luigi Biasetto. Le cose belle purtroppo finiscono sempre troppo in fretta, è già l’ora del caffè, manco a dirlo al Negroni.
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